Pronto Soccorso al collasso, Cittadinanzattiva: doveroso prendersene cura
Tempi di attesa, spazi, dotazioni, sovraffollamento, attenzione al dolore e comunicazione con i pazienti: quando si ha sfortuna di dover correre al Pronto Soccorso si vorrebbe che gli standard, almeno per questi parametri fondamentali, fossero i più alti possibili ma purtroppo non è sempre così. Sovraffollamento, tempi di attesa per il ricovero in reparto che possono superare le 48 ore, adeguata attenzione alla terapia del dolore solo in sei strutture su 10 ma in modo differente a seconda delle realtà regionali, spazi dedicati al malato in fase terminale solo nel 13% delle strutture. La fotografia sullo stato di salute dei Pronto Soccorso italiani restituita dal monitoraggio condotto dal Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e Simeu (la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) non è affatto confortante. Secondo il monitoraggio, oltre due giorni di attesa per il ricovero in reparto si registrano nel 38% dei Dipartimenti di emergenza urgenza (Dea) II livello e nel 20% nei Pronto Soccorso (l’attesa è fino a 48 ore nel 40% dei Pronto soccorso). L’attesa massima è stata invece di 7 giorni (168 ore) nei reparti Osservazione breve intensiva, nuove strutture previste dal Regolamento sugli Standard qualitativi sull’assistenza ospedaliera.
E ancora: il 30% dei pazienti in pronto soccorso non ha visto preservarsi privacy e riservatezza, e la procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate.
Altro problema resta la disomogeneità della ‘salute’ dei Pronto soccorso a seconda delle regioni: la situazione, rileva il monitoraggio, appare infatti ”ancora oggi molto diversa fra strutture del Nord del Centro e del sud, soprattutto come conseguenza di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale.
Il monitoraggio fotografa 93 strutture di emergenza urgenza; dà voce a 2944 tra pazienti e familiari di pazienti, misura accessi, ricoveri e tempi di attesa di 88 strutture di emergenza urgenza. Lo spirito dell’iniziativa è il “Pronto soccorso di tutti”. Strutture aperte 365 giorni all’anno e 24 ore su 24 è altamente probabile che presentino problemi non solo sanitari ma sempre più spesso anche sociali ma si tratta di luoghi importanti sia per chi vi si rivolge in cerca di cure sia per chi ci lavora per rispondere alla richieste di salute.
E quindi “tutelarlo e migliorarlo è un diritto-dovere di tutti, istituzioni, pazienti e operatori sanitari”, dicono dalle associazioni. “È di fondamentale importanza”, dichiara Maria Pia Ruggieri, presidente nazionale SIMEU, “che medici, infermieri e pazienti con i loro familiari si sentano dalla stessa parte nella tutela e nella promozione dei servizi del servizio sanitario nazionale a partire proprio dall’emergenza, per il rafforzamento di una responsabilità collettiva verso il bene pubblico e di un forte senso di cittadinanza comune”.
“Il PS rappresenta per i cittadini un punto di riferimento irrinunciabile e nel quale nutrono fiducia. È necessario però investirci e migliorarlo per renderlo più accessibile e umano”, ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “Si inizi adottando in tutte le strutture la Carta dei Diritti al Pronto Soccorso e rispettando le Leggi: va infatti garantita in tutti i PS l’attivazione di letti di Osservazione Breve Intensiva previsti dal Decreto 70 del 2015 sugli standard ospedalieri, ancora oggi non disponibili in tutti gli ospedali. C’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. Chiediamo che la presenza del familiare sia un diritto e non un favore da chiedere di volta in volta. E infine si lavori ancora sui fondamentali”.