Clima, COP 22: da Parigi non si torna indietro. Ma si va avanti piano
Dagli accordi di Parigi non si torna indietro. Così, entro dicembre 2018, andrà definito il regolamento di attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima, per vedere in che modo i paesi monitoreranno i loro impegni per la riduzione del gas serra. E bisognerà continuare a lavorare per istituire entro il 2020 il “Fondo Verde” per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico. Sono questi i principali risultati che vengono dalla Conferenza Onu sul clima di Marrakech, COP 22.
Troppo poco? Certo è che quando si parla di clima i passi avanti che vengono fatti sembrano sempre molto lenti rispetto all’entità della lotta al riscaldamento globale. Con in più, quest’anno, la preoccupazione per la politica futura che sarà attuata dal neo presidente statunitense Donald Trump. Tanto che, come riporta l’Ansa, il ministro degli Esteri marocchino e presidente della Conferenza Onu sul clima COP 22, Salaheddine Mezouar, ha rivolto un appello al presidente americano elettoTrump, perché si unisca allo sforzo internazionale per l’attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima. “Noi contiamo sul suo pragmatismo così come sul suo impegno verso lo spirito della comunità internazionale, in una lotta immane per il nostro futuro, per il pianeta, per l’umanità e la dignità di milioni di persone – ha detto Mezouar -. E’ per quello che il nostro pianeta sarà domani, e per quello che noi ci lasceremo dietro”.
Gli impegni presi a Parigi andranno dunque verificati entro il 2018. Per il resto, altri risultati sono piuttosto modesti: almeno questo è il giudizio espresso da Legambiente, che chiede all’Europa di mettere in campo la sua leadership. Se è vero che la direzione di marcia tracciata dagli accordi di Parigi è irreversibile, spiegano dall’associazione, “la Conferenza sul Clima di Marrakech ha visto l’impegno di tutti governi a rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi entro il 2018, ma i risultati concreti della Cop22, in particolare per quanto riguarda il sostegno finanziario dei paesi industrializzati all’azione climatica dei paesi poveri, sono purtroppo modesti. Il risultato di maggior rilievo è l’adozione del programma di lavoro, con un calendario di verifiche intermedie serrato, per definire la governance dell’Accordo di Parigi entro la COP24 del 2018, quando è prevista la prima revisione degli impegni assunti a Parigi lo scorso dicembre”.
“A Marrakech – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni – i governi hanno ribadito l’urgenza dell’azione climatica immediata, concordando la necessità di aumentare gli impegni di riduzione delle emissioni prima del 2020, in coerenza con gli ambiziosi obiettivi di Parigi di contenere l’aumento della temperatura globale ben al disotto dei 2°C e facendo ogni sforzo per limarla a 1.5°C. Tuttavia, non vi sono stati impegni concreti in questa direzione. A partire dall’Europa, che ha rivendicato più volte la sua leadership nell’azione climatica globale, senza che a queste dichiarazioni siano poi seguiti impegni concreti. Ma a Marrakech è stato anche concordato che alla COP24 del dicembre 2018 si potranno rivedere i primi impegni di riduzione delle emissioni, incrementandoli in coerenza con gli obiettivi di Parigi. Questo deve essere il momento in cui l’Europa mette in campo la sua leadership con impegni ambiziosi”. Alla COP22, prosegue infine Legambiente, i paesi industrializzati, pur confermando l’impegno a garantire entro il 2020 almeno 100 miliardi di dollari l’anno per finanziare l’azione climatica dei paesi più poveri, “hanno purtroppo mostrato scarsa volontà politica nel sostenere l’adattamento delle comunità vulnerabili ai mutamenti climatici in corso”.
Mariagrazia Midulla, responsabile Cima ed Energia del WWF Italia, commenta: “A Marrakech si è deciso di fare ogni sforzo perché nei prossimi due anni si lavori per arrivare a obiettivi più ambiziosi: la condizione necessaria perché venga vinta la sfida posta dall’Accordo di Parigi, rimanere entro 1,5%° C di aumento medio della temperatura globale rispetto all’era preindustriale”. Detto questo, ci sono ancora alcune lacune che riguardano gli aspetti finanziari. E il sostegno ai paesi che più soffrono dei cambiamenti climatici. Dice infatti Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia: “Durante queste due settimane abbiamo constatato una rinnovata determinazione ad andare avanti con quanto definito dagli accordi di Parigi. Ma se i governi vogliono essere seri e coerenti, nessun nuovo progetto di estrazione di combustibili fossili dovrebbe essere d’ora in poi autorizzato. Per evitare catastrofi climatiche dobbiamo inoltre proteggere le foreste e gli oceani, muoverci verso un’agricoltura sostenibile e puntare a un Pianeta 100 per cento rinnovabile. Noi saremo la generazione che porrà fine all’era combustibili fossili. Nonostante sia venuto meno ancora una volta l’impegno a sostenere proprio i Paesi che soffrono maggiormente a causa dei cambiamenti climatici, l’obiettivo della Conferenza, ovvero concordare un piano di lavoro per aggiornare i nuovi obiettivi entro il 2018, è stato raggiunto. Ora bisognerà vedere cosa accadrà nei prossimi due anni, sia a livello globale che in Italia, dove il nostro governo si mostra sempre prodigo di belle parole, a cui però raramente fa seguire azioni concrete”.
Alla conferenza le associazioni della Coalizione Clima hanno incontrato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, presentando i principali punti di un documento in cui chiedono all’Italia di contribuire al ruolo di leadership dell’Europa nell’attuazione dell’Accordo di Parigi, di realizzare una strategia e un piano per la decarbonizzazione al 2050, di aumentare gli impegni relativi alle azioni di riduzione delle emissioni di gas serra e all’adattamento e di definire con certezza gli impegni finanziari e tecnologici del Fondo verde per il Clima.