Embrioni per ricerca scientifica, legge 40 torna davanti alla Consulta
La legge 40 sulla procreazione assistita torna di nuovo davanti alla Corte Costituzionale. Questa volta – l’udienza è fissata per il prossimo 22 marzo – la Consulta è chiamata a pronunciarsi sul divieto di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica. Il nodo riguarda dunque la possibilità di destinare alla ricerca, col consenso della coppia, gli embrioni frutto della fecondazione ma che non possono essere impiantati perché hanno gravi patologie. In vista di questo appuntamento l’associazione Luca Coscioni ha lanciato una petizione per la libertà di ricerca sulle staminali embrionali.
Questo tipo di ricerca è oggi vietata dalla Legge. A sottoporre la questione alla Corte Costituzionale, sintetizza l’Ansa, è il tribunale di Firenze, nell’ambito di una causa su una coppia che ha effettuato più cicli di procreazione medicalmente assistita sempre con esito negativo e produzione di embrioni malati. La legge torna dunque di nuovo davanti ai giudici dopo che, nel tempo, è stata di fatto smantellata in diversi punti: basti ricordare che il divieto di produzione di più di tre embrioni e l’obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti sono stati rimossi dalla Corte Costituzionale nel 2009; il divieto di fecondazione eterologa è stato cancellato con sentenza della Corte Costituzionale del 2014; il divieto di accesso alla fecondazione assistita per le coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche è stato cancellato nel maggio 2015.
Ora, il 22 marzo, la Corte Costituzionale sarà chiamata a decidere sulla possibilità, oggi vietata in Italia, di utilizzare per la ricerca scientifica i pre-embrioni altrimenti destinati a rimanere crioconservati. Per l’occasione l’associazione Luca Coscioni ha lanciato una petizione perché questo divieto sia eliminato. “La ricerca sulle staminali embrionali è fondamentale per ricercare cure su malattie che colpiscono milioni di persone – scrive l’associazione Coscioni – Qualunque sia la decisione della Corte, il Parlamento italiano potrebbe in ogni caso intervenire per rimuovere un divieto che danneggia sia la ricerca che la salute. Chiediamo al Parlamento italiano ed al Governo di presentare ed approvare le necessarie proposte legislative e regolamentari al fine di garantire la libertà di ricerca scientifica sugli embrioni non idonei per una gravidanza”. Nel nostro paese, prosegue l’associazione, questi embrioni sono condannati alla distruzione, mentre i ricercatori italiani li importano dall’estero per poter continuare a cercare la cura per molte patologie gravi, ma anche per quelle più diffuse come il diabete.