Quest’anno saranno poco meno di un milione i cittadini che berranno ancora “acqua in deroga”. Nel 2012 sono 112 i comuni che hanno ottenuto nuove deroghe per i parametri di qualità dell’acqua potabile, concentrati nel Lazio e in Toscana. Si tratta di deroghe per arsenico, boro e fluoruri, presenti nell’acqua del rubinetto in concentrazioni superiori ai limiti di legge. La questione delle deroghe – ricostruita da Cittadinanzattiva e Legambiente – è uno dei nodi da sciogliere quando si parla di acqua. Dal 2003 al 2009, sono state 13 le Regioni che ne hanno fatto richiesta su un totale di 13 parametri – arsenico, boro, cloriti, cloruri, fluoro, magnesio, nichel, nitrati, selenio, solfato, trialometani, tricloroetilene, vanadio.
Il “pasticcio delle deroghe” – una storia tutta italiana, dove un provvedimento provvisorio di fatto viene reiterato per non risolvere i problemi legati alle necessità di investimenti nel settore idrico – viene ricostruito nel dossier di Cittadinanzattiva e Legambiente “Acque in deroga”. Si parte dai dati attuali: “Nel 2012 – si legge nello studio – saranno poco meno di 1 milione gli italiani che non potranno avere acqua di rubinetto conforme ai limiti di legge. Tanti sono, infatti, gli abitanti dei 112 comuni che ancora per quest’anno usufruiscono delle deroghe su alcune sostanze, boro, fluoruri e soprattutto arsenico, presenti in concentrazioni superiori a quelle stabilite dalla legge. Ancora 7 mesi per mettersi in regola nei confronti della normativa vigente sulle acque potabili, termine che a fine anno non sarà più possibile rimandare”. I comuni interessati sono 90 nel Lazio, 21 in Toscana e 1 in Campania, per una popolazione interessata che – considerando anche le situazioni in cui gli interventi ci sono stati – si stima compresa fra 850 mila e poco meno di 1 milione di cittadini.
La storia delle deroghe è lunga. Dal 2003, primo anno di richiesta delle deroghe, al 2009 sono state 13 le regioni che hanno chiesto deroghe (Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto) in momenti diversi e su un totale di 13 parametri. Dopo 6 anni, Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige e Umbria hanno chiesto una terza deroga per arsenico, boro e fluoruri, che la Commissione europea ha accolto solo parzialmente. Ogni deroga infatti dura tre anni con possibilità di essere rinnovata al massimo per altre due volte: le prime due vengono decise dal Ministero della Salute mentre la terza deve avere il via libera della Commissione europea.
Nel 2010 la Commissione Europea ha concesso alcune deroghe respingendone altre. In particolare ha rifiutato il rinnovo per 128 comuni che avevano chiesto di innalzare la concentrazione dei livelli di arsenico nell’acqua dal valore stabilito di 10 microgrammi per litro a 30, 40 o 50 microgrammi per litro, a seconda dei valori riscontrati nei propri acquedotti. Il rifiuto, ricostruisce il dossier, ha colto le autorità italiane impreparate. Il provvedimento europeo ha però provocato un’accelerazione degli investimenti e degli interventi di ripristino della qualità dell’acqua. Così alcuni comuni non hanno richiesto più deroghe, altre le hanno ottenute per valori più bassi in una seconda tranche di deroghe concesse dall’Europa a marzo 2011.
Si legge ancora nel dossier: “Una parte di questi provvedimenti è scaduta a dicembre 2011, e Lombardia e Umbria, insieme alle 4 Provincie autonome di Bolzano e Trento hanno completato gli interventi e riportato la qualità dell’acqua sotto i limiti di legge. Anche la Campania, con il completamento dell’acquedotto Sistema Alto ha risolto la questione dei fluoruri in provincia di Napoli e non ha chiesto nuove deroghe per il 2012. Ad oggi quindi rimangono in vigore deroghe nel Lazio (arsenico, fluoruri), Toscana (arsenico e boro) e in un comune in Campania per il fluoruro, che in totale interessano circa 1 milione di cittadini”.
Accanto ai miglioramenti di alcune aree, rimangono però anche le criticità. Basti pensare alla provincia di Viterbo, dove in alcuni comuni sono stati riscontrati valori di arsenico molto superiori al valore in deroga concesso, pari a 20 μg/litro.
Senza contare che tutto questo è accaduto con una scarsa trasparenza nei confronti dei cittadini, tanto che a gennaio 2012 il Tar del Lazio ha condannato Ministero dell’Ambiente e della Salute al risarcimento dei cittadini delle sei regioni (Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) che hanno usato acqua con arsenico oltre i limiti di legge.
Il problema è che la deroga da misura transitoria è diventata “espediente per prendere tempo ed alzare i limiti di legge rispetto ad alcune sostanze fuori parametro”, spiega il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti. “Per fermare questa cattiva abitudine – aggiunge Zampetti – è dovuta arrivare nel 2010 la bocciatura della Commissione europea, chiamata in causa dall’Italia per ottenere la concessione del terzo triennio di deroga. Lo stop di Bruxelles è giunto inaspettato, cogliendo le autorità italiane impreparate; però ha avuto il merito di innescare un’accelerazione degli investimenti e degli interventi di ripristino dei parametri dell’acqua grazie ai quali alcune amministrazioni comunali non hanno avuto bisogno di chiedere più deroghe. Ci auguriamo che presto il capitolo delle deroghe sulle acque potabili possa chiudersi definitivamente.”
“Anche il settore delle acque potabili conferma come l’Italia sia il Paese dove niente è più definitivo del provvisorio – prosegue Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – Per assicurare la tutela della salute dei cittadini, ai sindaci interessati chiediamo un’operazione di trasparenza per quanto riguarda i dati di qualità dell’acqua, e di garantire una costante informazione alla cittadinanza, da realizzare con il diretto coinvolgimento delle organizzazioni civiche”.
Una delle lacune individuate dal dossier sta infatti proprio in una scarsa e poco tempestiva informazione ai cittadini chiamati ancora a bere “acqua in deroga”.


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