Dal periodo pre-crisi economica (1998-2002) a quello della crisi (2008-2012) sono aumentate le condizioni di rischio per la salute, in particolare diabete, obesità e ipercolesterolemia, fra le persone meno abbienti. Nella diffusione di alcune patologie le abitudini di vita sono collegate al reddito e alla scolarizzazione: stili di vita meno salutari spesso si accompagnano a un minore reddito e a un minore livello di scolarità. In sintesi: la crisi economica fa male alla salute. Lo conferma uno studio frutto della collaborazione fra Consiglio nazionale delle ricerche e Società italiana per la prevenzione cardiovascolare.
La domanda di partenza era: la crisi economica e la crescita della disoccupazione hanno avuto evidenti conseguenze sui consumi e sullo stile di vita delle persone colpite, ma tale ricaduta incide anche sulla salute? Lo studio ‘Impatto della crisi economica sulla prevenzione cardiovascolare’, coordinato da Gaetano Crepaldi dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova (In-Cnr) e da Maria Grazia Modena dell’Università di Modena-Reggio Emilia, ha provato a dare alcune risposte a questo interrogativo. Nel confronto tra i dati del periodo precedente la crisi, dal 1998 al 2002, e quelli del 2008-2012, emerge un aumento di condizioni a rischio. Inoltre, salute e buone abitudini appaiono correlate con reddito e scolarità.
Tra le persone con minor scolarizzazione a soffrire di diabete nel primo periodo era il 16,3% degli uomini e l’11,6% delle donne, che nel periodo di crisi passano rispettivamente a 17,7% e 13,2%. L’obesità colpiva tra 1998 e 2002 il 21% degli uomini e il 28 delle donne, che nel secondo periodo sono diventati rispettivamente il 29,1 e il 35,5%. L’ipercolesterolemia è cresciuta dal 21,3% dei maschi e 28 delle femmine, rispettivamente al 40 e al 45,6% – sottolinea il ricercatore dell’In-Cnr – Solo nell’abitudine al fumo di sigaretta si registra un calo: negli uomini si passa dal 32,6% al 25,2% e nelle donne dal 19,4% al 18%”.
Lo stesso confronto è stato effettuato sul gruppo di popolazione a più alta scolarizzazione, sempre mettendo a confronto il 1998-2008 con il 2008-2012: in questo caso si registra una situazione più variegata e alcune patologie tendono a ridursi. “La percentuale dei maschi affetti da diabete si riduce dal 9,9% all’8,6% e delle donne dal 4 al 3,7%; l’obesità è invece in crescita sia tra gli uomini, dal 13,4 al 21,8%, che tra le donne dall’11,7 al 17,2%; l’ipercolesterolemia è in calo tra i primi (dal 43,7 il 31,7%) ma in aumento tra le le seconde (dal 22,1% al 32,4%). In calo anche l’abitudine al fumo, che passa negli uomini dal 29,3% al 20,6% e nelle donne dal 26,7% al 21,3%, quest’ultimo è anche l’unico dato in controtendenza nel confronto con le meno scolarizzate, dove fuma il 18%”, spiega Maria Grazia Modena.
Scarso esercizio fisico e alimentazione poco sana, spiegano i ricercatori, spesso si collegano a un reddito minore e a una più bassa scolarizzazione. Secondo Crepaldi, “i dati relativi al 2013 indicano che, tra i più informati a livello nutrizionale, il 35,3% segue la Dieta mediterranea e l’obesità colpisce il 25%, contro il 31% di seguaci di questo tipo di alimentazione e il 41,5% di obesi riscontrati tra i meno informati. La Dieta mediterranea aiuta a prevenire malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore, permette una maggiore disponibilità e utilizzo di micronutrienti e antiossidanti e si dimostra utile al mantenimento di un buono stato di salute”. All’interno dello studio, un approfondimento dell’Istituto superiore di sanità ha evidenziato come le difficoltà economiche abbiano un impatto sulla salute: i consumatori di quantità elevate di alcol sono il 4,5% della popolazione più abbiente e il 5,2% di chi ha difficoltà economiche; a svolgere attività fisica nel tempo libero è rispettivamente il 28,3% delle popolazione più abbiente e il 25,9% di chi ha difficoltà economiche; il consumo di almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno è più elevato (11%) tra i benestanti rispetto a quanti risentono della crisi e hanno meno soldi a disposizione (8,7%).


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