L’Italia deve ridurre, e tanto, l’uso degli antibiotici in ambito veterinario. Il consumo di antibiotici nella zootecnia è elevatissimo mentre i dati sul fenomeno dell’antibiotico resistenza sono allarmanti. E un gruppo di associazioni denuncia: “La bozza del Piano contro l’antibiotico resistenza del ministero della Salute manca totalmente gli obiettivi sulla riduzione del consumo di antibiotici in zootecnia; l’Italia ha bisogno di target più ambiziosi per tutelare la salute dei cittadini”.

La riduzione del consumo di antibiotici negli allevamenti non dovrebbe limitarsi al 30% ma puntare al ben più ambizioso taglio del 70% entro il 2020. A chiederlo è un gruppo di associazioni, fra le quali Legambiente, WWF Italia e Greenpeace Italia, Ciwf Italia, Altroconsumo, Cittadinanzattiva e Movimento Difesa del Cittadino, che hanno scritto al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini, a cui il ministero della Salute ha trasmesso la bozza di Piano nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico Resistenza.

Già lo scorso giugno le associazioni si erano attivate per denunciare i rischi dell’antibiotico resistenza in Italia. In realtà si tratta di un’emergenza mondiale, rappresentata dal fatto che l’uso inappropriato degli antibiotici ha portato al rapido sviluppo di batteri resistenti ai farmaci antibiotici. La resistenza antimicrobica è diventata una seria minaccia per la salute pubblica, perché rischia di avere come conseguenza l’impossibilità di curarsi con i farmaci esistenti. L’Italia è il terzo più grande utilizzatore di antibiotici negli allevamenti in UE: il 71% degli antibiotici venduti in Italia sono destinati agli animali negli allevamenti intensivi.

L’Italia è fra i primi consumatori di antibiotici in UE e secondo un recente audit dell’ECDC (European Centre for Desease Control) “se il fenomeno dell’AMR non sarà limitato, nel breve futuro alcuni interventi chirurgici chiave saranno compromessi”. Ma, denunciano le associazioni, “il ministero della Salute ha redatto una bozza di piano con obiettivi troppo blandi in ambito veterinario che non affrontano il problema con l’incisività necessaria considerata la gravità della situazione italiana”. Le associazioni si rivolgono ora alle Regioni chiedendo di consultare la bozza e di migliorare il piano “affinché il testo finale adottato consenta, in tempi brevi, di superare ritardi e modelli di gestione che hanno portato l’Italia ad essere tra i Paesi europei più esposti a questa gravissima minaccia”.

Si deve puntare prima di tutto alla riduzione dei consumi. L’ultimo report ESVAC, ad esempio, mostra che la vendita di antibiotici in Italia è stata enorme nel 2014, corrispondente a 359,98 mg/kg pf PCU. La media UE nel 2014 era di 152,9 mg/kg, meno della metà.Sulla base di tali dati, il target di riduzione del 30% in ambito veterinario proposto dalla bozza di piano rischia, soprattutto, di non affrontare la minaccia in modo tempestivo e significativo”, dicono le associazioni, che propongono un target di riduzione che punti ad almeno il 70% entro il 2020.

Chiedono poi di conoscere le fonti usate per stimare i consumi veterinari di antibiotici. “Per quanto noto, non esistono ad oggi dati sul consumo in ambito veterinario – affermano le associazioni – Il piano deve quindi spiegare quali dati di consumo, raccolti da chi e con quale metodo, utilizza relativamente all’anno 2016 per stabilire la riduzione del consumo prevista al 2020”.

A questo si aggiunge la richiesta di abolire l’uso preventivo degli antibiotici in ambito veterinario. “La bozza di piano attualmente non fa nessun riferimento all’uso preventivo e routinario”, dicono le associzioni, per le quali “per essere efficace, il piano deve assolutamente prevedere il divieto dell’uso routinario degli antibiotici, soprattutto nel caso di trattamenti di gruppi in cui nessun animale è malato. Mettere fine all’uso profilattico di routine non comprenderebbe la profilassi non di routine, come l’uso in caso di necessità dell’animale dopo un parto difficile, un’operazione o una ferita. Il piano deve prevedere che qualsivoglia uso preventivo di antibiotici di importanza critica sia assolutamente vietato. Gli antibiotici di importanza critica dovrebbero essere utilizzati solo su singoli animali in cui sia stata testata l’inefficacia di altri antibiotici”.

Se poi si parla di tavoli tecnici con l’industria della carne, la richiesta è quella di evitare ogni possibile conflitto di interesse. “Riguardo alla possibilità di creare tavoli tecnici con associazioni di categoria dell’industria della carne il piano deve garantire che ogni azione sia realizzata direttamente dal Ministero della Salute, dare pari possibilità a tutti gli allevatori di aderire alle azioni per la riduzione del consumo e per l’uso razionale, ed evitare qualsivoglia, anche potenziale, conflitto di interesse”, scrivono le associazioni, chiedendo che nei tavoli siano coinvolte anche le sigle che rappresentano la società civile e si occupano di benessere degli animali.

 

Notizia pubblicata il 19/10/2017 ore 17.03


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