Malati cronici e rari, il percorso a ostacoli fra diagnosi tardive, cure fuori regione e costi privati
Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva. I problemi dei malati cronici e rari: più di un paziente su tre con patologia cronica ha atteso oltre dieci anni per la diagnosi, un malato raro su quattro deve spostarsi in un’altra regione per curarsi
Diagnosi tardive, liste di attesa lunghe anche per la prima visita specialistica, cure fuori regione per i malati rari. Spese a proprio carico perché si pagano di tasca propria l’assistenza psicologica, una vera “chimera”, e gli esami diagnostici in privato o in intramoenia per rispettare i tempi delle cure. Sono i problemi che denunciano i malati cronici e rari in un contesto complicato in cui “la salute non è uguale per tutti”.
Di più: le disuguaglianze rischiano di aggravarsi fra Piano della cronicità inattuato, Livelli di assistenza fermi e il rischio dell’autonomia differenziata. È quanto denuncia oggi Cittadinanzattiva nel Rapporto sulle politiche della cronicità, presentato dal CnAMC, ossia il Coordinamento nazionale delle circa 100 associazioni di malati cronici e rari dell’associazione. Il dossier è fatto sulla base delle interviste a 871 pazienti e a 86 presidenti di altrettante associazioni di patologia cronica o rara.
Il titolo del rapporto, giunto all’edizione numero 20, è “Fermi al Piano”. Si tratta, spiega Cittadinanzattiva, del Piano nazionale della cronicità, di cui quasi il 36% delle associazioni denuncia la mancata attuazione e il 15% l’attuazione soltanto in alcuni territori. Le regioni che prevedono una presa in carico in base a quanto previsto dal Piano sono nell’ordine: Lombardia e Veneto (per il 56% dei rispondenti); Emilia-Romagna (50%); Piemonte e Toscana (47%); Lazio (43%); Puglia (31%); Liguria (25%); Marche (22%); Campania (19%); Abruzzo, Sardegna, Sicilia e Umbria (9%); Basilicata, Calabria, Molise (3%).
La mancata attuazione del Piano si riverbera sull’assenza dei cosiddetti PDTA, i Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali che disegnano il modello di cure più adeguato e personalizzato sulla base delle esigenze delle persone: una associazione su tre denuncia l’assenza di questi percorsi.
Tempi lunghi per la diagnosi, cure fuori regione per i malati rari. Fra Piano della cronicità inattuato, LEA fermi al palo. Sono questi alcuni dei dati che emergono dal nostro XX Rapporto sulle politiche della cronicità
Scarica il rapporto https://t.co/ceK04TN8dE pic.twitter.com/btxf71218G— Cittadinanzattiva APS (@Cittadinanzatti) December 13, 2022
Malati cronici e rari, il percorso a ostacoli dei pazienti
Secondo dati ISTAT 2022, 4 italiani su 10 soffrono di almeno una malattia cronica e 2 su 10 di due o più malattie croniche. In Europa si stima che le persone con malattia rara siano dai 20 ai 30 milioni e che in Italia ci siano circa 2 milioni di malati rari, molti in età pediatrica.
Malati cronici e rari vivono un percorso a ostacoli dalla diagnosi alla cura e devono sborsare di tasca propria per le visite di controllo e l’assistenza psicologica.
«Più di un cittadino su tre con patologia cronica ha atteso oltre dieci anni per arrivare alla diagnosi – denuncia Cittadinanzattiva – e uno su quattro fra chi soffre di una malattia rara deve spostarsi dal proprio luogo di residenza per curarsi. Le liste di attesa, ancora allungate dalla crisi pandemica, pesano sulla salute dei cittadini affetti da queste patologie, in particolare oltre la metà di essi denuncia tempi lunghi di attesa per gli esami diagnostici e per le visite di controllo. E resta la chimera del supporto psicologico che due terzi dei pazienti devono pagare di tasca propria».
La salute non è uguale per tutti
La prima denuncia delle associazioni che hanno risposto al dossier è che la salute non è uguale per tutti. Per oltre l’80 % di loro, la disuguaglianza fra i territori sta nella modalità di gestione delle prenotazioni e dei tempi di attesa; per il 78,6% nella garanzia di un sostegno psicologico e nelle differenze nel riconoscimento di invalidità, accompagnamento ed handicap; per circa il 76% nella presenza o meno di Centri specializzati e di Rete; per il 73% nella diffusione a macchia di leopardo dei servizi di telemedicina, teleconsulto, monitoraggio online e, nella stessa percentuale, nella presenza di percorsi di cura o PDTA; per il 50% nell’accesso all’innovazione.
«Per porre un freno alle disuguaglianze sanitarie che attraversano il nostro Paese in maniera così importante – dice Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva – abbiamo un decreto da accelerare e una riforma da frenare: nel primo caso ci riferiamo al Decreto Tariffe, del quale da mesi chiediamo con urgenza l’approvazione al fine di “sbloccare” i Livelli essenziali di assistenza, fermi al 2017; nel secondo alla riforma dell’autonomia differenziata che – per salvaguardare la tenuta del SSN e garantire uguali diritti per tutti i cittadini – richiederebbe, come del resto previsto dalla Costituzione, adeguati contrappesi preventivi, in mancanza dei quali è impossibile anche solo parlarne».
Diagnosi tardive e cure fuori regione per i malati cronici e rari
Fra i pazienti intervistati, più di un paziente su tre ha atteso oltre 10 anni dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi e quasi uno su cinque da 2 a 10 anni. I motivi dei ritardi nella diagnosi sono, per due pazienti su tre, la scarsa conoscenza della patologia da parte del medico di famiglia o del pediatra, per oltre la metà la sottovalutazione dei sintomi, per il 45%circa la mancanza di personale specializzato sul territorio, per quasi il 26% le liste di attesa.
Solo il 39% di coloro che hanno una patologia rara è in cura presso un centro che parte della rete delle malattie rare, istituita nel 2001. In sintesi, più del 60% dei malati rari non riceve cure standardizzate sul territorio e un ulteriore 17,5% si affida a un centro privato.
Chi ha una patologia rara spesso deve fare chilometri per curarsi – è il grande problema della mobilità sanitaria. Circa il 27% è costretto a spostarsi presso un’altra regione. Il 38% dichiara di migrare per ricevere le cure di cui ha bisogno verso la Lombardia, il 14% verso il Lazio, la Liguria e la Toscana, il 9,5% verso l’Emilia-Romagna, circa il 5% verso Campania e Veneto.
Per cosa si paga di tasca propria
Malati cronici e rari si scontrano ancora con i problemi delle liste di attesa, per la diagnosi e per il follow up, e con quelli legati alle spese di tasca propria necessarie per curarsi, per farlo nei tempi giusti e per ricevere assistenza psicologica, la prima voce in assoluto che sono costretti a pagarsi in privato.
La difficoltà di accesso per le lunghe liste di attesa è uno dei primi problemi che, per i pazienti intervistati, riguardano per circa il 60% l’accesso alle prime visite specialistiche e agli esami diagnostici; per il 55% le visite di controllo/follow-up; per circa il 43% i lunghi tempi per il riconoscimento dell’invalidità civile o accompagnamento.
«Ed è proprio la necessità di fare esami e visite in tempi giusti – spiega Cittadinanzattiva – a determinare costi privati per i cittadini: lo segnala il 67% di essi, preceduto dal supporto psicologico dichiarato come ambito di costo privato dal 76% circa dei pazienti. Si paga di tasca propria anche per la prevenzione terziaria e parafarmaci (51%), per l’adattamento dell’abitazione alle esigenze di cura (33%), per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati dal SSN (37%), per protesi ed ausili non riconosciuti o insufficienti (circa 36%); per la retta delle strutture residenziali e/o semiresidenziali (circa il 19%)».