Sanità ai tempi del Covid, prevenire è meglio che curare
Il piano nazionale pandemico e l’appello per la vaccinazione, la sanità ai tempi del Covid deve puntare sulla prevenzione
Conclusa la fase 1 di lockdown durata quasi 3 mesi, il 18 maggio siamo entrati a pieno regime nella fase 2, liberi di girare per la regione di appartenenza senza avere nulla da dichiarare. A che punto siamo con l’emergenza sanitaria? E soprattutto, siamo davvero pronti per una ripartenza ampia, che oltre a essere economica, sia anche di riorganizzazione sanitaria?
La salute oltre a essere tutelata come diritto fondamentale dalla nostra Carta costituzionale è garantita anche dalla Carta di Ottawa come un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è aspetto fondamentale della qualità della vita. La salute insomma è un bene prezioso da difendere a tutti i costi e da considerarsi bene comune globale, di eguale valore per tutti, senza differenze tra i cittadini.
L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 in pochi mesi ha cambiato il nostro stile di vita ormai obsoleto e le nostre vite aprendoci a nuovi scenari futuri, di medio e di lungo periodo, che dovrebbero esserci di stimolo per costruire e ridisegnare nuove opportunità, soprattutto nel campo della sanità, anche in considerazione degli errori pregressi. Siamo davanti a un treno da prendere al volo, al fine di poter garantire diritti più certi e omogenei in particolare nel nostro Paese, abitato da un federalismo sanitario che in un periodo emergenziale come quello che stiamo vivendo è un modello che non funziona e che, tra le altre cose, ha acuito disuguaglianze già in essere.
Le pandemie e il piano nazionale pandemico
In questo preciso momento storico, la domanda che sorge spontanea è se fino a oggi è stato fatto abbastanza o si poteva fare di più? E cosa è opportuno far prevalere? L’assenza ripetuta e costante in questi ultimi anni di un investimento del nostro Servizio Sanitario Nazionale e di una sua implementazione è senza dubbio da ascrivere a una delle cause che ha generato gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Ma anche la mancanza di un piano nazionale pandemico incentrato su un programma di prevenzione e di salute pubblica ha contribuito a farci trovare impreparati davanti a una emergenza sanitaria di questa portata non riuscendo a garantire una gestione pienamente efficace rispetto alle effettive esigenze di salute dei cittadini.
Proprio a causa delle precedenti pandemie che si sono verificate negli ultimi cento anni a intervalli di tempo imprevedibili (nel 1918 Spagnola, virus A, sottotipo H1N1; nel 1957 Asiatica, virus A, sottotipo H2N2; nel 1968 Hong Kong, virus A, sottotipo H3N2 e nel 2003, da quando il virus A/H5N1della influenza aviaria ha causato infezioni gravi anche negli uomini), è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale.
Dal 2005, inoltre, alcuni focolai di influenza aviaria sono stati riscontrati anche in Europa, motivo che ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a raccomandare a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo le linee guida concordate. Secondo l’OMS, che ha dichiarato lo stato di pandemia globale per il Covid-19 dopo l’evidenza di un contagio globale divenuto serio e fuori controllo, “una pandemia è la diffusione mondiale di una nuova malattia” e si verifica quando un nuovo virus influenzale emerge e si diffonde in tutto il mondo e la maggior parte delle persone non ha immunità.
L’ultima pandemia globale dichiarata dall’OMS risale al giugno 2009 quando si diffuse il virus A/H1N1della Suina che costrinse anche l’Italia a correre ai ripari.
Sanità ai tempi del Covid, cosa non ha funzionato
Ma allora cosa non ha funzionato per l’attuale emergenza Covid-19? Nel nostro Paese sembra essere mancato per anni un piano pandemico aggiornato che avrebbe potuto prevenire e garantire a pieno il diritto alla salute evitando le migliaia di contagi e di decessi che si sono verificati.
Obiettivo principale del piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale è di rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia o ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
Tra le misure di sanità pubblica previste in uno degli ultimi piani del Ministero della Salute per ridurre il rischio di contagio sono indicati ad esempio, i dispositivi di protezione individuale.
Il principio ispiratore del Piano deriva dall’assunto che emergenze globali richiedono risposte coordinate e globali, dove il momento di pianificazione deve essere condiviso dai responsabili delle decisioni ed il momento dell’azione deve essere conosciuto prima del verificarsi dell’evento in modo che ognuno sia in grado di “giocare” il suo ruolo e le sue responsabilità. Una pandemia influenzale costituisce una minaccia per la sicurezza di un intero Paese, ecco perché il coordinamento condiviso fra Stato e Regioni e la gestione coordinata costituiscono garanzia di armonizzazione delle misure con quelle che, raccomandate dall’OMS, verranno intraprese da altri Paesi.
C’è da dire che anche nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 è evidenziata l’importanza fondamentale dell’azione preventiva finalizzata a ridurre la frequenza di infezioni/malattie infettive prioritarie.
Con la nomina di Giovanni Rezza a nuovo Direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, l’auspicio è che ci potrà essere una maggiore attenzione al tema della prevenzione in generale, con una cura particolare alle pandemie che fino a oggi, vuoi per la globalizzazione, vuoi per una mancanza di un investimento congruo del SSN, in questi anni sembrano aver minato, con una carica virale elevata, la salute dei cittadini.
Cosa si può fare in attesa del vaccino
In attesa di un vaccino specifico per il Covid-19 cosa è possibile fare? Di sicuro sarà opportuno vaccinare nei prossimi mesi le persone più fragili, come over 65 e malati cronici, per evitare di esporli a un possibile rischio in caso di una seconda ondata di emergenza Covid-19, ma anche ripensare al valore della vaccinazione ampliando ad esempio, il target della popolazione.
Va in questa direzione l’appello che Cittadinanattiva e FIMMG hanno rivolto al ministro Speranza e alle Regioni affinché si parta sin d’ora con la necessaria organizzazione di una campagna vaccinale straordinaria. Sulla scorta di quanto raccomandato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, Antonio Gaudioso (segretario generale Cittadinanzattiva) e Silvestro Scotti (segretario generale FIMMG) spronano il Governo e le Regioni affinché si pensi ora a mettere in piedi una campagna vaccinazione antinfluenzale e anti-pneumococcica che parta in anticipo, ad ottobre, e che preveda l’abbassamento a 55 anni della somministrazione gratuita.
Indicazioni queste che comportano la necessità di approvvigionamenti addizionali di vaccini antinfluenzali. Il rischio potrebbe essere quello di trovarsi a ottobre prossimo con scorte insufficienti di vaccini, ripetendo così l’esperienza drammatica dei dispositivi individuali di protezione nei giorni più caldi della pandemia da Coronavirus.
Per questo è assolutamente necessario che le Regioni approntino in tempi certi una stima aggiornata del fabbisogno di vaccino in stretto coordinamento con il Ministero della Salute e al contempo siano emanate le raccomandazioni necessarie in tema di prevenzione e controllo dell’influenza, per una migliore programmazione a livello regionale.
Le raccomandazioni dal Ministero non si fanno attendere, infatti viene emanata la Circolare ”Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2020-2021” a oggi ancora sottoposta al parere del Consiglio Superiore di Sanità prima di passare all’attenzione del Ministro per le determinazioni finali. Si vuole così ribadire l’importanza della vaccinazione antinfluenzale, in particolare nei soggetti ad alto rischio, al fine di poter semplificare la diagnosi e la gestione dei casi sospetti, considerati i sintomi simili tra Covid-19 e influenza.
Vaccinazioni, l’appello di Cittadinanzattiva
Il documento del Ministero è un primo segnale positivo se contestualizzato allo stato attuale di emergenza sanitaria e alla situazione frastagliata presente nel nostro Paese sul tema della vaccinazione. Inoltre, una recente indagine di Cittadinanzattiva sui servizi di prevenzione fa emergere infatti, una situazione disomogenea tra le Regioni, ma anche all’interno della stessa Regione.
“Si intervenga subito, e si riprendano le campagne vaccinali, come ricorda Oms, estremamente importanti anche in questa fase”. Dichiara ancora Antonio Gaudioso, “Sospendere le vaccinazioni è un controsenso”, “non solo perché rimanda all’idea che non siano prestazioni essenziali, dopo tutti gli anni spesi per farne comprendere l’importanza. Ma anche perché si rischia il ritorno di patologie gravi come morbillo o meningiti, o di esporre a potenziale insorgenza di tumori bloccando vaccinazioni come quella per l’HPV e Epatite B. Non si può accettare che l’incapacità di organizzare spazi e modalità che rispondano alle esigenze emerse post Sars-Covid2 venga fatta pagare ai cittadini, semplicemente chiudendo servizi. Si piò ricorrere a soluzioni organizzative alternative che possano quindi garantire continuità nel servizio”.
L’attuale emergenza sanitaria insomma, ci pone diversi interrogativi e ci spinge a immaginare e ridisegnare un nuovo modello sanitario dove la prevenzione sia al centro dell’interesse per la salute dei cittadini.