Copyright Ue: slitta l’accordo conclusivo tra Consiglio, Parlamento e Commissione
Il dossier per la riforma del copyright Ue non riesce a scrivere la parola fine in fondo alle sue pagine.”Prendiamo atto che il Consiglio ha bisogno di più tempo per finalizzare la sua posizione”, tweetta un portavoce della Commissione Ue commentando il nuovo slittamento quando ormai i negoziati sembravano vicini alla conclusione. “È una riforma chiave per le istituzioni, per i cittadini, la stampa e i creativi”.
“Il nostro obiettivo è portare benefici tangibili per creativi, artisti, giornalisti, editori, ricercatori, beni culturali“, perché la riforma sarebbe in grado di “aprire al potenziale di maggiori contenuti chiarendo le regole del copyright”. La Commissione “continuerà il duro lavoro per fare da broker ad un accordo il prima possibile tra le tre istituzioni (Consiglio, Parlamento e Commissione)”, ha quindi concluso.
Venerdì scorso i governi Ue, a causa delle distanze tra le rispettive posizioni, non erano riusciti a dare il via libera alla presidenza di turno per negoziare assieme alle altre istituzioni (Parlamento e Commissione Ue) il testo definitivo nella riunione prevista per ieri e poi cancellata. A votare contro Italia, Belgio, Olanda, Svezia, Finlandia, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Lussemburgo e Portogallo.
Per la Commissione è fondamentale concludere l’iter della riforma del copyright prima delle elezioni del nuovo Parlamento europeo di fine maggio ma la strada continua ad essere in salita. Fin dal suo debutto nell’agenda europea, la riforma ha sollevato non poche discussioni, soprattuto su due aspetti in particolare che riguardano gli articoli 11 e 13 della nuova normativa.
A contrapporsi sono da un lato le big company del web e le grandi piattaforme online, come Google, dall’altro i grandi editori come pure le case editrici e gli artisti.
Secondo quanto previsto dall’articolo 11, la nuova normativa introdurrebbe l’obbligo di remunerare editori e autori anche per i collegamenti ipertestuali ai loro contenuti (una “link tax”, per i critici): il testo licenziato a settembre dal Parlamento dell’Ue ha però chiarito che il link deve essere accompagnato da un estratto del testo.
L’altro punto controverso è l’articolo 13, che obbligherà le piattaforme come YouTube a creare filtri per monitorare l’upload di contenuti, per assicurare che il copyright non venga violato. Nell’attuale formulazione, le piattaforme diventeranno anche responsabili per le violazioni dei diritti d’autore dei loro utenti.
“Sono deluso da questo rinvio”, ha twittato il commissario al digitale Andrus Ansip. “Penso che ora che siamo a pochi metri dal traguardo non dovremmo perdere di vista i punti importanti su cui già abbiamo raggiunto il consenso”.
La presidenza di turno, nel tentativo di sbloccare la situazione, potrebbe convocare una nuova riunione degli ambasciatori entro la settimana, ma al momento non c’è alcuna certezza. Intanto il tempo stringe. Gli addetti ai lavori sottolineano che il negoziato tra Consiglio, Commissione e Parlamento dovrà concludersi entro febbraio. Altrimenti sarà quasi impossibile completare l’iter legislativo prima che tutto il lavoro fatto venga vanificato dalla fine dell’attuale legislatura (il vito per il rinnovo del Pe è fissato per il 26 maggio).