L’Italia invecchia, Istat: nel 2017 ancora nascite in calo. Il 2% in meno sul 2016
Prosegue l’invecchiamento demografico del Paese. Lo afferma l’Istat nel suo bilancio demografico 2017. Al 1° gennaio 2018, l’Istituto di Statistica stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 494mila residenti, quasi 100mila in meno sull’anno precedente (-1,6 per mille). Nel 2017 si conteggiano 464mila nascite, nuovo minimo storico e il 2% in meno rispetto al 2016, quando se ne ebbero 473mila. I decessi sono 647mila, 31mila in più del 2016 (+5,1%). Ne consegue che il saldo naturale (nascite meno morti) nel 2017 è negativo (-183mila) e registra un minimo storico.
Nonostante un livello inferiore di nascite, il numero medio di figli per donna (1,34) risulta invariato rispetto all’anno precedente e l’età media al parto sale a 31,8 anni.
Il 19,4% delle nascite stimate per il 2017 è da madre straniera, una quota in lieve flessione rispetto al 2016 (19,7%), mentre l’80,6% è da madre italiana. In assoluto, i nati da cittadine straniere sono stimati in 90mila, il 3,6% in meno dell’anno prima. Di questi, 66mila sono quelli avuti con partner straniero, 24mila quelli con partner italiano. I nati da cittadine italiane sono 374mila, con una riduzione dell’1,6% sul 2016.
Il saldo migratorio con l’estero, positivo per 184mila unità, registra un consistente incremento sull’anno precedente, quando risultò pari a +144mila. Aumentano le immigrazioni, pari a 337mila (+12%) mentre diminuiscono le emigrazioni, 153mila (-2,6%).
“Il Paese”, si legge nel Rapporto, “sembrerebbe uscito dalla fase di diminuzione che aveva generalmente contraddistinto la dinamica migratoria internazionale negli anni di recessione economica. Significativo segnale d’inversione della tendenza risulta, a tal riguardo, non solo il più elevato numero d’ingressi dell’ultimo quinquennio, pari a 337mila, quanto la contrazione per la prima volta dopo 10 anni del numero delle uscite dal Paese. Le emigrazioni per l’estero, infatti, continuano a risultare consistenti ma si attestano a 153mila unità, ovvero 4mila in meno del 2016”.
Resta stabile la speranza di vita alla nascita (80,6 anni per gli uomini e 84,9 anni per le donne) ma si riduce il gap di sopravvivenza tra donne e uomini che scende a 4,3 anni. Si tratta del più basso divario riscontrato dalla metà degli anni ’50, un periodo quest’ultimo dal contesto profondamente diverso rispetto a quello attuale, in cui le donne tendevano anno dopo anno ad ampliare le distanze dagli uomini.
In un anno in cui le condizioni di sopravvivenza della popolazione rimangono sostanzialmente invariate a livello nazionale, si spostano poco anche i disequilibri territoriali, seppure in lieve crescita. I valori massimi continuano ad aversi nel Nord-est del Paese, dove gli uomini possono contare su 81,2 anni di vita media (+0,1 sul 2016) e le donne su 85,6 (invariata). Quelli minimi, invece, si ritrovano nel Mezzogiorno con 79,8 anni per gli uomini (-0,1 sul 2016) e 84,1 per le donne (-0,2).
Tra le residenti nella Provincia di Trento, le più longeve nel 2017 con 86,3 anni di vita media, e le residenti in Campania, che con 83,3 anni risultano in fondo alla graduatoria, corre una differenza di tre anni esatti di maggior sopravvivenza. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto, e pari a 2,7 anni: come per le donne, la differenza che intercorre tra la vita media dei residenti in Provincia di Trento (81,6) e i residenti in Campania (78,9).