In Italia gli incidenti stradali diminuiscono: in flessione il numero di incidenti con lesioni a persone, di vittime e di feriti. Aumentano però del 2,5% le vittime fra i ciclisti. Ogni giorno sulle strade si verificano 512 incidenti con 10 morti e 725 feriti. E l’Italia conta più di 60 morti per incidente ogni milione di abitanti contro una media europea di 55. Per questo i dati del Rapporto Aci-Istat sono accolti con freddezza dal Codacons e da Legambiente con #salvaiciclisti, che chiedono modifiche al Codice della Strada.
Il Rapporto Aci-Istat dice che nel 2012 sono stati registrati 186.726 sinistri con lesioni a persone (-9,2% rispetto all’anno precedente), che hanno causato 3.653 morti (-5,4%) e 264.716 feriti (-9.3%). Anche se gli incidenti più gravi avvengono sulla rete extraurbana, il pericolo corre in città. Malgrado un calo complessivo del 10% di sinistri e decessi, sulle strade urbane si conta il 75% degli incidenti con il 42% delle vittime e il 72% dei feriti. Venezia e Napoli sono le città dove i sinistri hanno conseguenze più gravi con 1,5 morti ogni 100 incidenti (la media nei grandi comuni è di 0,8 e Milano, Genova e Bari segnano 0,5).
Il weekend si conferma il periodo più a rischio: nelle notti di venerdì e sabato si concentra il 42% dei sinistri e delle vittime complessive delle ore notturne. Nell’arco della settimana il picco degli incidenti si verifica tra le ore 18 e le 19, in corrispondenza del rientro a casa dagli uffici. La prima causa degli incidenti è la distrazione (16,6%), seguita dalla mancata osservanza della segnaletica (16,2%) e dalla velocità elevata (11,2%). Tra i giovani 20-24enni si conta il maggior numero di morti e feriti, ma è tra gli ultraottantenni l’aumento più elevato dei decessi: +14% rispetto al 2011 per gli 80-84enni e addirittura +25% per gli 85-89enni. Aumentano le vittime tra i ciclisti (+2,5%) e calano tra i pedoni (-4,4%).
Con la nuova decade di iniziative per la Sicurezza Stradale 2011-2020 – afferma il presidente dell’Istat, Antonio Golini – l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha lanciato la sfida di dimezzare ulteriormente il numero delle vittime sulle strade e ha posto l’obiettivo di diminuire, entro il 2020, il numero dei feriti con lesioni gravi e invalidanti a seguito di incidenti stradali. Per questa finalità è necessaria l’adozione di una definizione univoca e internazionalmente riconosciuta di lesione grave. La Commissione Europea, sentiti i Paesi Membri, ha proposto una metodologia standard basata sull’utilizzo di classificazioni internazionali e di dati sanitari. L’Italia sta procedendo ad una sperimentazione con il contributo dell’Istat, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero della Salute”.
Per il Codacons “è incredibile che nonostante la crisi ed il conseguente crollo dei flussi di traffico non si sia ancora raggiunto il traguardo della riduzione del 50% dei morti fissata dalla Ue nel lontano 2001, nel famoso Libro Bianco, obiettivo che andava raggiunto nel 2011. L’Italia, infatti, sebbene il crollo dei veicoli circolanti abbia determinato una diminuzione del numero di incidenti, feriti e morti rispetto al 2011, si ferma ad un – 48,5%. Mentre in Europa (Eu27) il numero di morti per milioni di abitanti scende dal 60,7% del 2011 al 55% del 2012, l’Italia passa dal 63,7 ad un misero 60,1%”.
Nel mirino dell’associazione finiscono anche le modifiche al Codice della strada, in particolare all’articolo 208 che stabilisce che una quota dei proventi delle multe sia destinata alla sicurezza stradale: nel 2010 è stata eliminata la quota minima del 10% da destinare a utenti deboli quali ciclisti e pedoni. Il Codacons chiede dunque un decreto legge in tema di sicurezza stradale e chiede che, sull’articolo 208, si stabilisca che la totalità dei proventi delle multe sia destinata al rafforzamento della sicurezza stradale.
“Si è verificato ciò che prevedevamo – afferma Legambiente – I dati sulla mortalità stradale, resi noti oggi dall’Aci e dall’Istat, mostrano impietosamente la cruda realtà: il +2,5% di ciclisti morti in strada, in presenza di una generale diminuzione dell’incidentalità e della mortalità che ne consegue, mostra l’effetto dell’inerzia delle istituzioni, nessuna esclusa, nella creazione di condizioni minime di sicurezza per tutti gli utenti della mobilità non motorizzata”. Nel rapporto colpisce infatti, in un contesto positivo, l’aumento delle vittime fra gli utenti della bicicletta: “rispetto al 2011, aumentano del 2,5% i conducenti di biciclette vittime di incidenti stradali e del 2,7 % i feriti. Va rilevato – si legge nel rapporto – che la proporzione di donne decedute alla guida di una bicicletta, sul totale delle conducenti morte in incidenti stradali, è più elevata rispetto alla stessa percentuale calcolata per gli uomini (10,4% e 19,3 % rispettivamente per gli uomini e per le donne)”.
L’associazione ambientalista denuncia “l’inerzia istituzionale italiana” anche a fronte di mobilitazioni dal basso, come quella di #salvaiciclisti, che hanno chiesto più sicurezza sulle strade italiane: “Non siamo disposti a fare da vittime sacrificali sull’altare ormai obsoleto di una motorizzazione di massa che fu civiltà solo nel dopoguerra, e che dagli anni ’70 a oggi è la principale responsabile di un disastro urbano e sociale che ormai è sotto gli occhi di tutti – afferma Legambiente – Ripetiamo per l’ennesima volta che l’assenza di misure rapide per domare un traffico assassino significa esserne complice. Ogni tipo di istituzione deve attivarsi immediatamente per un rovesciamento della situazione. In questo senso stimoliamo il potere legislativo ad approvare immediatamente le proposte recentemente avanzate da Rete Mobilità Nuova con una proposta di legge e fatte proprie anche dall’Anci per una modifica radicale del codice della strada, a partire dal limite massimo in città di 30 km/h, che non deve essere disgiunto dalle altre misure, positive, che possano favorire la mobilità non motorizzata”.


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