acqua

Si deve agire urgentemente per dare acque dearsenificate e salubri alla popolazione. Torna a ribadirlo l’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment – Italia) di Viterbo, che tiene costantemente accesi i riflettori sulla presenza dell’arsenico nell’acqua di diversi comuni, in particolare nell’Alto Lazio. Le deroghe concesse sono ormai scadute dalla fine dell’anno e, spiega l’Isde, per l’esiguo numero e la loro dislocazione “le cosiddette fontanelle di acqua depurata, sparse un po’ a macchia di leopardo nei comuni della Provincia di Viterbo, sono una risposta tardiva, insufficiente e indecorosa alle necessità e al diritto delle popolazioni di ricevere acqua salubre”.
In una quarantina di Comuni del Lazio dal 1° gennaio 2013 sono scattate le ordinanze dei sindaci che vietano ai cittadini di bere l’acqua del rubinetto. Il termine concesso per la terza e ultima deroga, infatti, è scaduto il 31 dicembre 2012 e i lavori di adeguamento probabilmente non termineranno prima del 2014. La situazione è grave, oltre che preoccupante, visto che diversi Comuni e Regioni chiedono deroghe alla legge dal 2001 e il contenuto di arsenico e fluoruro presente nell’acqua potabile continua a sforare i limiti di legge, pari a 10 microgrammi/litro per l’arsenico.
L’Isde torna a ricordare dati preoccupanti emersi da recenti indagini. Uno studio, denominato “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio, ha documentato una situazione molto grave e preoccupante. “In conclusione, l’indagine evidenzia eccessi di incidenza e mortalità nei Comuni con livelli stimati per il periodo 2005-2010 per patologie associabili ad esposizione ad arsenico (tumori del polmone e della vescica, ipertensione, patologie ischemiche, patologie respiratorie, diabete)”.
Un altro studio (“Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”)  è stato effettuato su volontari residenti in diversi comuni (Acquapendente, Canepina, Capranica, Caprarola, Carbognano, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Farnese, Lubriano, Marta, Montalto di Castro, Orte, Ronciglione, Tarquinia, Tessennano,Vetralla e Viterbo) e ha concluso che  “…valori eccedenti i 15 μg/L per iAs ( arsenico inorganico) e metaboliti sono stati trovati nel 41% dei campioni, evidenziando esposizioni alimentari all’arsenico inorganico superiori alla media della popolazione generale…” .
Serve dunque un intervento urgente, perché sulla questione dell’arsenico si è andati avanti per anni con le deleghe – il Decreto Legislativo 31/2001, in recepimento della Direttiva europea 98/83  ne fissava già nel 2001 il limite massimo in 10 microgrammi/litro, ma attraverso il ricorso della deroga questo limite è stato superato per anni fino ad arrivare, in alcuni casi, a valori di arsenico che hanno raggiunto i 50 microgrammi/litro. Bisogna realizzare, spiega l’Isde, interventi rapidi e risolutivi per la completa dearsenificazione delle acque ad uso potabile, avviare  una informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini delle aree interessate e in particolare per quelli residenti nei Comuni dell’Alto Lazio interessati da questa problematica, e nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie. E bisogna intervenire, nel frattempo, con forme alternative di approvvigionamento idrico quali autobotti per tutta la popolazione e ancor più per malati, donne in gravidanza, neonati e bambini.


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