Continuano a crescere, secondo gli ultimi dati resi noti dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, le segnalazioni in merito alle liste di attesa: i cittadini sono spesso costretti ad aspettare anche 1 anno per una mammografia e 10 mesi per una Tac. Una ‘piaga’ che da tempo affligge il Servizio sanitario nazionale, e che è stata al centro di un convegno nel corso del quale medici e cittadini hanno chiesto una riforma del sistema e indicato possibili vie d’uscita: dalla riduzione degli esami inutili al rispetto dei codici di priorità, fino all’attuazione dei piani nazionali, regionali e aziendali sulle liste di attesa. “Quello delle liste d’attesa – ha spiegato il segretario nazionale del sindacato dei medici dirigenti Anaao-Assomed, Costantino Troise – è un problema per i medici e per i cittadini, comune alla maggior parte dei servizi sanitari pubblici in Europa e nel mondo, a dimostrazione di quanto complesse siano le cause che lo determinano. In Italia sono stati fatti numerosi tentativi, piani e leggi per risolverlo, ma con scarsi risultati”.
Le segnalazioni sulle liste d’attesa, pubblicate nell’ultimo Rapporto Pit Salute 2011, ha ricordato Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, “non fanno ben sperare i cittadini italiani: sono cresciute dell’1% rispetto all’anno precedente e si concentrano in alcune aree specialistiche“. Il panorama italiano, peraltro, ha concluso Moccia, “é molto diversificato nella capacità di garantire prestazioni in tempi adeguati e determina, come in altri ambiti della sanità italiana, un ‘federalismo delle attese’, che discrimina i cittadini appartenenti a diverse Regioni e viola il principio di equità di accesso alle cure”.
“E’ necessario mettere in campo azioni articolate che da un lato intervengano sull’appropriatezza della domanda dall’altro migliorino l’offerta, modulandola sull’effettiva necessità di prestazioni diagnostiche e terapeutiche, utilizzando al meglio per questi fini le risorse che verranno messe a disposizione”. In particolare:
1. Il fenomeno va governato in ambiti territoriali adeguati, provinciali o di area vasta, attraverso il modello delle reti integrate tra ospedali e tra ospedale e territorio, sviluppando strumenti informatici capaci di rilevare la domanda reale e il suo monitoraggio nel tempo. L’obiettivo dovrebbe essere quello di affrontare il problema complessivamente, nei suoi dati storici e in quelli previsionali, per impostare su questa base le possibili azioni correttive sfruttando in modo coordinato e non competitivo le risorse a disposizione: attività istituzionale, attività in regime libero professionale, convenzionamento con il privato.
2. Occorre differenziare tra attesa clinicamente significativa ed attesa priva di ricadute cliniche, tra attesa di una prestazione efficace ed attesa di un esame inappropriato. Non poche prestazioni di diagnostica strumentale, per le quali più lunghi sono i tempi di attesa, risultano negative nell’80% dei casi e sono in ogni caso gravate da un tasso di inappropriatezza ex ante vicino al 50%. La domanda dovrebbe anche essere suddivisa in categorie di priorità clinica separate dall’urgenza cui dare una risposta entro 24 ore.
3. Il distretto deve svolgere una adeguata funzione di committenza verificando e legittimando linee guida di comportamento e di appropriatezza condivise da prescrittori ed erogatori. L’attuazione degli esami ad alto costo e l’utilizzo di tecnologia diagnostica particolarmente sofisticata dovrebbero essere regolamentate da precisi protocolli di appropriatezza che esplicitino in chiaro le motivazioni della richiesta e il quesito diagnostico.
4. E’ importante che le Aziende sanitarie migliorino la metodologia di budget per definire su basi concordate e condivise con i Dirigenti medici gli obiettivi prestazionali da garantire nel lavoro istituzionale, in base alle risorse umane, tecnologiche e finanziarie messe a disposizione.
5. Il CCNL vigente conferma la possibilità di attivare la libera professione in favore dell’azienda per ridurre le liste d’attesa. E’ prevista la retribuzione dei Dirigenti medici a quote orarie (60 € per ora), il che determina un costo molto calmierato per la singola prestazione diagnostica. Per esempio, rispetto al costo nel privato segnalato dal Tribunale dei Diritti del Malato di 100-160€ per l’ecocolordoppler cardiaco o vascolare, in regime di libera professione a favore dell’azienda il costo si aggirerebbe sui 30 €, senza contare la compartecipazione alla spesa incassata, incrementata dalla ultima Legge Finanziaria. E’ auspicabile pertanto che questo strumento contrattuale che introduce flessibilità nell’organizzazione delle attività sia utilizzato per dare risposte puntuali alle criticità delle liste d’attesa.
6. Anche alcuni semplici interventi legislativi potrebbero contribuire al contenimento delle attese. Ne indichiamo alcuni:
a) estendere ai programmi di abbattimento delle liste d’attesa i benefici fiscali e contributivi previsti per l’incremento della produttività nel privato; 
b) trasformare i ticket pagati dai cittadini in una risorsa aggiuntiva da utilizzare per l’abbattimento delle liste d’attesa, non sottraendola al finanziamento ordinario destinato alle Regioni; 
c) prevedere specifiche incentivazioni per l’erogazione dei servizi in orari serali e prefestivi.


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1 thought on “Liste d’attesa, segnalazioni in aumento. Le proposte dei Medici Dirigenti

  1. E’ certo che le liste d’attesa per qualunque necessità medica sono lunghe però,si dovrebbe indagare se,realmente i servizi sanitari necessitano di tali tempi perchè,potrebbe essere una forma di ostruzionismo per reagire ai tagli sulla spesa sanitaria
    e provocare così le lamentele dei cittadini.E’ mai stata fatta un’indagine approfondita in merito?

Parliamone ;-)

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