I diritti televisivi nel settore del calcio vanno rivisti: bisogna introdurre meccanismi di ripartizione che premino maggiormente il merito sportivo, decisi da un soggetto terzo diverso dalla Lega Calcio. Attualmente le risorse vengono allocate secondo criteri che premiano storia e notorietà di un club e gli investimenti per sviluppare club minori e portarli a competere ad armi pari non trovano adeguata remunerazione in tempi ragionevoli. E’ quanto chiede l’Antitrust in una segnalazione inviata oggi a Parlamento e Governo.
Secondo l’Autorità bisogna quindi prevedere meccanismi di ripartizione che premino maggiormente il merito sportivo, eliminando il riferimento ai risultati ‘storici’ contenuti nella normativa vigente, che partono dai risultati della stagione calcistica 1946/1947. Anche il riferimento al bacino d’utenza dei club, previsto dalla normativa del 2008, non risulta direttamente riferibile al risultato sportivo, visto che il numero di spettatori cui può fare affidamento una società di calcio sfugge alla logica meritocratica. E’ necessario rivedere l’opportunità di mantenere tale criterio di ripartizione, o quanto meno di limitarne ulteriormente l’incidenza rispetto a quello che premia i risultati.
Per l’Autorità, i profitti di una società sportiva dipendono dalla competitività dei concorrenti: un evento sportivo ha infatti una maggiore attrattiva quando c’è equilibrio tecnico tra le squadre e quindi incertezza sul risultato. Pertanto, la remunerazione del merito sportivo agevolerebbe il conseguimento dell’equilibrio tra i partecipanti alle competizioni e stimolerebbe gli investimenti nello sport anche da parte di nuovi entranti. Nella situazione attuale, poiché la quota delle risorse viene allocata secondo criteri che premiano in buona parte la storia e la notorietà di un club, gli investimenti volti a sviluppare club minori per portarli a competere ad armi pari non trovano adeguata remunerazione in tempi ragionevoli.
Secondo l’Antitrust bisogna anche individuare un soggetto terzo, diverso dalla Lega Calcio, che proceda alla ripartizione delle risorse economiche derivanti dalla vendita dei diritti Tv, per garantirne una maggior equità e imparzialità.  La Lega, in quanto composta da organi in cui siedono esponenti delle singole squadre, non rappresenta infatti il soggetto nella posizione migliore per dettare le regole di ripartizione delle risorse, posto che talune società potrebbero trovarsi nella condizione di influenzare a loro vantaggio tali scelte. La ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, indipendentemente dallo specifico meccanismo di commercializzazione adottato, dovrebbe, quindi, essere effettuata da un soggetto avulso dagli interessi economici delle società di calcio, e realizzata nell’ottica di garantire la necessaria flessibilità e competitività dell’intero sistema calcistico.


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