Uova di Pasqua griffate Ferragni, Consumatori fra apprezzamento e critiche
Si chiude con un versamento da 1,2 mln di euro il caso delle uova di Pasqua griffate Ferragni. Codacons: finalmente si blocca connubio fra beneficenza e vendite. UNC: “Basta patteggiamenti, passa il messaggio che basta pagare per risolvere tutto”
“Basta patteggiamenti davanti all’Antitrust” perché in questo modo “ passa il messaggio che basta pagare per risolvere tutto“. Così l’Unione Nazionale Consumatori davanti al caso delle uova di Pasqua griffate Ferragni, vicenda che si è appena conclusa con una serie di impegni presi dalle società dell’influencer, che verseranno 1 milione e 200 mila euro all’impresa sociale I bambini delle Fate. Di diverso avviso il Codacons: “Finalmente si blocca l’assurdo connubio tra beneficenza e vendite di prodotti”, commenta l’associazione.
L’Antitrust ha appena concluso l’istruttoria sulle uova pasquali: le società di Chiara Ferragni verseranno 1,2 milioni di euro all’impresa sociale “I Bambini delle Fate”. Le società coinvolte, insieme a Cerealitalia, si sono impegnate a rinunciare per il futuro a iniziative commerciali che abbiano anche una componente benefica.
Codacons: si chiude con successo operazione trasparenza
Il Codacons si è dichiarata soddisfatta per l’esito della vicenda.
«Si conclude con successo l’operazione trasparenza avviata dal Codacons già nel 2020 per tutelare i cittadini della operazioni di beneficenza opache o ingannevoli – afferma il presidente Carlo Rienzi – Riteniamo corretta la decisione dell’Antitrust di sostituire le sanzioni con donazioni in favore dei soggetti più bisognosi, ma la cosa più importante è che finalmente si blocca l’assurdo connubio tra beneficenza e vendite di prodotti, considerato che le società di Chiara Ferragni si sono inoltre impegnate a separare in modo netto e permanente le attività con finalità commerciali da quelle con finalità benefiche».
UNC: “Basta patteggiamenti davanti all’Antitrust”
Di diverso avviso l’Unione Nazionale Consumatori che parla di una “pessima notizia” perché il caso si chiude patteggiando.
Sostiene infatti il presidente dell’associazione Massimiliano Dona: «Basta patteggiamenti davanti all’Antitrust! Era importante, se c’erano i presupposti, ci fosse una condanna perché questa avrebbe potuto costituire un precedente per futuri casi analoghi. Inoltre avrebbe dato la possibilità ai singoli soggetti danneggiati di agire a tutela dei loro diritti, mentre così facendo passa il messaggio che basta pagare per risolvere tutto».
«Sono troppe – prosegue Dona – le chiusure con impegni di procedimenti che interessano milioni di consumatori, ma questa procedura è troppo comoda per tutti: da un lato l’Antitrust non deve approfondire le indagini, dall’altro l’indagato se la cava con poco, evitando così una condanna»
Per l’associazione rappresenta una criticità anche la separazione delle attività commerciali con quelle benefiche. Perchè?
«Non ha poi alcun senso l’impegno di separare attività commerciali e finalità benefiche. Si rischia, se fosse preso d’esempio, di togliere in futuro risorse alla beneficenza – conclude Dona – Infatti le due cose si possono tranquillamente abbinare, basta dare informazioni corrette, esaustive e veritiere, indicando sui prodotti le finalità dei proventi, il destinatario della beneficenza, l’importo o la quota destinati a quel fine».