Vitamina D, Aifa aggiorna prescrizione: no benefici per Covid
La vitamina D “non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana” e non dimostra beneficio nel Covid-19. Così l’Aifa che ha aggiornato i criteri di appropriatezza prescrittiva della vitamina D
La vitamina D “non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi”. Inoltre la letteratura sull’utilizzo nel COVID-19 “non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione”. Così l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha aggiornato i criteri di appropriatezza prescrittiva della vitamina D per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto, in base a nuove pubblicazione scientifiche che stabiliscono la mancanza di benefici per Covid e per le ossa nelle persone sane.
Vitamina D, l’aggiornamento Aifa
L’Aifa ha aggiornato la Nota 96 (determina AIFA n. 48/2023 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2023) sui criteri di appropriatezza prescrittiva della supplementazione con vitamina D e suoi analoghi (colecalciferolo, calcifediolo) per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto. L’aggiornamento, spiega l’Agenzia, si è reso necessario per la pubblicazione di nuove evidenze scientifiche che hanno ulteriormente chiarito il ruolo della vitamina D in assenza di concomitanti condizioni di rischio.
Spiega l’Aifa: «Sono stati presi in considerazione, in particolare, i risultati di due ampi studi clinici randomizzati, lo studio americano VITAL (LeBoff M et al, NEJM 2022) e lo studio europeo DO-HEALTH (Bischoff-Ferrari HA et al, JAMA 2020). Entrambi gli studi hanno concluso che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate (2000 UI die di colecalciferolo) e per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi. Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina 25(OH)D».
A questi studi, prosegue l’Agenzia, si aggiunge «la ricca letteratura riguardante l’utilizzo nel COVID-19 che non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione».
Fra le modifiche introdotte nel testo della Nota (qui l’elenco Aifa) c’è l’introduzione di una nuova categoria di rischio, “persone con gravi deficit motori o allettate che vivono al proprio domicilio” e la riduzione da 20 a 12 ng/mL (o da 50 a 30 nmol/L) del livello massimo di vitamina 25(OH)D sierica, in presenza o meno di sintomatologia specifica e in assenza di altre condizioni di rischio associate, necessario ai fini della rimborsabilità, nonché l’inserimento di un paragrafo su vitamina D e Covid e l’introduzione di un paragrafo sui potenziali rischi associati all’uso improprio dei preparati a base di vitamina D.