Lo sciopero nazionale proclamato dai ginecologi per il 12 febbraio sta mettendo in agitazione il mondo politico (oltre che i cittadini, soprattutto gli interessati): i disagi dovrebbero essere enormi per chi ha un intervento programmato (che dovrebbe essere anticipato o rimandato). Il Ministro della Salute Renato Balduzzi cercherà di convincere ginecologi ed ostetriche ad evitare la serrata ed ha convocato per domani, 18 gennaio alle ore 9, presso la sede del Ministero in Lungotevere Ripa, i rappresentanti di tutte le sigle che hanno aderito allo sciopero.
Le richieste dei ginecologi (in vista delle prossime elezioni politiche) sono chiare: rivisitazione del contenzioso medico-legale, obbligatorietà delle aziende ad assicurarsi e messa in sicurezza dei punti nascita. Le sigle che aderiscono alla protesta sono Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani), Sigo (Società italiana di ginecologia), Federazione sindacale medici dirigenti, Società italiana di ecografia ostetrico-ginecologica e metodologie biofisiche.
Vito Trojano, presidente di Aogoi, ha spiegato che nella giornata di sciopero “saranno garantite solo le nascite d’urgenza, mentre verranno sospesi parti, cesarei e indotti, programmati, le visite e gli esami. Il problema di fondo – ribadisce Trojano – è il contenzioso medico-legale: con l’aumento del numero di processi, sia penali che civili e dei costi delle assicurazioni, molte asl hanno disdetto le polizze e il medico è stato lasciato solo. E per i ginecologi questa condizione non è sostenibile in quanto devono assumersi una responsabilità più complessa, poiché i pazienti in carico sono due, madre e il bambino e le figure professionali che operano il sala parto sono tante, ostetriche, infermieri, neonatologo e anestesista”.
Secondo Nicola Surico, presidente Sigo, “il problema nasce dal decreto Balduzzi, che ha complicato le cose in materia assicurativa. Si sono alleggeriti gli aspetti penali, ma resta il problema della responsabilità civile per la quale le assicurazioni non sono obbligate a coprirci e se accettano di farlo a fronte di premi annui altissimi, attorno a 15-20mila euro, improponibili a giovani medici che si affacciano alla carriera”. Le sigle di categoria che aderiscono allo sciopero sono contrarie anche alla clausola bonus-malus, un sistema che “aggrava ulteriormente la medicina difensiva e fa sì che i casi più a rischio vengano dribblati. Per risolvere queste criticità – conclude Trojano – bisogna affrontarle nella loro complessità a cominciare dalla messa in sicurezza dei punti nascita, con linee guida che esistono già da due anni, e da assicurazioni ad ampio raggio che tutelino tutta l’equipe di professionisti e operatori che lavorano in un ospedale”.


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