Tassa sul junk food, efficace contro l’obesità?
Per ora è solo una ipotesi. Finanziare il Programma straordinario sull’edilizia sanitaria con una tassa sull’alcol e sul junk food, ovvero il cd cibo spazzatura privo di nutrienti ma ricco in zuccheri, grassi e sale. Esperimenti del genere si sono già verificati in alcuni Paesi europei, come la Danimarca e la Francia. Difficile ancora valutarne l’efficacia, ma visto che l’Italia ci sta pensando vale la pena ragionarci sopra. Anche perché proprio il nostro Paese il fenomeno obesità sta diventando serie, soprattutto tra le giovani generazioni. Secondo l’indagine Okkio alla Salute 2008, del Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore della Sanità e in accordo con l’OMS, oltre 1 bambino italiano su 3 che frequenta la terza elementare è obeso o in sovrappeso.
Secondo uno studio condotto dall’Università di Buffalo aumentando del 10% il prezzo dei cd prodotti junk food il consumo degli stessi diminuirebbe del 14,4%. Ci troviamo in questo caso di fronte ad un incremento considerevole del prezzo. Per valutare meglio l’efficacia di una possibile tassa sul cibo spazzatura Help Consumatori ha sentito l’opinione di una serie di esperti del settore.
Nei prossimi giorni presenteremo anche le posizioni di importanti aziende e rappresentanti di categoria della produzione di alimenti.
Margherita Caroli, pediatra esperta in nutrizione e responsabile dell’UO di Igiene della Nutrizione presso la Asl di Brindisi
Da qualche parte bisognerà pur cominciare, ma è evidente che una tassa sul junk food non può essere l’unico strumento per combattere il dilagare dell’obesità soprattutto infantile. Una fat tax è una delle tante vie da intraprendere per combattere l’obesità infantile che andrebbe comunque affiancata ad altre misure quali una riduzione della pubblicità alimentare diretta ai bambini. Sarebbe interessante vedere i risultati una volta che altri paesi seguissero l’esempio di stati come la Danimarca perché in un mondo globalizzato tutte le azioni di sanità pubblica devono essere coordinate a livello internazionale.
Essenziale è agire sul marketing alimentare diffuso a tutti gli strati sociali della popolazione. Difficile immaginare una famiglia con un basso background culturale capire che una bibita zuccherata non può portare la felicità in famiglia. Non solo fermare la diffusione della pubblicità di cibi poco salutare ma anche intervenire con una regolamentazione delle modalità espressive. Pensiamo alla presenza di personaggi dei cartoni animati o famosi in spot di cibi destinate a genitori e bambini. Sarebbe interessante fare un confronto fra quanto viene speso in pubblicità dalle ditte private e quanto in prevenzione sanitaria in termini di comunicazione per la salute pubblica: è una lotta fraDavidee Golia. Le strutture sanitarie hanno bisogno anche di finanziamenti per educare edinformare i cittadini e i bambini sulle regole per una sana e corretta alimentazione.
Roberto La Pira, tecnologo alimentare, direttore de Ilfattoalimentare.it
Tassare la popolazione è il sistema più diffuso per fare cassa ma non sempre per disincentivare i consumi. Spesso si tratta di tasse molto ridotte e quindi poco efficaci. Vedo la possibile imposizione di tributi su bibite zuccherate e gassate, il fast food o le merendine come un gesto simbolico, una notizia. Aumentare di 5 centesimi il pasto di un fast food o una bottiglia di bibite di fantasia non può essere una azione valida per disincentivare i consumi. Diverso sarebbe l’effetto di una pesante tassazione come avviene con le sigarette. Tutto dipende da quel sia l’obiettivo del legislatore: fare cassa o disincentivare il consumo di una categoria di prodotti?
In questo secondo caso la tassa sarebbe uno dei tanti strumenti per raggiungere l’obiettivo. In questo contesto ritengo invece molto utile tassare le pubblicità del cd junk food sia in televisione che su internet. Un altro elemento importante potrebbe essere educare la popolazione facendo capire alla gente che le bibite zuccherate e gassate si bevono solo alle feste, le patatine si consumano solo al ristorante una volta al mese e che esistono molti altri tipi di cibi salutari da apprezzare e sperimentare.
Paola Negri, Presidente Ibfan Italia
Credo che tasse come questa possono essere efficaci per fare cassa, e forse in parte anche per risolvere i problemi di salute e di alimentazione sbagliata però a mio avviso occorrono anche altre misure. Quello che mi colpisce è che, scegliendo di tassare una categoria di cibi denominati “junk food” il Ministero prende posizione riconoscendo credo per la prima volta il fatto che esiste un gruppo di cibi e bevande industriali che sono non soltanto inutili ma anche dannosi alla salute di chi li consuma. Invece le ditte hanno sempre detto che “non esistono cibi buoni o cattivi di per sé, l’importante è quanto e come vengono consumati nell’ambito della dieta “. Quindi, quantomeno questa tassa avrà come effetto positivo il fatto di passare e rinforzare il messaggio che alcuni alimenti e bevande venduti normalmente, anche e soprattutto destinati ai bambini, sono in realtà da evitare perché dannosi per la salute, specialmente se se ne consuma in abbondanza e abitualmente
Peraltro non è sempre facile definire con esattezza cosa è e cosa non è junk food, e questo potrebbe essere un ostacolo non semplice da superare.
In Europa, già Francia ed Ungheria hanno deciso di tassare le bevande zuccherate; tuttavia questo avviene da pochi mesi, quindi non sappiamo ancora quali risultati ha portato sulle loro vendite e sui consumi. D’altra parte, l’aumento delle tasse su prodotti pericolosi per la salute come alcool e fumo praticato da alcuni paesi ha di fatto portato ad un decremento del consumo di questi, ci sono dati che lo confermano, e forse sono queste esperienze che stanno convincendo i governi a tentare di fare lo stesso con i cibi e bevande spazzatura.
A cura di Silvia Biasotto