Made in Italy, via segreto su aziende che usano materie prime straniere
Il Made in Italy è salvo, e la sicurezza alimentare pure. Non sono state vane le proteste degli agricoltori sul Brennero e le svariate denunce fatte da Coldiretti e dalle Associazioni dei consumatori: saranno finalmente resi pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per la produzione alimentare. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha accolto la richiesta di togliere il “segreto di Stato” su questi dati.
Il Ministro Lorenzin ha accolto la richiesta presentata dal Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo di togliere il “segreto di Stato” sui dati inerenti agli scambi di materie prime, che per circa un terzo (33%) sono straniere, utilizzate nella produzione dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, all’insaputa dei consumatori ed a danno delle aziende agricole.
Finora una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità dei dati senza significative ragioni legate alla tutela della riservatezza – come testimoniato dallo scandalo della carne di cavallo – provocando gravi turbative sul mercato ed ansia e preoccupazione dei consumatori, a fronte all’impossibilità di fare trasparenza sulla provenienza degli alimenti. Una mancanza di trasparenza che ha favorito anche il verificarsi di inganni a danno di prodotti simbolo del Made in Italy, con il concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina, l’olio di oliva proveniente dalla Spagna o i prosciutti provenienti dalla Germania “spacciati” per Made in Italy.
A tal fine, il Ministro della salute ha disposto l’immediata costituzione di un comitato presso il Ministero della Salute composto da esperti della materia, incaricato di definire, in tempi brevi, le modalità attraverso cui saranno rese disponibili le informazioni relative alla provenienza dei prodotti agro-alimentari a soggetti che dimostrino un legittimo interesse all’utilizzo di tali dati. L’eliminazione del “segreto di Stato”, prosegue il presidente Moncalvo sulle informazioni che attengono alla salute ed alla sicurezza di tutti i cittadini realizza, dunque, una condizione di piena legalità diretta a consentire lo sviluppo di filiere agricole tutte italiane che sono ostacolate dalla concorrenza sleale di imprese straniere e, soprattutto, nazionali, che attraverso marchi, segni distintivi e pubblicità, si appropriano illegittimamente dell’identità italiana dei prodotti agro alimentari.
“Il consumatore ha bisogno di trasparenza e di comprendere meglio il sempre più complicato mondo del cibo”. Il Movimento Difesa del Cittadino (MDC) accoglie con favore questa decisione, sottolineando però la necessità di comunicazione trasparente al consumatore a tutto tondo. “Sarebbe infatti interessante ricavare quanta materia prima estera è destinata alla produzione di Igp italiane” propone l’Associazione dei consumatori. “Ricordiamo – conclude MDC – che la normativa europea non impone che le materie prime di denominazioni geografiche Igp siano necessariamente legate al territorio al quale esse fanno riferimento. Citiamo il caso della Breasaola della Valtellina, realizzata anche con carne di provenienza brasiliana ed europea ma che nella sua denominazione riporta una nota area geografica del BelPaese. Ovviamente non vogliamo assolutamente puntare il dito contro la qualità di questo prodotto realizzato con animali sottoposti ad accurati controlli e dai tagli più pregiati”.