Donne e finanza: una questione di etica
La Commissione delle Nazioni Unite sullo stato delle donne (CSW) esprime grave preoccupazione per il peggioramento della condizione femminile, provocato, oltre che dalla perdita di reddito derivante dall’attività lavorativa, anche dai tagli alla spesa sociale. Le donne restano spesso escluse dall’accesso al credito, alla proprietà dell’impresa o della terra, così come anche dalla formazione. Un vero spreco di potenziali risorse che tocca ovviamente anche il nostro Paese. Secondo quanto affermato dalla Banca d’Italia, infatti, qualora l’occupazione femminile in Italia raggiungesse il 60 % (così come previsto dagli accordi di Lisbona), il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali. Si calcola inoltre che per ogni 100 donne che entrano nel mercato del lavoro si creano 15 posti di lavoro nel settore dei servizi. Molti però sono gli ostacoli di natura culturale organizzativa ed economica che impediscono di raggiungere questo obiettivo.
Questi i principali argomenti trattati nel corso di una conferenza sul tema “Donne, etica e finanza” che si è tenuta ieri a Roma. Principale organizzatore dell’evento è stata Banca Etica (prima esperienza in Italia di finanza improntata ai principi del diritto all’accesso al credito nata l’8 marzo di 13 anni fa) e ospitata presso la Casa internazionale delle donne.
Tra gli ospiti intervenuti anche il Ministro del Welfare e delle Pari Opportunità, Elsa Fornero, presente in videoconferenza da Torino, la quale ha sottolineato che “nella settimana dedicata alla donne non si possono ignorare le gravi carenze che il nostro Paese ha accumulato nel corso degli anni per tutto ciò che riguarda lo sviluppo del ruolo della donna nel mercato del lavoro. È arrivato il momento di liberare il campo da tutti i preconcetti culturali che hanno impedito il pieno accesso all’opportunità di fare impresa”.
Le banche infatti tendono a non concedere prestiti alle donne perché le considerano insolventi e poco in grado di portare a compimento i progetti per i quali richiedono il finanziamento. In questo senso, la finanza etica nasce per supportare un’economia sostenibile che si oppone alla speculazione, causa principale della crisi in atto, e si faccia invece portavoce di quelle imprese che creano servizi a favore dei soggetti più fragili (bambini e anziani, ad esempio), alleggerendo il carico di impegni per le donne che hanno così la possibilità di avere più tempo da dedicare alla loro piena realizzazione lavorativa. Banca Etica segue questo orientamento e infatti circa il 30% dei crediti erogati è destinato ad iniziative di questo tipo.
II Ministro ha tenuto a precisare che l’attuale Governo si impegnerà a non effettuare ulteriori tagli alla spesa assistenziale e provvederà invece a una migliore e più efficace allocazione delle risorse disponibili. “La crisi quindi”, ha affermato Sabina Siniscalchi, consigliere di amministrazione di Banca etica, “non deve essere interpretata unicamente come un ostacolo ma anche come un’opportunità per mettere in atto modelli economici cooperativi che favoriscano una piena ed equilibrata realizzazione dei progetti di vita di ciascun individuo”.
Se esiste un collegamento tra donne, etica e finanza occorre forse ricercarlo nel fatto che le imprese di maggiore successo, basate sulla cooperazione, lo spirito di comunità e partecipazione e contemporaneamente rivolte all’innovazione e alla solidità della struttura organizzativa, sono declinate al femminile. Il microcredito, in questi anni così difficili, è stato l’unico attore finanziario che ha creduto nell’empowerment femminile vincendo pienamente la sua scommessa. Le donne che hanno fatto ricorso a tale strumento per recuperare le risorse necessarie per fare impresa si sono dimostrate lungimiranti nei loro progetti, perché rivolti a creare condizioni di vita più sostenibili per le generazioni future, e perfettamente in grado di assolvere agli impegni finanziari presi con le banche. Il fatto che per lungo tempo sia stato ostacolato alle donne l’accesso alle logiche del potere economico e politico le ha probabilmente preservate dalla “sporcizia” che è connaturata ad esse e ha permesso loro di maturare una diversa prospettiva d’azione che, in tempi così difficili, potrebbe fornire un know-how del tutto nuovo su cui incentrare la ripresa economica.
di Elena Leoparco