Acque reflue urbane, Commissione Ue ricorre contro Italia
Insufficiente trattamento delle acque reflue urbane: ci sono ancora 50 centri urbani con più di diecimila abitanti che presentano irregolarità, a distanza di 14 anni dalla scadenza del termine previsto per l’applicazione della legge. Per questo la Commissione europea ha deciso di ricorrere contro l’Italia alla Corte dei Giustizia Ue “per non aver garantito che le acque reflue provenienti da agglomerati con più di 10.000 abitanti siano adeguatamente trattate prima di essere scaricate in aree sensibili”. La mancanza di idonei sistemi di raccolta e trattamento comporta rischi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino, spiega la Commissione. E l’Italia è in ritardo.Ma “nonostante i buoni progressi compiuti dopo il parere motivato in materia del 2011, la gravità delle persistenti lacune ha indotto la Commissione, su raccomandazione del commissario per l’ambiente Janez Potočnik, ad adire la Corte di giustizia dell’UE”.
Nel 2011, la Commissione aveva evidenziato che oltre 143 città italiane non erano ancora collegate a un idoneo sistema fognario, oppure non disponevano di impianti di trattamento secondario, o questi avevano capacità insufficiente. Sono stati compiuti dei progressi, evidenzia la Commissione, ma “14 anni dopo la scadenza del termine iniziale almeno 50 agglomerati presentano ancora lacune e sono necessari ulteriori lavori affinché i centri urbani non ancora conformi raggiungano gli standard previsti a tutela dei cittadini e dell’ambiente”. Da qui la decisione di adire la Corte di giustizia Ue.
L’Italia insomma è ancora in ritardo. Secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane, infatti, gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti dovevano dotarsi di sistemi per la raccolta e il trattamento delle acque reflue entro l’ormai lontano 1998.