Acta, protezione commerciale o censura a Internet?
In Europa non si placa la polemica su Acta (Anti-counterfeiting trade agreement) il nuovo accordo commerciale internazionale per contrastare la contraffazione e la pirateria informatica e tutelare proprietà intellettuali e brevetti su beni, servizi e attività legati alla rete. I suoi detrattori, tra cui il collettivo di hacker Anonymous, accusa Acta di limitare la libertà online e di voler censurare il popolo della Rete. La Commissione europea ha deciso di rinviare il testo dell’accordo alla Corte di Giustizia europea per verificarne la compatibilità con il diritto comunitario.
L’accordo ACTA è stato firmato a Tokyo lo scorso 26 gennaio dall’Unione europea, Australia, Canada, Giappone, Stati Uniti, Corea del Sud, Messico, Marocco, Svizzera, Nuova Zelanda e Singapore. Già molti Paesi Ue, tra cui Bulgaria, Olanda e Germania, ne avevano messo in dubbio la compatibilità con la legislazione interna sospendendone la ratifica nazionale. Qualche giorno fa si è aggiunta anche la Romania. L’Italia ha invece approvato il testo attuale.
Le ragioni del No: Acta minaccia la libertà di Internet. La principale critica a questo accordo commerciale è quella di voler “controllare” la rete con la scusa di proteggere le proprietà intellettuali. Secondo la coalizione anti-Acta, l’accordo anticontraffazione, per favorire la lotta alla pirateria alimentare, dei farmaci, di film e musica, assegna un ruolo di sceriffi anche agli Internet service providers e agli intermediari di servizi Internet (come Google, Yahoo! o Wikipedia). Così facendo, secondo loro, “si pongono i diritti di proprietà intellettuale a un livello più alto degli altri, come quella alla libertà d’espressione, d’opinione e alla privacy”. Secondo Anonymous, l’articolo 27 dell’accordo crea una cultura del sospetto che non favorisce mercato e concorrenza perché impedisce di usare il patrimonio culturale preesistente, quali le opere orfane, e tratta come reati anche la condivisione senza scopo di lucro delle opere tutelate da copyright criminalizzando strumenti, tecniche e piattaforme di condivisione come i blog, i network peer to peer, il free software e altre tecnologie che contribuiscono a disseminare cultura e conoscenza.
Le ragioni del No: Acta risponde agli interessi delle grossi multinazionali. Le multinazionali che spingono Acta hanno interessi specifici, adesempio nel campo dei biocarburanti, dei farmaci, degli alimenti geneticamente modificati, delle sementi, delle molecole, dei metodi e processi di trasformazione della materia o dell’energia. La regolazione che viene proposta, frena il processo d’innovazione per il timore di cause legali su brevetti e copyright da parte delle corporations, una vera e propria barriera al mercato per le piccole e medie imprese.
Le ragioni del No: Acta scritto a porte chiuse. Edri, EFF, La Quadrature du net, e molti parlamentari europei denunciano già dal 2008 come l’accordo abbia bypassato le sedi competenti in materia di brevetti e copyright quali la WIPO e la WTO che hanno chiare garanzie procedurali. Inaccettabile, secondo gli attivisti, la creazione del “Comitato ACTA”, una nuova istituzione con l’incarico di interpretare e implementare il trattato ma senza garanzie che operi in maniera aperta, trasparente, inclusiva e soggetta a pubblico scrutinio.
Le ragioni del SI: L’Europa deve difendere la propria materia prima principale, ovvero la proprietà intellettuale. Le autorità di dogana Ue stimano che i beni contraffatti che entrano ogni anno nell’Ue sono triplicati dal 2005 al 2010. Statistiche pubblicate dalla Commissione europea nel luglio 2011 mostrano che il trend è in costante ascesa. Nel 2010 sono stati registrati 80mila casi di contraffazione, con 103 milioni di prodotti ritrovati ai confini dell’Ue. Uno studio Ocse stima che il commercio di beni contraffatti a livello mondiale è cresciuto da 100 miliardi di dollari nel 2000 a 250 nel 2007, all’incirca il Pil di 150 Paesi. Ecco che Acta garantirebbe che il livello già alto di protezione intellettuale all’interno dell’Ue sia esteso a livello globale anche a vantaggio dei posti di lavoro europei (si stima che l’Europa perde ogni anno 8 miliardi di euro per colpa dei beni contraffatti).
Le ragioni del Si: il processo che ha portato al testo finale di Acta è trasparente. La Commissione europea ha pubblicato il testo ufficiale dell’accordo sul proprio portale. Sono state organizzate quattro conferenze con gli attori in causa aperte anche ad associazioni e cittadini. Il Commissario Ue al Commercio, il belga Karel De Gucht ha partecipato a tre dibattiti in sessione plenaria del Parlamento europeo, risposto a decine d’interrogazioni parlamentari, due risoluzioni del Parlamento europeo e una Dichiarazione scritta.
La parola finale spetta alla Corte di Giustizia europea. Il Commissario europeo Karel De Gucht ha annunciato nei giorni scorsi che il testo dell’Acta verrà analizzato dalla Corte di giustizia europea, che stabilirà se questo trattato anticontraffazione mette a rischio i diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione. La Corte si occuperà di verificare che la versione attuale dell’Acta non sia un limite alla libertà d’espressione e d’informazione, come denunciato dagli utenti di internet negli ultimi mesi. “Capisco le preoccupazioni dei cittadini – ha detto il Commissario Ue De Gucht – ma l’Acta non cambierà niente del diritto comunitario né dell’utilizzo di siti Internet, blog e social media. Nessun sito verrà chiuso e censurato, non c’è nessuna minaccia alla libertà di espressione e della Rete”.
I prossimi passi: Paesi Ue, Parlamento europeo e Consiglio Ue. In attesa della pronuncia fondamentale della Corte di Giustizia Ue, Acta per entrare in vigore ha bisogno di essere ratificata da tutti i 27 Paesi Ue (oggi lo hanno fatto solo 22) e di ricevere l’ok del Parlamento europeo. Infine spetterà al Consiglio Ue mettere il sigillo finale di approvazione.
Difficile che Acta diventi realtà in tempi brevi. Vista la ferma opposizione di cinque Paesi membri e i dubbi che già serpeggiano al Parlamento europeo, è difficile ipotizzare un’approvazione in tempi brevi dell’accordo Acta. Niccolò Rinaldi, Eurodeputato IdV e membro della commissione Commercio internazionale ha detto: “Acta è un trattato di cui non ho mai compreso il bisogno, tenendo conto che esiste già nei Paesi europei una vasta legislazione anti-contraffazione. Tuttavia la Commissione ha sempre ribadito che l’applicazione di Acta non scalfirà in nessun modo l’acquis comunitario, le libertà fondamentali, l’uso di internet, lo stesso accesso alle medicine o ancora, la difesa delle indicazioni geografiche”. È attesa per domani la consegna di 2,4 milioni di firme di cittadini contro Acta al Parlamento europeo, una petizione organizzata dall’associazione Avaaz.
di Alessio Pisanò