Mamme equilibriste 2024. Una lavoratrice su cinque esce dal lavoro dopo la maternità
“In Italia una lavoratrice su 5 esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne”. Il Rapporto “Le Equilibriste” di Save the Children racconta la penalizzazione delle mamme equilibriste nel mercato del lavoro
Si diventa madre e si esce (o meglio: si è costrette a uscire) dal mercato del lavoro. Arriva il bebè e scattano le dimissioni volontarie per l’impossibilità di conciliare vita familiare e lavoro. Il gender gap si accentua quando arrivano uno o più bambini e, in assenza di servizi di assistenza, o davanti a costi privati insostenibili, le mamme non possono far altro che lasciare il lavoro. Oppure letteralmente barcamenarsi fra lavoro, nido (spesso a pagamento), esigenze del bebè e lavoro di cura.
Quello delle mamme equilibriste è un’immagine che ricorre per descrivere la maternità in Italia. Ed è l’immagine che Save the Children torna a proporre in occasione della festa della mamma con il suo dossier “Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2024”, che traccia un bilancio delle sfide infinite che le donne devono affrontare quando decidono di diventare madri.
«In Italia si parla molto della crisi delle nascite, ma non si dedica sufficiente attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, “equilibriste” di oggi, sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura – spiega Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia – Un Paese nel quale le madri sono ancora troppo in affanno, ancora diviso tra Nord e Sud, con regioni più o meno accoglienti per le donne con figli».
Bisogna agire in modo integrato su più livelli, spiega Fatarella.
«Oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione. Occorre, inoltre, assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità esse debbano essere stabili. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, poco affidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare».
Maternità, figli, lavoro: mamme equilibriste anche nel 2024
Si parla spesso (e spesso a sproposito) di crisi delle nascite in Italia. Tutto vero ma spesso vengono trascurate le condizioni di vita delle madri, che svolgono la maggior parte del lavoro di cura. Le mamme sono vere “equilibriste”, dice Save the Children, perché alla continua ricerca della conciliazione fra tutte le responsabilità.
In Italia c’è un record negativo di natalità e il calo della natalità coinvolge anche le donne straniere. L’Italia è uno dei paesi europei con la più alta età media delle donne al parto, circa 32,5 anni, e con la più alta età media delle donne per la nascita del primo figlio, circa 31,6 anni, con 8,9% di primi nati da mamme over 40.
È un fenomeno che ha più ragioni e più aspetti che spesso vengono sottovalutati. Le donne scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero, spiega Save the Children: nella popolazione femminile, in età fertile tra i 15 e i 49 anni, il numero medio di figli per donna è di 1,20, in diminuzione rispetto al 2022.
“In Italia una lavoratrice su 5 esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne”.
Ecco qui uno dei dati che spiegano le difficoltà con cui le donne e madri si scontrano. Il Rapporto “Le Equilibriste” segnala infatti le penalizzazioni delle madri nel mercato del lavoro e gli squilibri di genere che ancora attraversano l’Italia.
Il mercato del lavoro penalizza la maternità
Ecco dunque alcuni numeri restituiti dal rapporto. Le donne in Italia hanno una presenza diversa rispetto agli uomini nel mercato del lavoro e con la maternità questa differenza si accentua. Il gap di genere nel lavoro è fortissimo ma “se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, i dati rivelano che più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, più aumenta il tasso di fecondità”.
Come riportano i dati del Rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024”, in Italia il tasso di occupazione femminile, per l’età 15-64 anni, è stato del 52,5% nel 2023, un valore più basso della media dell’Unione Europea che si attesta al 65,8%.
Per le donne, il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia rimane critico per chi nella propria famiglia svolge un lavoro di cura non retribuito. Il gender gap tra il tasso di occupazione degli uomini e delle donne in Italia, nello stesso anno, era di 17,9 punti percentuali, ben più marcata rispetto alle differenze osservate a livello EU27 (9,4 punti percentuali) e seconda, di pochissimo, solo alla Grecia.
Una spia delle difficoltà che le madri affrontano nel conciliare impegni lavorativi e familiari viene mostrata dal numero di donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni. Il tasso di occupazione femminile è del 63,8% ma le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà delle donne con due o più figli minori ha un impiego, cioè il 57,8%.
C’è la questione del part-time. In Italia solo il 6,6% degli uomini che lavora lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi subisce un part-time involontario. Fra le donne che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale, ovvero il 36,7% rispetto a quelle senza figli, cioè il 23,5%.
Dimissioni volontarie per le madri, al primo figlio, entro il primo anno
La nascita di un figlio influisce inoltre sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, come mostrano i dati delle dimissioni volontarie post genitorialità. A dimettersi sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita.
Nel 2022 ci sono state complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli in età 0-3 in tutta Italia, in crescita del 17,1% rispetto all’anno precedente. Il 72,8% riguarda le donne ( pari a 44.699) e solo il 27,2% gli uomini. I motivi delle dimissioni fra uomini e donne sono diversi.
Per le donne, la ragione principale è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino. Il 41,7% ha attribuito questa difficoltà alla mancanza di servizi di assistenza, mentre il 21,9% per problemi di organizzazione del lavoro.
Complessivamente, gli impegni legati alla cura rappresentano il 63,6% di tutti i motivi di convalida delle dimissioni fornite dalle lavoratrici madri.
Per gli uomini, invece, il motivo principale è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli.