Nuove terapie per l’Epatite C: non ci siamo! Il terno al lotto dei criteri AIFA e la burocrazia generano disuguaglianze e rendono il diritto a guarire solo per pochi; un cittadino su 2 affetto da Epatite C lamenta scarsa informazione e più di uno su 4 si vede escluso dai criteri AIFA e dalle delibere regionali e si misura con valutazioni di carattere economico più che clinico. E fra chi accede alle nuove terapie, permane un tempo di attesa anche di 6 mesi prima di ricevere i farmaci. Sono i risultati del Rapporto di Cittadinanzattiva “Epatite, C siamo!”, presentato oggi.Quello che emerge è uno stato di disorientamento dei cittadini. C’è poi chi, pur essendo affetto dalla patologia ma che non versa nelle condizioni di gravità definite da AIFA, si vede costretto a provvedere alla terapia in maniera autonoma, acquistandola a proprie spese stando in Italia (circa 50mila euro il costo privato della terapia) o andando all’estero (principalmente in India). Il 4,5% ci ha contattato per segnalare l’impossibilità di accedere ai farmaci a causa del loro elevato costo, non rientrando nei restrittivi criteri di eleggibilità al trattamento stabiliti da AIFA. Sommato all’1.5% che ci ha contattato per informarsi della possibilità di curarsi all’estero, affrontando viaggi della speranza, restituisce con forza il dramma vissuto da queste persone, il cui unico obiettivo è poter sperare nella guarigione, tentando tutte le strade a disposizione. E ancora il 4%, pur essendo stato ammesso alle nuove terapie, è ancora in lista d’attesa per accedere ai nuovi farmaci. 

In gran parte delle Regioni non c’è un quadro chiaro sull’effettivo numero dei pazienti da trattare, su quelli che hanno co-infezioni HIV e HCV e sui trattamenti erogati in carcere e restano disomogenee le decisioni e l’accesso ai nuovi farmaci per chi si cura fuori regione di residenza. A luglio 2015 tutte le Regioni hanno emanato delibere regionali per dar seguito a quanto previsto dalle Determinazioni Aifa e hanno individuato i Centri abilitati alla prescrizione dei farmaci innovativi, ma si è registrata una disomogenea ubicazione dei centri sul territorio: nel Lazio, per fare un esempio, nella provincia di Rieti non vi è alcuna struttura abilitata alla prescrizione, costringendo i cittadini a percorrere tragitti di 160 km (andata e ritorno) con oltre 2 ore di percorrenza in auto e 4 ore con il trasporto pubblico locale. Per quanto riguarda l’accesso alle nuove terapie per stranieri temporaneamente presenti ed europei non iscritti, solo 6 Regioni (Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto) hanno espressamente deliberato al proposito, prevedendo in ogni caso un solo centro prescrittore. 

“La realtà che le persone affette da epatite C stanno vivendo e che ci hanno segnalato nell’accesso alle nuove terapie che eradicano il virus, non è certo quella di un servizio sanitario nazionale universale ed equo – afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva. – Infatti il diritto a guarire è per pochi, quelli che sono ammalati abbastanza e che riescono a superare lo scoglio delle liste d’attesa anche di sei mesi; gli altri devono aspettare di peggiorare, o, se possono permetterselo, andare all’estero correndo magari anche qualche rischio. E mentre le istituzioni stanno a guardare, i vuoti lasciati dal SSN sono stati colmati dai cosiddetti “viaggi della speranza”, principalmente in India; nel frattempo, cogliendo la portata di un bisogno insoddisfatto, alcuni soggetti ne hanno creato un business internazionale. Tutto questo è inaccettabile. Vanno superate le attuali diseguaglianze, garantendo l’accesso a tutti i malati. Innanzitutto il fondo per i farmaci innovativi deve essere rifinanziato a partire dalla prossima legge di Stabilità, con risorse nuove e senza intaccare il Fondo Sanitario nazionale, pensando ad esempio alla finalizzazione di quota parte del pay back. Contemporaneamente bisogna continuare a far scendere i prezzi delle nuove terapie, puntando su una maggiore concorrenza tra produttori e formalizzando l’impegno dello Stato a garantire l’accesso per tutti. L’obiettivo Epatiti Virali 0 lo chiede l’OMS.
Nel frattempo è urgente eliminare le liste d’attesa per l’accesso ai farmaci: siano fissati con norma dello Stato i tempi massimi che non possono andare oltre 15 giorni dalla decisione condivisa tra medico e paziente. Infine più informazione e più prevenzione per i cittadini”.

Lunghe liste di attesa: le realtà locali del Tribunale per i diritti del malato hanno condotto, tra settembre e dicembre 2015, rilevazioni periodiche sull’accesso alle terapie innovative nei centri abilitati alla prescrizione. A settembre 2015 , nei 15 Centri esaminati, 3582 persone risultavano senza terapia, di cui 1971 in lista di attesa e 1611 ritenute non idonee al trattamento.  Il picco più alto di persone in attesa si è registrato a Catania presso l’ARNAS Garibaldi Nesima che, pur trattando 568 persone, ne contava ben di più in attesa, cioè 630. 30.550 circa il totale dei pazienti trattati (aggiornati al 28 dicembre 2015), stando ai registri AIFA e ai report pubblicati sul sito della stessa agenzia. A ottobre 2015 , su 22 centri, 1515 persone risultavano senza terapia, di cui 812 in lista di attesa e 703 quelle non eleggibili. Il picco più alto di persone in attesa si è registrato al Vito Fazzi di Lecce che aveva in trattamento 70 persone, mentre in attesa 300.
A novembre 2015 , dei 10 centri che hanno risposto, risultavano senza terapia 3770 persone, di cui 1401 in lista di attesa e 2369 respinte. Il maggior numero di persone in lista di attesa si è registrato a Bergamo presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII con 250 persone in attesa, mentre in trattamento ne risultavano 500 e a Caserta, Ospedale S. Anna e S. Sebastiano dove in attesa erano 258, in trattamento 178 persone.
A dicembre 2015 in 13 centri restano ancora 462 persone senza terapia: 312 persone HCV positive che hanno fatto richiesta di accesso alle terapie, tutte provenienti dai centri della Regione Liguria, e 150 che pur avendo i requisiti per accedere alle terapie, risultano in lista d’attesa, tutti da Alessandria nell’Ospedale civile SS. Antonio e Biagio, che ne ha in cura 50.
Inoltre, sono stati intervistati gli Assessorati regionali alla sanità per conoscere il numero di pazienti trattati, quelli con coinfezioni, quanti provengono da altre Regioni e quante sono le persone affette da epatite C trattate in carcere.
In generale, emerge carenza di informazioni delle Regioni sui numeri, anche perché il software non permette di registrare alcuni dati: a queste interviste non hanno dato alcun riscontro Campania, Liguria, Molise, Puglia, Veneto e la PA di Bolzano. Le restanti hanno fornito informazioni molto eterogenee: solo la Basilicata fornisce il dato sui pazienti trattati in carcere (4 persone), mentre PA di Trento e Valle D’Aosta dicono che non ci sono pazienti trattati in regime di detenzione; sui coinfetti, rispondono solo Lazio (289 persone avviate al trattamento), Pa di Trento (stima di 180) e Valle d’Aosta (12); a fornire la risposta sui non residenti trattati sono Emilia Romagna (266 nel 2015), FVG (18), Marche (23), Sardegna (4) e Valle D’Aosta (1).


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