Sono per la maggior parte uomini, con un’età che supera i 50 anni e gestiscono le cariche più alte della politica, della cultura e dell’economia del nostro Paese. Così viene descritta da Eurispes la classe dirigente italiana. Dalla ricerca, realizzata dall’Istituto in collaborazione con Who’s Who e presentata oggi a Roma, emergono dati che fanno riflettere: solo il 3% dei giovani fino ai 35 anni fa parte dell’élite dirigenziale e di questi la maggior parte rientrano nel mondo dello sport o dello spettacolo. Ciò significa che, facendo il confronto con il 1992, anno a partire dal quale ci si aspettavano grandi cambiamenti, i vertici alla guida del Paese non si sono affatto rinnovati. 
Anzi sono saldamente rimasti nelle mani di chi, per motivi anagrafici e di formazione, non è predisposto al cambiamento e all’innovazione. Risultato? Una vera e propria stasi del sistema nel suo insieme.
“Ad essere bloccato è il cosiddetto ascensore sociale”, specifica Benedetto Attili, segretario generale Uil per la pubblica amministrazione, “e ciò rende praticamente impossibile l’accesso alle cariche di potere a quanti sono animati da idee nuove”. Ma il problema dell’anzianità della power élite non è il solo che emerge dal rapporto.
Oltre ai giovani, un’altra categoria è pericolosamente messa al margine dell’universo delle alte cariche: le donne. Se gli uomini al potere sono l’85%, solo il rimanente 15% appartiene al genere femminile. Si tratta di donne che, per arrivare in alto hanno dovuto mettere da parte, nella maggior parte dei casi, la famiglia e le loro naturali aspirazioni di madri per salvaguardare la carriera: solo il 33,2% risulta sposata. Inoltre, ben il 63,4% delle donne al potere è arrivato a ricoprire i vertici della propria carriera solo in età matura (dopo i 50 anni). “Alle donne, in pratica, si chiede sempre di fare una scelta tra lavoro e famiglia”, sottolinea l’Avvocato Andrea Catizone, che presiede l’Osservatorio delle famiglie presso l’Eurispes, “con la conseguenza che solo pochissime decidono di sacrificarsi in nome del potere”.
La politica è il bacino che attrae la maggiore quantità di soggetti che ricoprono alti incarichi (24,6%), seguita dall’ambito culturale (22,4%) e da quello economico (19,2%). Ne deriva che, se si vuole trovare una causa alla stasi del sistema del potere in Italia, questa non va cercata unicamente nella politica, come di solito si tende a fare, ma nella più ampia “classe dirigente generale” che, come specifica Gian Maria Fara, Presidente Eurispes, è costituita anche dal panorama economico e culturale del Paese. “La presenza limitata delle donne, la totale estromissione dei giovani dalle posizioni di maggiore responsabilità, la fuga ei cervelli all’estero, autorizzano a tracciare un quadro piuttosto desolante della nostra classe dirigente che appare sempre più incentrata su sé stessa e volta alla sua preservazione, chiusa a qualsiasi tipo di innovazione”. A ciò, Fara aggiunge che “solo il rinnovamento del potere e la creazione di una classe dirigente dinamica e in grado di seguire i cambiamenti della società potrà trainare al meglio il Paese nelle sfide che ci riserva il futuro”.
di Elena Leoparco


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