
Inquinamento da PFAS, le vittime chiedono di essere ascoltate da Ursula von der Leyen (Foto Pieter_Geens_WeMove Projectie Berlaymontgebouw)
Inquinamento da PFAS, le comunità colpite chiedono di essere ascoltate da Ursula von der Leyen
Le comunità colpite dall’inquinamento da PFAS in Francia, Germania, Italia, Belgio e Paesi Bassi chiedono un incontro urgente alla presidente della Commissione europea per vietare gli “inquinanti per sempre”
Le comunità colpite dall’inquinamento da PFAS tornano a chiedere la messa al bando di queste sostanze, le forever chemicals, con una settimana di mobilitazione in tutta Europa. La scorsa notte hanno proiettato un grande striscione sulla facciata dell’edificio Berlaymont con il messaggio BAN PFAS. Chiedono inoltre di essere ascoltate dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
PFAS, lettera alla presidente della Commissione
Le comunità colpite dalla contaminazione da PFAS in Francia, Germania, Italia, Belgio e Paesi Bassi, sostenute dall’European Environmental Bureau e da WeMove Europe, hanno inviato una lettera alla presidente della Commissione europea chiedendo un incontro urgente per evidenziare il grave impatto dei PFAS sulla salute pubblica e sull’ambiente.
«L’inquinamento da PFAS ha avuto conseguenze devastanti, danneggiando la salute delle persone e l’ambiente – denunciano – Vogliamo presentare le nostre testimonianze di prima mano direttamente alla Presidente della Commissione europea per sollecitare un’azione immediata sulla legislazione sulle sostanze chimiche».
Nella lettera le comunità denunciano che “l’inquinamento da PFAS ha messo in pericolo le comunità europee, con 23.000 siti contaminati da PFAS solo in Europa, compresi più di 2.100 siti considerati “hotspot di PFAS” in tutto il continente. Quelli di noi che vivono vicino a questi siti, insieme ai nostri figli, sopportano un fardello tossico cento volte superiore alla media dei cittadini europei. L’impatto sulla nostra salute, l’ambiente e i mezzi di sussistenza sono stati profondi ed è necessaria un’azione urgente per affrontare questo problema disastro in corso”.
La lettera chiede di sostenere “iniziative coraggiose”: mettere al bando i PFAS con una restrizione universale; il monitoraggio e la bonifica dell’acqua e del suolo contaminato; ristoro e risarcimento psicologico, sanitario, legale e finanziario “a coloro che sono stati danneggiati da decenni di negligenza, garantendo giustizia e sollievo alle vittime”; la garanzia che gli inquinatori paghino i costi di monitoraggio, bonifica e risarcimento. Fra le azioni anche quella di accelerare lo sviluppo e l’adozione di alternative sicure ai PFAS.

Gli inquinanti per sempre
I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) sono una famiglia di oltre 10.000 sostanze chimiche artificiali, quasi indistruttibili senza azione umana, persistenti negli organismi viventi e collegati a numerose malattie. Sono note come “forever chemicals”, “sostanze chimiche per sempre” e sono stati collegati a cancro, infertilità, malattie della tiroide, obesità, soppressione del sistema immunitario e molti altri disturbi. Per diversi scienziati rappresentano il “veleno del secolo” per gli esseri umani e l’ambiente. L’inquinamento da PFAS viene considerato la “peggiore crisi di inquinamento che l’umanità abbia mai affrontato”.
L’azione delle vittime da PFAS, si legge in una nota, arriva in risposta ai “recenti risultati allarmanti del Forever Lobbying Project, che rivelano come l’industria dei PFAS abbia, per decenni, esercitato pressioni con successo per ritardare e indebolire le normative necessarie su queste sostanze chimiche altamente pericolose, mettendo a repentaglio la salute e il benessere di tutti gli europei”.
Per oltre un anno, il Forever Lobbying Project ha infatti indagato su “una campagna di lobbying e disinformazione orchestrata in corso dall’industria dei Pfas e dai suoi alleati” volta ad annacquare la proposta dell’Ue di vietare queste sostanze. L’indagine transfrontaliera ha rivelato anche il costo abnorme che richiederà la bonifica della contaminazione da PFAS in tutta Europa se le emissioni rimarranno senza restrizioni: 2 trilioni di euro in un periodo di 20 anni, pari a una bolletta annuale di 100 miliardi di euro.
Veneto, la lotta della Mamme No PFAS
Fra le comunità coinvolte c’è l’Italia con le Mamme no PFAS del Veneto, che si sono accampate davanti al tribunale durante il processo Miteni a Vicenza.
«Non avrei mai immaginato che i miei figli avrebbero avuto sostanze cancerogene nel sangue solo per aver bevuto l’acqua della falda acquifera o mangiato il cibo del nostro territorio – denuncia Cristina Cola, di Trissino in provincia di Vicenza (Italia), delle Mamme No PFAS – Trovo inaccettabile che il profitto di pochi abbia causato conseguenze disastrose per la salute di almeno 350.000 persone e abbia rovinato per sempre l’ambiente in cui viviamo”.
Nella lettera alla Commissione europea c’è anche la testimonianza di Michela Piccoli delle Mamme no PFAS: «I PFAS sono una bomba innescata nel corpo dei nostri figli, non sai quando esploderà, non sai quale organo colpirà – se il sistema riproduttivo, la tiroide, il cuore, i reni o qualsiasi altra cosa. Hai la certezza che sono nel sangue e nei tessuti. Queste molecole non devono essere lì. Quando le istituzioni sono incapaci di proteggere i nostri figli, tocca a noi madri».
In Veneto nel 2013 si è scoperto che la falda acquifera era inquinata da PFAS. Un’emergenza ambientale senza precedenti su un’area in cui vivono 350 mila persone. Secondo la Relazione del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso (13 giugno 2017) che ha dato il via all’indagine da parte della Procura, l’inquinamento è imputabile alla ditta Miteni di Trissino e perdura da oltre 40 anni. Oggi l’azienda è chiusa dopo aver dichiarato fallimento nel 2018 ma l’inquinamento rimane, mentre prosegue il processi Miteni. A febbraio inizieranno la requisitoria del pubblico ministero e le arringhe delle parti civili e delle difese.
