Mutui casa, quegli ‘strani’ accordi proposti dalle banche
E’ possibile che le banche contattino i propri clienti per concordare una variazione del tasso di interesse del mutuo? Non è possibile, eppure secondo il Centro Tutela Consumatori e Utenti sono molti i consumatori che si sono trovati a fare i conti con richieste simili da parte di alcuni istituti bancari. E se l’accordo salta? Salta anche il contratto di mutuo. La normativa parla chiaro: le banche non possono modificare unilateralmente, nel corso della durata del mutuo, il tasso e tutto ciò che lo riguarda, cioè parametri e spread. L’art. 118 del Testo Unico Bancario, infatti, ha stabilito che per i contratti bancari a tempo determinato, come nel caso di un mutuo, la cd. modifica unilaterale delle condizioni economiche del contratto da parte della banca può riguardare, solo in presenza di un giustificato motivo, le condizioni accessorie del mutuo, ma non il tasso di interesse.
Tuttavia le banche possono invitare il cliente a ridiscutere i termini dell’accordo iniziale e quindi a proporgli – e magari convincerlo anche ad accettare – di modificare consensualmente il tasso e in particolare la misura del guadagno della banca, che in termine tecnico viene definita “spread”.
È questo il caso capitato di recente ad un giovane cliente di una Cassa Raiffeisen, il quale ad ottobre 2011 aveva stipulato un mutuo casa concordando uno spread dell’1,750% oltre il parametro Euribor. Solo quattro mesi più tardi era stato invitato dalla direzione dell’Istituto “a passare in banca”, per discutere e sottoscrivere un “accordo” che prevedeva l’innalzamento al 3,250% della misura dello spread a far data dalla stipula dello stesso. Incautamente, il nostro amico decideva di accettare le nuove e per lui estremamente svantaggiose condizioni proposte dalla banca, dando così il là anche ad una nuova rata mensile, più cara di quasi 150 euro di quella ab origine concordata (per correttezza evidenziamo che si tratta nel caso di specie di un mutuo variabile e quindi soggetto a rate “variabili” nel corso della durata). Purtroppo, solo successivamente all’accordo, il consumatore decideva di passare al CTCU per una consulenza in merito.
“Per quanto ci è dato sapere, i consumatori interessati ci comunicano che i relativi solerti istituti bancari avvertono, che in caso di mancato raggiungimento dell’accordo di modifica del tasso, essi (gli istituti) sarebbero pronti a “recedere unilateralmente” dal contratto, applicando una clausola di cd “recesso ad nutum” inserita in contratto” fanno sapere dall’Associazione che ha verificato che tale clausola viene effettivamente inclusa in molti moduli contrattuali predisposti dalle Cassa Raiffeisen. Già in passato, e in più di un’occasione, il CTCU aveva chiesto alle stesse Raiffeisen (a mezzo della Federazione delle Casse Rurali-Raiffeisen) l’eliminazione di tale clausola, in quanto “vessatoria”.
Che fare? Il CTCU ha annunciato che segnalerà la questione all’Autorità per la concorrenza ed il mercato (AGCM), attraverso sia una segnalazione di pratica commerciale scorretta (non è corretto minacciare il recesso in caso di non accettazione di un accordo chiaramente penalizzante per il consumatore), sia di valutazione del carattere di vessatorietà della clausola di “recesso ad nutum” a favore della banca (tra l’altro senza previsione di alcun giustificato motivo!). E non si esclude nemmeno l’avvio di una causa legale pilota davanti al Tribunale.