Un “Paese in faticosa risalita” nel quale la povertà, vecchia e nuova, passa attraverso la marginalità, la disuguaglianza e la fragilità. Segnali che raccontano un po’ di ottimismo in più fra gli italiani e un “lento miglioramento” per i consumi negli ultimi sette anni. Ma c’è un impoverimento che riguarda ampie fasce di popolazione. L’Eurispes la chiama “società dei tre terzi”: c’è una fascia di ricchi e garantiti, una di popolazione esclusa, e un ceto medio diventato tutto insieme a rischio di povertà. E ci sono alcuni fenomeni indicatori del disagio diffuso, come il lavoro sommerso e l’usura.

Il quadro viene dallo studio  “Povertà, disuguaglianze e fragilità in Italia. Riflessioni per il nuovo Parlamento” con cui Eurispes e Universitas Mercatorum “propongono una serie di riflessioni sul tema dell’impoverimento che ha coinvolto e, spesso, travolto, ampie fasce della popolazione, in particolare, del ceto medio: un tema che sarà centrale nel dibattito dei prossimi mesi”.

Fra gli indicatori di disagio, la ricerca mette il lavoro sommerso, diventato “strategia di sopravvivenza”, L’Eurispes ha calcolato che l’economia sommersa in Italia abbia generato, a partire dal 2007, almeno 549 miliardi di euro l’anno. Un fenomeno che coinvolge tutti i settori, dall’agricoltura ai servizi, all’industria, nelle forme del lavoro nero continuativo, del doppio lavoro, del lavoro nero saltuario. Secondo l’Eurispes, il 54,5% dell’economia non osservata è rappresentato dal lavoro sommerso, il 28,4% dall’evasione fiscale da parte di aziende e imprese, il 16,9% dalla cosiddetta economia informale. Le stime parlano di un flusso di denaro generato dal lavoro sommerso che si attesta a 300 miliardi di euro.

Indicatore di sofferenza è anche l’usura. Spiega l’Eurispes: “La diffusione del fenomeno dell’usura costituisce un indicatore di sofferenza delle famiglie e delle imprese italiane. Si è calcolato, nel solo 2015, che circa il 12% degli italiani (su un totale di 24,6 milioni di famiglie) si è rivolto nel corso dell’anno a soggetti privati per ottenere un prestito, non potendolo avere dal sistema bancario. Ipotizzando che il prestito ammonti, in media, a 10mila euro, si ottiene la cifra di 30 miliardi di euro per 3 milioni di nuclei familiari in difficoltà”.

L’Italia  è in “faticosa risalita” e a testimoniarlo è l’andamento dei consumi dal 2010 al 2017. Questi fanno registrare  un “lento miglioramento”. Spiega l’Eurispes: “Benché nel 2017 gli italiani abbiano continuato a risparmiare su alcune spese rispetto al 2016, la serie storica elaborata dall’Eurispes dal 2010 al 2017 dimostra che stiamo lentamente tornando alla situazione di 7 anni fa”. In ogni caso otto italiani su dieci comprano più spesso prodotti in saldo, sette su dieci hanno ridotto le spese per i pasti fuori casa, poco meno quelle per viaggi e vacanze.

I dati diffusi dallo studio dicono che nel 2017 l’80,6% ha dichiarato di aver acquistato più prodotti in saldo, l’1% in meno rispetto al 2016 e quasi 8 punti in meno rispetto al 2013, l’anno “horribilis” dei consumi. Un dato però lontano dal 68,3% del 2010. Per l’acquisto di generi alimentari, il 69,7% ha confessato di cambiare marca di un prodotto se più conveniente, un dato leggermente in risalita rispetto al 2016 (68%), ma nettamente più basso di quello registrato nel 2013 (84,8%) e inferiore rispetto al 2010 (69,9%). Nel 2017, ancora, il 70,9% ha ridotto le spese per pranzi e cene fuori casa: il 4,7% in più rispetto al 2016, quasi 16 punti in meno rispetto al 2013 e un punto e mezzo in meno rispetto al 2010. Altro dato diffuso riguarda la spesa per viaggi e vacanze: il 68,7% ha dichiarato nel 2017 di aver ridotto il budget (+1,6% rispetto al 2016). Nel 2013 era l’84,8% a dichiarare di aver rinunciato a viaggiare, mentre nel 2010 questa percentuale si attestava al 65,2%.

Negli anni però sono aumentati gli esclusi, a partire dal ceto medio. Società dei tre terzi, la chiama l’Eurispes, facendo riferimento a un impoverimento complessivo di una fascia intermedia di popolazione che non rientra né fra i “super garantiti” né fra gli esclusi. Sostiene il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara: “Si può oggi parlare di una società dei “tre terzi”: un terzo super garantito da livelli di reddito di gran lunga più elevati di quelli sperimentati nel recente passato, non solo in assoluto, ma anche se confrontati con la media e soprattutto con i redditi più bassi. Al contrario, sopravvive, a stento, il terzo degli esclusi, che non solo non si è ridotto ma che ha visto svanire la propria speranza di riscatto e confermata la condanna all’esclusione. Ma la novità degli ultimi anni è rappresentata oggi dal terzo intermedio che si colloca fra gli altri due, avendo caratteristiche distinte dagli uni e dagli altri – dice Fara – Non gode di particolari privilegi e raccoglie tutti coloro che pensavano che la loro capacità di lavoro, la loro professionalità ed il loro spirito di iniziativa e di intrapresa potessero essere sufficienti a mantenerli o a farli entrare nei due terzi dei fortunati di galbraithiana memoria. Fra di loro possiamo trovare gli elementi più attivi e più dinamici della società civile. Ma essi sono diventati tutti a rischio di povertà. Pensiamo ad un piccolo o anche medio imprenditore che, per difficoltà economiche e certamente momentanee, non trova credito presso il sistema bancario e cade nella rete degli usurai; pensiamo, ed è piuttosto frequente, ad una famiglia di medio reddito che veda entrare in casa, attraverso uno dei suoi componenti, il problema della tossicodipendenza; pensiamo ad una lunga malattia di un lavoratore autonomo”.


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