Convertendo BPM, class action o non class action?
Il caso dei bond “Convertendo”, con cui la Banca Popolare di Milano ha truffato migliaia di risparmiatori, è sul tavolo di diverse Associazioni dei consumatori che stanno studiando una class action. Ma la legge italiana sull’azione risarcitoria di classe è troppo lacunosa.
Confconsumatori fa sapere che l’azione legale collettiva è già in preparazione, dopo l’adesione di molti risparmiatori che nei giorni scorsi hanno contattato l’Associazione per raccontare la loro rabbia e chiedere aiuto per recuperare la forte perdita subita, nell’ordine del 90% del capitale investito.
Ma la class action non è la sola iniziativa portata avanti da Confconsumatori: considerata l’ulteriore gravità della decisione assunta da BPM di anticipare la scadenza di conversione dei bond in azioni, si è deciso di attivare immediatamente la procedura per accedere alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob, competente nelle controversie insorte tra risparmiatori ed intermediari finanziari.
Confconsumatori ricorda che la Consob ha già sanzionato alcuni dirigenti e continua a tenere sotto controllo la Banca Popolare di MIlano. Questa mattina sono state inviate diverse lettere di reclamo alla Banca: azione preliminare necessaria per l’avvio della procedura . Confconsumatori rinnova a tutti i risparmiatori caduti nella trappola di BPM l’invito a consultare il sito www.confconsumatori.it,e di rivolgersi alle sedi dell’Associazione per avere assistenza e consulenza.
Secondo l’Aduc, invece, il caso del Convertendo “mostra gli enormi limiti della legge sull’azione collettiva che abbiamo in Italia”. L’Aduc ripercorre il lungo dibattito parlamentare che ha partorito la legge attuale, durante il quale l’Associazione propose un progetto di legge organico che prevedeva l’introduzione di una “vera class action”. “In Parlamento – si legge in una nota dell’Aduc – in commissione giustizia, fummo anche ascoltati per illustrare i punti essenziali che secondo noi avrebbero effettivamente tutelato i consumatori (in questo caso gli investitori). Naturalmente la legge finale ignorò la maggior parte delle nostre indicazioni e oggi ci ritroviamo con una legge che sostanzialmente non solo non serve a niente, ma ha anche eliminato ogni speranza per l’introduzione di una vera class action”.
L’Aduc precisa che le lacune della norma attuale sono moltissime ma gli aspetti più gravi sono due: l’attivazione dell’azione di classe e l’assenza del danno punitivo. Rispetto al primo punto, un’azione di classe può essere attivata solo per:
- i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
- i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
- i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
“Questa formulazione limita di molto i casi nei quali le azioni di classe possono essere effettuati. L’uso dell’espressione identico è giuridicamente molto forte. Un diritto è identico quando vi è completa uguaglianza. Sono rarissimi i casi di completa uguaglianza mentre sono più frequenti i casi di diritti omogenei”.
L’Aduc sottolinea che per il Convertendo è necessario accertare caso per caso poiché la causa pendenti riguarda il modo con il quale lo strumento finanziario è stato collocato (assenza di informazione, inadeguatezza del profilo di rischio). “Come si fa a dire, ex-ante, che l’intera classe non è stata informata correttamente e che l’intera classe non aveva un profilo di rischio adeguato? Il caso di un investitore che ha sottoscritto il titolo on-line, autonomamente, è omogeneo a quello che ha ricevuto pressanti telefonate?”
C’è poi la mancanza del danno punitivo che vanifica lo scopo della class action: quello di scoraggiare le azione dal mettere in atto illeciti pluri-offensivi. “Se nella nostra nazione avessimo una vera legge sulla class action, questo caso del Convertendo BPM sarebbe un caso di scuola: un’accertata pratica commerciale scorretta ha recato sicuramente un danno ad una classe di persone. Il problema è che in Italia abbiamo una legge contro la class action, non a favore”.
“Speriamo fortemente di sbagliarci – conclude l’Aduc – ma questo caso finirà con i singoli risparmiatori che dovranno essere tutelati individualmente. Ovviamente si possono ipotizzare strumenti processuali come atti di citazione con attori multipli in modo da frazionare i costi di causa, ma una vera class action, purtroppo, in Italia, rimane una chimera”.