Alleanza per Internet, un Ministro per agenda digitale nel prossimo Governo
A ridosso delle elezioni politiche c’è un’agenda che bussa alla porta dei partiti che si candidano a governare l’Italia per i prossimi 5 anni (o giù di lì): è l’agenda digitale. Non è una novità, anzi tanto se n’è parlato soprattutto durante il Governo Monti. Ma ancora poco si è fatto e continuiamo ad essere un Paese fanalino di coda, almeno in Europa, per alfabetizzazione informatica e per utilizzo del web. Eppure l’agenda digitale è quella che più di ogni altra ricetta può darci spunti e strumenti immediati per ripartire. Perché oggi non possiamo più ragionare in termini di finanza pubblica o di debito pubblico.
Il processo di risanamento che si è avviato in Italia è difficile da sostenere nel lungo periodo e, prima che la crisi economica si mangi il portafoglio di gran parte delle famiglie, occorre innescare la crescita. La crescita di un Paese, oggi, non può prescindere da Internet che rende una società tanto più competitiva nel mondo quanto più riesce ad essere digitale. Questo è il succo del ragionamento alla base dell’Alleanza per Internet presentata oggi a Roma, presso la sede del Garante Privacy.
A presiedere la neo Alleanza è l’ex Garante Privacy Francesco Pizzetti, che negli anni si è battuto molto per trovare la quadra tra la libertà della rete e la tutela dei dati personali, non perdendo mai di vista la velocità con cui Internet si trasforma e trasforma di conseguenza le nostre vite. Quest’Alleanza nasce come un comitato promotore trasversale che parte dal presupposto che Internet sia un “nuovo patto costituzionale”, la “continuazione del nostro accordo civile”. E deve, quindi, essere al centro di ogni ragionamento politico futuro. Infatti tra le proposte che subito l’Alleanza per Internet vuole portare avanti, con una lettera indirizzata a tutti i partiti che hanno presentato le loro liste e i loro programmi, è quella dell’istituzione di un Ministro (con o senza portafoglio) responsabile dell’agenda digitale. “Senza individuare una guida precisa, si rischia di non fare nulla”.
E invece i temi da inserire nell’agenda digitale sono tanti e delicati: c’è la sicurezza della rete, che non può non guardare all’infrastruttura e agli investimenti; c’è l’alfabetizzazione informatica e la formazione perché i dispositivi digitali da soli non bastano, ma bisogna saperli usare; c’è, infine, la protezione dei dati personali e la tutela della proprietà intellettuale. “Quel fantasma del diritto d’autore” che da diversi anni ormai si aggira sui tavoli politici, ma che è ancora senza una soluzione.
E poi ci sono tutti gli sviluppi futuri che Internet ci sta già mettendo sotto gli occhi visto che la sua velocità supera le nostre analisi: l’Internet delle cose e l’Internet delle intelligenze che ci porterà sempre di più verso un’intelligenza collettiva.
“Internet è una cosa troppo seria per lasciarla agli specialisti – ha detto Francesco Pizzetti, durante la conferenza di presentazione di Alleanza per Internet – E’ un elemento essenziale per la competitività del sistema Paese. Per questo il primo scopo di questa Alleanza è quello di essere presente su molti dei tavoli importati, a livello internazionale, in cui si discute di Internet. Spesso l’Italia non è stata presente in questi tavoli oppure non aveva chiaro l’obiettivo che si voleva raggiungere. Ancora oggi, se guardiamo ai programmi politici appena presentati notiamo una generale assenza dei temi digitali. Non c’è una riga sulla formazione, non c’è una riga sulla sicurezza e manca una visione sistemica. Tutto questo non fa che accumulare ulteriore ritardo politico. Non basta introdurre nuovi dispositivi tecnologici – ha aggiunto Pizzetti – bisogna iniziare ad insegnare digitale. La società italiana è molto capace, ma va guidata”.
Siamo insomma nell’era dell’economia digitale e non possiamo più permetterci questo gap con il resto dei Paesi, non soltanto europei. L’Italia deve puntare sempre di più sull’e-commerce, anche perché essendo ricca di piccole imprese, sarebbe l’unico modo per crescere (di dimensioni e di fatturato). Per sviluppare il commercio elettronico bisogna prevedere nuovi sistemi di pagamento, ad esempio attraverso gli smatrphone. E non è solo questione di acquisti: ormai anche i servizi viaggiano sul web ed anche sotto questo punto di vista c’è molto da fare. Non è possibile che i data base delle varie amministrazioni pubbliche (quando ci sono e quando sono aggiornati) non siano interoperabili tra loro. E poi il wifi: negli Stati Uniti quasi ogni bar ha una rete wireless.
“La modernizzazione del Paese passa attraverso l’agenda digitale che è indispensabile per ridurre i costi ed aumentare la competitività – ha ribadito Antonello Soro, Presidente del Garante per la Protezione dei dati personali – Ma la velocità con cui Internet cambia la struttura della nostra società rende difficile fare analisi. E l’ordinamento giuridico arriva ancora più tardi”. Soro ha sottolineato l’importanza di fare investimenti sulla sicurezza della rete: “Un sistema poco sicuro mette a rischio tutte le nostre comunicazioni. La protezione dei dati lega insieme l’efficenza del sistema e la tutela delle nostre libertà”. Un altro tema molto delicato, sollevato dal Garante Privacy è quello del diritto da applicare alla materia: “In Italia abbiamo diverse banche dati che dovrebbero andare in cloud, ma non è chiaro quale sarà il server dove andranno a finire”. E se non sappiamo dove sono i nostri dati, come facciamo a proteggerli?
di Antonella Giordano
twitter @Anto_Gior
Come al solito abbiamo sempre il primato di tutto ciò che è negativo.La conoscenza del web e della libera circolazione di idee,e-commerce,scambio di idee e scolarizzazione di chi non si è ancora avvicinato al on-line non interessa alla politica perchè ci sarebbe troppa libertà per TUTTI mentre invece la politica preferisce ridurre l’uso del web perchè perderebbe ,molto spesso ,la possibilità di burocratizzare e quindi “esigere” una contro partita di qualunque genere dai cittadini.Per esempio la possibilità di inviare posta certificata fu presentata con l’obbligatorietà di avere una mail dove poter inviare la PEC (aziende private e pubbliche) ma l’emendamento di renderla facoltativa fu subito approvato senza alcuna discussione ,infatti erano tutti d’accordo sempre per favorire i “muri di gomma” e continuare a burocratizzare invece di rendere più semplici (ed economiche)le procedure.E la Rai continua ipocritamente a chiamare CANONE ciò che invece è una vera e propria TASSA
MA ANDATE A QUEL PAESE …