Accesso alla salute spezzettato in tante parti quante sono le Regioni d’Italia. E disuguaglianze, ancora troppe, nell’accesso ai servizi sanitari da parte dei cittadini. Le differenze ci sono in tanti campi: nei tempi di attesa dei mezzi di soccorso, nelle coperture vaccinali, nell’adesione agli screening oncologici, nell’erogazione dei farmaci, nelle liste d’attesa. La spaccatura fra Nord e Sud è solo una delle fratture che attraversa la sanità italiana, secondo quando emerge dalla mole di dati presentati oggi da Cittadinanzattiva con l’Osservatorio civico sul federalismo in sanità.

“Sebbene al Sud si concentrino le regioni con maggiori problematicità, si riscontrano anche eccezioni positive nel Meridione, così come Regioni del Nord che faticano più del passato a mantenere  i livelli di performance nell’erogazione dei servizi sanitari ai cittadini – dice l’associazione – È il caso, ad esempio, della copertura vaccinale per l’infanzia dove, per le vaccinazioni obbligatorie da anni (polio, difterite, tetano e epatite B), le regioni virtuose sono Abruzzo, Molise e Basilicata e ai livelli inferiori troviamo il Friuli Venezia Giulia e la P.a. di Bolzano”.

“Serve subito un programma di azione per il contrasto alle disuguaglianze in sanità che aggredisca la questione del profondo rosso per il diritto alla salute al sud; per la riduzione delle iniquità che attraversano tutto il nostro paese, nelle regioni benchmark e non, dalle periferie urbane alle aree interne. Serve un piano che abbia obiettivi, azioni, tempi precisi e un sistema di monitoraggio, condiviso tra Stato e Regioni, con il coinvolgimento delle organizzazioni civiche e dei professionisti socio-sanitari – ha detto Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di CittadinanzattivaL’Italia infatti, continua ad essere spaccata in due, aumentano le regioni che non sono in grado di rispettare i Livelli essenziali di assistenza, nonostante l’affiancamento dei Ministeri preposti”.

Cosa emerge dal rapporto? Una situazione molto frammentata e un diverso accesso dei cittadini alle cure. Laddove poi i livelli essenziali di assistenza siano più critici, e la tassazione più elevata, si registra anche un maggior numero di persone che rinuncia alle cure. Nel 2015 sono passate da tre a cinque le regioni che non rispettano i Lea nonostante l’attuale sistema di affiancamento dei ministeri competenti: al Molise, Calabria e Campania, che versa in condizioni di particolare criticità, si aggiungono Puglia e Sicilia. In alcune regioni, a Lea più deboli e servizi critici corrispondono livelli di tassazione Irpef più alti e le Regioni inadempienti ai Lea, ad eccezione della Calabria, hanno aumentato l’Irpef tra il 2013 e il 2015.  Nel 2015 si oscilla tra i 620 euro di addizionale Irpef media per contribuente del Lazio ai 460 di Campania e Molise, ai 360 della Toscana, ai 300 del Veneto, sino ai 270 della Basilicata. Rilevante l’aumento dal 2013 al 2015 nel Lazio (470 euro / 620 euro), Piemonte (410 euro / 510 euro) e Liguria (360 euro / 400 euro). La quota di ticket procapite sostenuta dai cittadini varia anch’essa: nel 2016 si passa dai 32,9 euro della Sardegna ai 96,4 euro della Valle d’Aosta, passando per i 60,8 euro del Veneto, secondo i dati della Corte dei conti.

Il numero di persone che rinuncia alle cure è aumentato ed è maggiore al Sud. Dice Cittadinanzattiva: “Le Regioni con quote procapite di finanziamento del SSR inferiori, con punteggi LEA più critici e con livelli Irpef più elevati, hanno anche una spesa privata procapite più bassa, e un tasso di rinuncia alle cure più alto, in altre parole un’iniquità sotto gli occhi di tutti: infatti la spesa privata della Campania e della Sardegna ammonta rispettivamente a circa 304 euro e 354 euro annui, contro i 798 euro della Valle d’Aosta e i 781 euro della Lombardia. Come se non bastasse secondo ISTAT la quota di persone che ha rinunciato ad una visita specialistica negli ultimi 12 mesi è cresciuta tra il 2008 e il 2015 dal 4% al 6,5% della popolazione. Il fenomeno appare più accentuato nel mezzogiorno che passa dal  6,6% nel 2008 al 10,1%”.

Le liste di attesa continuano a essere una piaga diffusa e stanno aumentando, non solo al Sud. Le attese più lunghe, dice Cittadinanzattiva, sono per la mammografia che chiede in media 122 giorni nel 2017, quattro mesi, anche se si va dagli 89 giorni del Nord Ovest ai 142 giorni richiesti al Sud e nelle Isole. Per una visita oculista si deve aspettare 87 giorni in media, con attese che variano da 74 giorni al Sud-Isole ai 104 giorni nel Nord Est. Varia pure l’impatto di ticket e superticket. Anche in questo caso, regione che vai, ticket che trovi. “Per una visita specialistica si passa dai 16,5 euro delle Marche ai 29 del Friuli Venezia Giulia, per l’analisi dell’ormone della tiroide (TSH) si passa dai 5,46 della Liguria ai 13,22 della Sardegna. Per quanto riguarda il superticket sulla ricetta, solo Basilicata, Sardegna e Provincia autonoma di Bolzano non lo applicano, 8 Regioni (Abruzzo, Liguria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) applicano la quota aggiuntiva di 10 euro su ogni ricetta, le restanti applicano misure alternative alla quota fissa”.

La prevenzione, dice Cittadinanzattiva, “è ancora una cenerentola”. Il focus in questo caso è su adesione agli screening e coperture vaccinali, che risentono di pesanti differenze regionali. Il quadro sulle vaccinazioni dice che “su nessuna vaccinazione dell’infanzia, l’Italia raggiunge in tutte le Regioni la copertura raccomandata del 95%. Nemmeno sulle quattro obbligatorie da anni, cioè polio, difterite, tetano ed epatite B, dove comunque le differenze regionali sono notevoli: virtuose Abruzzo, Molise e Basilicata (copertura superiore al 97%), Calabria e Sardegna (copertura superiore al 95%), ai livelli inferiori il Friuli Venezia Giulia (89%) e la P.a. di Bolzano (85%). Per quanto riguarda Morbillo-Parotite-Rosolia la copertura media si attesta all’87%, le Regioni con copertura più elevata sono Lombardia (>93%) e Piemonte (>91%); sono ad oltre il 90% Sardegna e Basilicata. I livelli più bassi si registrano nella Provincia Autonoma di Bolzano (>67%) e Molise (73,51%)”. La copertura del vaccino antinfluenzale si ferma a poco più del 50% in media nazionale, anche se è maggiore in Umbria col 63,1% e raggiunge il dato più basso nella Provincia Autonoma di Bolzano 37,3%.

Anche l’adesione agli screening è frammentata e varia. Basti citare a titolo di esempio lo screening per la mammografia, dove le disuguaglianze territoriali sono tali che l’invito al Nord raggiunge oltre 9 donne su 10, poco meno di 9 donne su 10 al Centro e solo 6 donne su dieci al Sud. Il maggior numero di donne che ha eseguito la mammografia nel periodo 2013 – 2015, all’interno dei programmi di screening si registra in Emilia Romagna (78%), seguita dalla Provincia Autonoma di Trento (77%).  A distanza di 10 punti percentuali (tra il 69% e il 67%) si collocano Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Umbria, Toscana, Valle d’Aosta, Basilicata. Il numero assoluto più basso di donne che ha eseguito una mammografia (sia all’interno sia all’esterno dei programmi di screening) si registra in Campania (50%), Calabria (51%), Sicilia (51%).

 

Notizia pubblicata il 19/10/2017 ore 17.01


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