
Migranti imprenditori, Idos: potenziale per il contesto economico del Paese
Presentati ieri i dati del Rapporto Immigrazione e imprenditoria di Idos e CNA: crescono le aziende guidate da migranti imprenditori. Trainante il ruolo delle donne.
Negli ultimi anni, mentre il numero complessivo di imprese italiane è diminuito dell’1,7%, le aziende guidate da migranti che fanno impresa in Italia sono aumentate del 32,7%, superando quota 659mila nel 2023 e rappresentando oltre l’11% del totale.
È questo uno dei dati più significativi che emerge dal Rapporto “Immigrazione e Imprenditoria 2024”, realizzato dal Centro studi e ricerche Idos in collaborazione con Cna, presentato ieri a Roma.
In un contesto di crisi demografica e sfide globali, l’imprenditoria immigrata si conferma dunque un pilastro essenziale dell’economia italiana.
Migranti imprenditori nello spazio europeo
Tra il 2006 e il 2022, il numero di imprenditori immigrati è aumentato del 60% nell’UE e di oltre il 70% nell’area OCSE. Gli incrementi più significativi si registrano nei Paesi Bassi (+126%) e in Spagna (+105%), mentre l’Italia mostra una crescita più contenuta (+35%), ma su una base già elevata (oltre 300.000 imprese).
Nel nostro Paese, il cambiamento più significativo riguarda l’evoluzione della forma giuridica: mentre le imprese individuali restano dominanti (73%), le società di capitale sono quasi triplicate(+160%), segnalando una maggiore solidità e competitività.
“Abbiamo scoperto – fa notare Antonio Ricci, vicepresidente di Idos – che è una foresta di piccole imprese, ma negli ultimi dieci anni le società di capitale, a prevalenza di soci stranieri immigrati sono addirittura triplicate. Questi imprenditori sono stati capaci di fare quel grande salto di qualità strutturandosi da ditta individuale a una vera e propria realtà aziendale”.
Inoltre, mentre le imprese giovanili italiane sono diminuite del 22,8%, quelle guidate da giovani immigrati hanno subito un calo simile ma mantengono comunque il 19% del totale delle imprese immigrate.
I settori di attività
Tra il 2013 e il 2023 gli imprenditori immigrati si espandono oltre i settori tradizionali (commercio ed edilizia), registrando forti incrementi in alloggio e ristorazione (+57,6%), servizi alla persona (+101,6%) e in ambiti ad alta qualificazione come attività scientifiche e tecniche (+56%) e sanità e assistenza sociale (+77,6%).
Dal punto di vista geografico, la crescita è diffusa in tutto il Paese. Il Nord resta il polo principale (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto), ma il Sud accelera, con Campania (+72,8%) e Puglia (+33,8%) in forte espansione. Roma e Milano si confermano capitali dell’imprenditoria immigrata, mentre Napoli e Caserta emergono come nuovi centri dinamici.
Il fenomeno, dunque, conferma la sua costante crescita ed evoluzione, contribuendo – anche con la sua resistenza durante i periodi di crisi – alla vitalità e all’innovazione dell’economia italiana.
“E’ un segnale molto forte – spiega Luca Di Sciullo, presidente del Centro studi Idos – soprattutto perché svela una serie di pregiudizi e di contraddizioni che appartengono alla visione che soggiace al nostro modo di guardare all’immigrazione in Italia.”
Donne e imprenditoria
L’imprenditoria femminile è un elemento chiave per la crescita economica e l’innovazione, e le donne immigrate stanno emergendo come protagoniste di questa trasformazione. Non sono solo lavoratrici, ma vere e proprie creatrici di valore, capaci di rafforzare il tessuto economico e sociale. La loro crescente presenza imprenditoriale dimostra che la diversità non è un limite, ma una risorsa strategica su cui investire.
Negli ultimi dieci anni, mentre il numero complessivo di imprese femminili in Italia è diminuito del 7,3%, quelle guidate da donne nate all’estero sono aumentate del 37,8%, raggiungendo quota 162.245 nel 2023. Una crescita che non è solo quantitativa: queste imprenditrici stanno ridefinendo il panorama economico italiano, adattandosi alle trasformazioni del mercato e investendo nelle proprie comunità.
Le imprenditrici immigrate non si limitano a creare occupazione, ma introducono nuovi modelli di business e contribuiscono alla diversificazione economica, spaziando dai settori tradizionali come commercio e ristorazione, fino agli ambiti emergenti, con incrementi rilevanti nei servizi alla persona (+101,6% in 10 anni), nelle attività professionali (+69,1%) e nella sanità (+75,3%).
