È stato presentato oggi a Bolzano il rapporto della Rete dei Centri Europei Consumatori (ECC-Net) sull’implementazione della direttiva servizi in Europa. ECC-Net ha analizzato i reclami ricevuti dai consumatori nel periodo gennaio 2010 – dicembre 2012, approfondendo situazioni tipiche di consumatori che hanno subito un trattamento diverso o ai quali è stata negata la prestazione di un servizio. Nel periodo preso in considerazione dallo studio la Rete ha registrato 222 reclami di consumatori che non hanno potuto beneficiare dei servizi offerti in un altro Stato membro o a condizioni più sfavorevoli. La Rete suppone che il numero reale di casi sia superiore in quanto spesso i consumatori non sanno che queste pratiche sono vietate. In 167 dei 222 casi segnalati all’ECC-Net (e in 10 dei 14 casi registrati dall’antitrust finlandese), i consumatori sono stati discriminati sulla base della loro residenza e non della cittadinanza, il più delle volte durante transazioni on-line; pochi i casi di discriminazioni nel mondo off-line.
I casi più frequenti hanno riguardato l’acquisto di beni, ad esempio apparecchiature elettroniche, vestiti, libri e download di musica o dati (il 74% di tutti i reclami); seguono i servizi nel settore del turismo e del tempo libero (21% dei casi) e l’autonoleggio (5%).
I metodi utilizzati dalle aziende per differenziare prezzi e servizi sono numerosi e variano da settore a settore. Nel commercio elettronico spesso si hanno limitazioni alla fruizione del servizio oppure i consumatori vengono rimandati ai siti del proprio Paese; nelle prenotazioni di auto o alloggi on-line sovente esistono condizioni fatte su misura per i residenti di un certo Stato. I casi più frequenti hanno riguardato il rifiuto di spedire un prodotto e prezzi e condizioni diverse per accedere ad un servizio, come la necessità di avere un conto bancario in un certo Paese.
In più del 32% dei casi segnalati (72 casi su 222), la Rete è intervenuta direttamente per i consumatori; in quasi il 50% dei casi è stato raggiunto un risultato positivo; a seguito dell’intervento dei CEC 8 prestatori hanno cambiato le proprie condizioni. Le giustificazioni addotte dalle aziende per i trattamenti differenziati sono state soprattutto obblighi contrattuali che impedirebbero di offrire servizi in una certa zona, diverse condizioni del mercato, la mancanza di proprietà intellettuali, costi maggiori dovuti alla distanza o alle caratteristiche tecniche del servizio e difficoltà nel verificare la solvibilità dei clienti residenti in un altro Stato membro. Nessuna di queste aziende ha però fornito la prova di queste motivazioni.
Dei 72 casi nei quali la Rete è intervenuta, 12 sono stati segnalati alle autorità competenti per il rispetto della direttiva, ma soltanto una di queste segnalazioni ha avuto come esito una decisione – ciò potrebbe essere riconducibile alla circostanza che il più delle volte le autorità non possono trattare reclami individuali. Dal rapporto emerge quindi anche  la necessità di rivedere e rafforzare l’enforcement di questa direttiva.


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