Quando esegue una decisione della Commissione europea che dichiara un regime di aiuti di Stato illegittimo, il giudice nazionale non è vincolato dalle ulteriori prese di posizione dell’istituzione ma deve tenerne conto in rispetto del principio di leale cooperazione. E i calcoli che ha effettuato per quantificare i soldi da restituire possono anche avere come risultato un importo pari a zero.  Questo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea chiamata a pronunciarsi sul contributo dato dall’Italia per l’acquisto di decoder digitali.
Nell’ambito del passaggio al sistema televisivo digitale, la finanziaria del 2004, ricostruisce la Corte, ha previsto un contributo pubblico di 150 euro per ogni utente che acquistasse o prendesse in locazione un apparecchio per la ricezione dei segnali televisivi digitali terrestri. La legge finanziaria del 2005 ha previsto lo stesso contributo pubblico, per un importo ridotto a 70 euro. La Commissione europea, dopo le denunce presentate da Centro Europa 7 e da Sky Italia, ha stabilito (con decisione 2007/374) che il regime di aiuti era illegittimo e incompatibile con il mercato interno ed ha imposto all’Italia di procedere al recupero, nei confronti dei beneficiari, dell’aiuto e dei relativi interessi. Da qui è scaturita una cooperazione fra Commissione e Italia per identificare i beneficiari e quantificare gli importi da recuperare.
La Commissione ha approvato il metodo usato dall’Italia per stabilire il numero di utenti supplementari raccolti con l’aiuto, i ricavi medi e i profitti, e ha concordato col fatto che, mentre TIMedia e Fastweb non avevano ottenuto profitti supplementari, questo non accadeva per Mediaset: la Commissione ha indicato che l’importo da recuperare presso Mediaset ammontava a 6 844 361 euro. Sulla base di nuovi elementi, la Commissione, con lettera dell’11 giugno 2008, ha ridotto tale importo a 4 926 543 euro. Nel 2009 Mediaset ha versato la somma di 5 969 442 euro (comprensiva degli interessi) ed ha adito al contempo il Tribunale civile di Roma, invocando l’erronea applicazione dei criteri di quantificazione stabiliti nella decisione della Commissione e l’erroneità dei calcoli effettuati per determinare i profitti supplementari derivanti dall’aiuto.
Una perizia, presentata nel 2011, ha stabilito che non era stato dimostrato che l’aiuto avesse effettivamente influenzato le vendite di decoder nel corso del periodo preso in considerazione. Il giudice italiano si è dunque rivolto alla Corte di giustizia per stabilire se, al fine di garantire l’esecuzione di una decisione della Commissione che dichiara un regime di aiuti illegittimo e incompatibile con il mercato interno, ma che non identifica i singoli beneficiari e non determina con precisione gli importi da restituire, il giudice nazionale si trovi vincolato dalle prese di posizione ulteriori dell’istituzione, relative all’importo esatto da recuperare presso un beneficiario determinato.
La Corte oggi ha ricordato che la Commissione ha competenza esclusiva nel valutare la compatibilità degli aiuti col mercato interno ma che non è tenuta a determinare l’importo esatto di quanto va restituito. La decisione 2007/374 è dunque obbligatoria nei confronti dell’Italia, che ne è destinataria, e vincola il giudice nazionale. Allo stesso tempo, le lettere scambiate fra Commissione e Italia per garantire l’esecuzione della decisione, e che identificano Mediaset come beneficiaria precisando l’importo degli aiuti da recuperare, non costituiscono “decisioni”: di conseguenza, afferma la Corte, “tali prese di posizione della Commissione nell’ambito dell’esecuzione della decisione non vincolano il giudice nazionale”.
Tuttavia, la Corte sottolinea che, “nell’ambito della leale cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione, i primi devono adottare tutte le misure idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Se il giudice nazionale nutre dei dubbi o riscontra delle difficoltà nella quantificazione dell’importo da recuperare, può rivolgersi alla Commissione. Nella misura in cui gli elementi contenuti nelle prese di posizione della Commissione mirano a facilitare la realizzazione del compito delle autorità nazionali nell’ambito dell’esecuzione della decisione di recupero, il giudice nazionale deve tenerne conto ai fini della valutazione della controversia e motivare la propria decisione alla luce dell’insieme degli atti contenuti nel fascicolo che è stato sottoposto alla sua attenzione. La Corte ricorda inoltre che, in mancanza di disposizioni di diritto dell’Unione in materia, gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno devono essere recuperati secondo le modalità previste dal diritto nazionale, purché queste ultime non si risolvano nel rendere praticamente impossibile il recupero”.
Secondo la Corte, infine, “qualora la Commissione, nella sua decisione, non abbia identificato i beneficiari né determinato con precisione gli importi da restituire, il giudice nazionale può dunque concludere, senza rimettere in discussione la validità della decisione né l’obbligo di restituzione degli aiuti, che l’importo da restituire è pari a zero, quando una simile conclusione derivi dai calcoli effettuati sulla base dell’insieme degli elementi rilevanti portati a sua conoscenza”.


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