L’e-commerce gode di ottima salute in tutta Europa e gli ultimi dati diffusi da Eurostat lo confermano: nel Regno Unito, ad esempio, l’86% degli utenti internet utilizza il canale online per fare acquisti, in Svezia la percentuale è dell’84% ed in Germania dell’82%. In questo contesto nel complesso molto florido, l’Italia brilla un po’ meno rispetto alla media europea che si colloca al 68%: sono infatti solo il 43% gli internauti che sfruttano il canale online per fare acquisti.

Se si guarda la situazione dal lato degli e-shop, in Italia, solo il 22% dei negozi online vende anche al di fuori del proprio paese. Dato ben lontano da altre realtà europee come Spagna e Francia, in cui gli e-shop che vendono all’estero sono il 50%, ma anche Regno Unito e Germania in cui il dato è rispettivamente del 48% e del 46%.

Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, la bassa percentuale registrata dell’e-commerce in Italia può essere intesa come spazio per un sostanziale e proficuo miglioramento del settore dal quale possono trarre vantaggio tutti gli operatori coinvolti. L’idea è quella di investire nel cross border trade, una strada ancora poco battuta degli e-shop nostrani.

Ne è convinto idealo, il portale internazionale per la comparazione dei prezzi online, che al Netcomm Forum 2018 presenterà alcuni dati molto interessanti legati alla possibilità di vendere online anche all’estero.

In attesa del Netcomm Forum, abbiamo approfondito l’argomento con Fabio Plebani, country manager di idelo per l’Italia, che ribadisce:“Il cross border trade offre attraverso la rete un’opportunità unica, quella di essere liberi di scegliere il prodotto che più ci interessa in un catalogo sconfinato – nel caso dei consumatori – e di proporre i prodotti più interessanti delle proprie collezioni ad una platea sconfinata – nel caso delle imprese. Quindi, una delle più grandi potenzialità del cross border trade è quella di abbattere le barriere e dare piena libertà al consumatore, quanto al venditore”.

Lo sviluppo di queste opportunità e il vantaggio commerciale che da esse ne deriva, in Italia sembra però essere bloccato da alcuni ostacoli. Secondo Plebani, tra le prime leve da muovere c’è quella di “sensibilizzare ulteriormente sul tema, spiegando che il cross border trade non toglie nulla all’economia nostrana – anzi – ma serve a creare un mercato libero in cui consumatori e imprese possono avere ulteriori vantaggi reciproci”.

Per farlo bisogna aprirsi al paese di riferimento avendo attenzione per il pubblico che si va a colpire e quindi, ad esempio, far sì che il proprio e-shop sia disponibile nella lingua del paese in cui si vuole vendere; ad oggi solo l’8% dei negozi digitali in Italia presenta il proprio e-shop in una seconda lingua differente dall’Italiano. O ancora, è necessario offrire la possibilità di pagare in una valuta differente dall’euro eppure ad oggi solo il 4% degli e-shop offre questa possibilità”.

Dal punto di vista delle imprese, che tipo di vantaggio si può ottenere dal commercio elettronico transfrontaliero e quali settori sarebbero promettenti?

Le imprese possono godere di un vantaggio unico: vedere aumentare la propria platea di riferimento. Facciamo un esempio pratico, il mio e-shop italiano decide di vendere anche in Germania, quanti clienti in più potrebbe attrarre? Abbiamo fatto un preciso calcolo a riguardo – che approfondiremo nel white paper che presenteremo nel corso di Netcomm Forum. L’88% dei tedeschi fa acquisti in modo regolare su internet, ciò significa che, indicativamente, se dessi la possibilità al pubblico tedesco di accedere alle mie offerte potrei attrarre circa 58 milioni di consumatori in più, entrando in contatto con uno dei mercati europei più influenti quando si parla di e-commerce”.

Riguardo ai settori più promettenti, in quanto italiani abbiamo una carta in più fondamentale da giocare che è quella del Made in Italy, uno dei brand più amati, rispettati e conosciuti nel mondo, un nome che già da solo apre le porte di alcuni settori chiave per l’e-commerce: arredamento, moda e articoli per la casa, ad esempio. Anche se, ormai, i settori che coinvolgono il mondo e-commerce si ampliano sempre di più, come abbiamo potuto dimostrare nel corso della nostra recente indagine legata ai consumatori digitali. I comparti legati alla cultura e all’intrattenimento (65%), all’elettronica (65%) e alla moda (64%) sono quelli per i quali gli italiani spendono con maggiore frequenza. Ma abbiamo riscontrato ottimi risultati anche per ciò che riguarda articoli sportivi (46%), casa e giardino (46%), cosmetici (40%) giochi (38%), valigeria (35%), auto e moto (32%), orologi e gioielli (31%) e non solo”.

Dal lato dei consumatori, quali effetti positivi si possono avere?

“Il consumatore, come già accennato, può avere una scelta ben più ampia rispetto a quella che ha attualmente. E, quindi, si ampliano anche le possibilità legate al suo risparmio. C’è un esempio che spiega bene la dinamica, è il concetto del “market sotto casa”. Tendenzialmente il “piccolo negozio vicino casa” ha prezzi più alti, ma è il più facilmente disponibile e, quindi, io consumatore ci vado più per abitudine che per scelta, anche perché ignoro se altri market hanno offerte migliori o una scelta più ampia di prodotti, poiché vado sempre lì. Il cross border trade ci offre la possibilità di scegliere, di “cambiare market” se lo vogliamo ma sicuramente ci dà la possibilità di essere informati sull’esistenza di altri market e sulle loro offerte. È questa possibilità di scelta e di informazione che rende davvero importante il cross border trade”.

La vera svolta nel settore potrebbe arrivare a fine 2018, quando, come previsto a livello Ue, verranno eliminate le barriere geografiche al commercio online. “Il venir meno del geoblocking”, spiega Plebani, “apre ancora di più il mercato interno europeo e va indirettamente anche a regolare, o quanto meno a controllare, di più le attività di dynamic pricing transnazionale”.

“Come dicevo in precedenza però, considerando il ritardo che i negozi online italiani stanno mostrando nella propria internazionalizzazione, l’effetto positivo per loro sarà minimo. Indipendentemente dal geoblocking o meno, se l’utente non viene accompagnato (ad esempio nella sua lingua) verso l’acquisto, difficilmente acquisterà su tale negozio. Potrebbe essere invece un effetto negativo, nel senso che gli utenti più affini agli acquisti online, avranno maggiore scelta. Il mercato spagnolo, per esempio, potrebbe avere molti vantaggi”.

Noi di idealo già ora mostriamo i diversi prezzi di un prodotto nei diversi paesi. Invito, anche in questo caso, a guardare all’opportunità che la nuova normativa europea offre. Sarà possibile raggiungere un gruppo ancora più ampio di utenti, che avranno maggiori possibilità di risparmio”.

@ELeoparco

 

Notizia pubblicata il 28/05/2018 ore 17.42


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