Si parla molto in questi anni di “gender gap”, il divario esistente tra il mondo maschile e quello femminile, soprattutto in ambito sociale, professionale e culturale. Le statistiche e le indagini condotte per stabilire il livello reale di questa disparità prendono di solito in considerazione alcuni indicatori base, come ad esempio l’istruzione, il mercato del lavoro, il reddito e la salute; di recente, soprattutto al di fuori dell’Unione Europea, si è cominciato a prendere in esame anche altri parametri legati alla nuova dimensione del web.Idealo – il portale di comparazione prezzi per gli acquisti digitali – ha analizzato e poi messo in relazione alcuni dati relativi al gender gap in generale e al mondo dell’e-commerce in particolare, arrivando a stabilire non solo un rapporto stretto con il mondo del consumo, ma anche un identikit della consumatrice digitale italiana.

e-commerceCome emerso dal Gender Gap Report 2016 del World Economic Forum, l’Italia ha ancora dei passi da fare in tema di parità tra sessi, ma anche per il nostro Paese la correlazione tra indicatori e percentuale di acquisti online risulta evidente.

Qual è quindi l’identikit della consumatrice digitale italiana e, parlando di gender gap, quali sono le principali differenze rispetto al suo alter ego maschile?

In un recente sondaggio sui consumi digitali in Italia, realizzato da idealo in collaborazione con l’Istituto di Ricerche di Mercato SSI (Survey Sampling International), emerge che la maggior parte delle donne acquista online con una frequenza di 2 o 3 volte al mese (la percentuale rilevata vede le donne al 34,2% rispetto al 31,9% degli uomini).

Per le donne, il web rappresenta soprattutto un valido strumento per il confronto di prodotti e offerte (64%) e quando si tratta di acquistare, sono due le categorie merceologiche che prediligono: la moda e la cultura. Abbigliamento e calzature da un lato (con il 76% per l’universo femminile e il 60% per quello maschile) e i libri dall’altro (donne al 74% contro uomini al 67%) trovano nel web un canale di vendita privilegiato per il mondo femminile.

Lo shopping online al femminile passa quasi tutto attraverso lo smartphone (27%) ma gli uomini sono più abituati a usare le app (vince con un 25% contro il 23% del mondo femminile).

Su novità, ricerca di informazioni su prodotti o servizi nuovi, il lato rosa del mondo è quello più “social”: il 36% delle donne sceglie di informarsi tramite i social network (contro il 30% degli uomini). Anche sulla tipologia di applicazione preferita è possibile notare delle differenze: le donne vincono su una piattaforma come Facebook (con un 97% di preferenza rispetto al 94%), mentre sono decisamente meno interessate ad un canale come Twitter (17% per le donne e 31% degli uomini).

Se si parla di differenza di genere e di e-commerce ci sono alcuni settori di consumo dove le distanze tra maschi e femmine sono minime, altre nelle quali il divario è molto netto. E’ nei settori Tech e Sport che si avvertono le distanze maggiori tra uomini e donne in termini di acquisti online (rispettivamente con +18% e +12% rispetto alle donne). Qui si mostrano le principali criticità quando si parla di un argomento particolarmente caldo negli ultimi tempi, quello della presenza – o meno – della pink tax, una tassa non esposta in maniera palese, ma effettivamente presente, che si identifica in una maggiorazione di prezzo per alcuni tipo di prodotto nella loro versione “femminile”.

Vediamo cosa succede in due settori come Beauty e Sport. Nel primo caso, idealo ha messo a confronto 120 prodotti nelle loro versioni maschili e femminili, ad esempio profumi e deodoranti, disponibili sui canali online di oltre cento profumerie in Italia. I dati raccolti sembrano dimostrare proprio l’effettiva esistenza di una pink tax: le donne pagano una maggiorazione su profumi e deodoranti nel 64% dei casi.

Parlando di Sport invece sono gli uomini in questo caso ad essere penalizzati: confrontando circa 3.000 prezzi di articoli sportivi, di nuovo nelle loro versioni maschili e femminili, è stato rilevato un costo medio più basso per gli articoli da donna rispetto a quelli da uomo. Una “blue tax”, in un certo senso, compensata però dal fatto che gli uomini possono contare su un numero di modelli decisamente superiore rispetto a quelli disponibili da donna. 

Il gender gap è sicuramente un tema sentito, anche in Italia, non solo in settori “alti”- come l’istruzione, il mercato del lavoro, il reddito e la salute- ma anche quando si parla di consumi online”, ha dichiarato Paolo Primi, Web Marketing Manager di idealo, “Negli ultimi cinque anni, però, alcune cose stanno cambiando: si parla molto di più di questi temi, lo si fa su diversi livelli ed è emerso un tentativo di introdurre un cambiamento che coinvolge famiglie, case produttrici di giocattoli, retailer e governi”.


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