Influenza aviaria, CIWF: “È come una bomba a orologeria” (Foto Pixabay)

«L’influenza aviaria è come una bomba a orologeria. Se non apriamo gli occhi e agiamo prontamente per mettere fine all’allevamento intensivo, non avremo alcuna possibilità di fermare la rapida diffusione di questo virus nel mondo o di ridurre il rischio che si sviluppi una grave pandemia umana»: è quanto ha detto Peter Stevenson, autore di un recente recente del CIWF (Compassion in Worl Farming) sull’influenza aviaria o bird flu, e Chief Policy Adviser di Compassion in World Farming.

Per l’associazione, impegnata a chiedere lo stop agli allevamenti intensivi, “senza riforme radicali del settore zootecnico, non sarà possibile mettere un freno alla diffusione dell’influenza aviaria e ridurre il rischio di una pandemia umana globale”.

Influenza aviaria e riforme agricole

Il nuovo report si chiama Bird flu: Only major farm reforms can end it (Influenza aviaria: solo grandi riforme agricole possono porvi fine) ed è stato pubblicato nei giorni scorsi dall’associazione. Fra i casi di studio c’è anche l’Italia.

Secondo lo studio (qui la sintesi in italiano) gli uccelli selvatici sono le vittime e non l’origine della malattia, sfuggita a qualsiasi controllo a causa dell’aumento degli allevamenti intensivi. Nel report, CIWF si rivolge ai governi perché mettano in atto un piano d’azione in tre punti:

  1. Attuare una vaccinazione di massa dei volatili per rallentare la diffusione.
  2. Ristrutturare radicalmente l’industria avicola, adottando sistemi che prevedano un minor numero di animali e una minore densità di allevamento, scegliendo razze più robuste ed evitando la concentrazione di allevamenti nella medesima area, per ridurre il rischio che sorgano e si diffondano ceppi altamente patogeni.
  3. Cambiare il sistema di allevamento dei suini, dal momento che i suini allevati intensivamente possono agire come “ospiti intermedi” per creare nuovi virus che colpiscono suini, uccelli ed esseri umani.

“Sebbene il numero riportato di uccelli selvatici uccisi dall’influenza aviaria si aggiri intorno alle decine di migliaia, si crede che la cifra reale sia molto più alta: si tratterebbe di milioni di esemplari – spiega l’associazione – Fino a pochi anni fa, l’influenza aviaria che circolava fra i volatili selvatici causava loro pochi danni. Il virus, tuttavia, una volta entrato nei capannoni degli allevamenti avicoli intensivi – spesso portato da scarpe, abbigliamento o strumentazione contaminati degli operatori – può evolvere nella pericolosa influenza aviaria altamente patogena (HPAI)”.

La diffusione dell’influenza aviaria

Dal 2021, riporta l’associazione, oltre mezzo miliardo di volatili allevati a scopo alimentare sono morti o sono stati abbattuti a livello globale a causa dell’influenza aviaria. La maggior parte di essi erano polli broiler allevati per la loro carne, ammassati nei capannoni sovraffollati degli allevamenti intensivi, o galline allevate per la produzione di uova, rinchiuse in gabbie della dimensione di un foglio di carta A4.


L’influenza aviaria non colpisce solo i volatili. CIWF ricorda che la patologia si è diffusa fra i mammiferi, infettando fra le varie specie anche lontre, volpi, delfini, leoni marini, visoni, e cani e gatti domestici. Ha sviluppato l’abilità di diffondersi da un visone all’altro – cosa che in precedenza non era in grado di fare fra i mammiferi. Se il virus sviluppasse la stessa capacità di diffondersi fra gli esseri umani diventerebbe un vero e proprio rischio pandemico.

Lo scorso luglio un allarme è arrivato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH). “I virus dell’influenza aviaria normalmente si diffondono tra gli uccelli, ma il numero crescente di rilevamenti di influenza aviaria H5N1 tra i mammiferi, che sono biologicamente più vicini agli esseri umani rispetto agli uccelli, accresce la preoccupazione che il virus possa adattarsi per infettare gli esseri umani più facilmente”, ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità.


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)