Istat: oltre un terzo delle famiglie ha diminuito i consumi alimentari
Quasi un quinto della spesa se ne va per gli alimentari. Più di un terzo delle famiglie ha diminuito la quantità e la qualità del prodotti alimentari acquistati. Mentre abitazione e trasporti pesano sempre di più sul budget familiare. Le famiglie costrette ad affrontare la crisi economica adottano strategie di risparmio, cambiano il modo di fare la spesa, e comprano meno cibo: quest’ultimo è il dato più preoccupante che emerge dal rapporto “I consumi delle famiglie” dell’Istat relativo al 2011. Sempre più famiglie comprano all’hard discount, soprattutto nel Mezzogiorno.
“Il 35,8% delle famiglie dichiara di aver diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente: tra di esse, il 65,1% dichiara di aver ridotto solo la quantità, mentre nel 13,3% dei casi diminuisce anche la qualità”. Questo uno dei dati principali del report dell’Istat nella parte in cui viene evidenziata la composizione della spesa degli italiani – complessivamente, nel 2011 a una famiglia servono in media 2500 euro al mese.
Nel 2011 dunque la spesa per generi alimentari e bevande copre quasi un quinto di quella totale: è pari al 19,2%, in leggero aumento rispetto a 19,0% del 2010, con una crescita che riguarda soprattutto il Mezzogiorno dove arriva a rappresentare il 25,6% della spesa totale (era il 25,0% nel 2010).
Anche se le famiglie continuano ad acquistare cibo e bevande soprattutto nei supermercati, aumentano coloro che si rivolgono agli hard discount, specialmente nel Mezzogiorno. I numeri dicono che il 67,5% delle famiglie effettua la spesa alimentare presso il supermercato, che si conferma il luogo di acquisto prevalente, nonostante una lieve flessione (era scelto dal 69,4% delle famiglie nel 2010). Quasi la metà delle famiglie (il 47,7%) continua ad acquistare il pane al negozio tradizionale, il 9,7% sceglie il mercato per l’acquisto di pesce e il 16,4% per la frutta e la verdura. In aumento è la quota di famiglie del Mezzogiorno che acquista generi alimentari presso gli hard-discount (si passa dall’11,2% del 2010 al 13,1% del 2011), soprattutto pasta (dal 10,0% al 12,0%) ma sempre di più anche carne (dal 5,8% al 7,7%), pesce (dal 4,0% al 6,0%), frutta e verdura (dal 4,5% al 6,5%).
Diminuiscono invece le spese destinate all’abbigliamento e alle calzature, che si riducono proprio perché vengono fatti meno acquisti. La diminuzione della spesa per abbigliamento e calzature determina una contrazione della quota di spesa totale ad essa destinata, più forte nel Mezzogiorno, dove scende dal 7,5% al 6,6% e la spesa media mensile è inferiore a 125 euro. In quest’ultima ripartizione, circa il 17% delle famiglie dichiara di aver diminuito, rispetto all’anno precedente, la quantità di vestiti e scarpe acquistati e di essersi orientato verso prodotti di qualità inferiore,contro il 13% osservato a livello nazionale.
Casa e trasporti, a causa dell’aumento dei prezzi, pesano sempre di più sui bilanci familiari: le quote di spesa destinate all’abitazione passano dal 28,4% al 28,9%, quelle dedicate ai trasporti dal 13,8% al 14,2%.“Le prime – spiega l’Istat – sono trainate dai marcati aumenti per le spese di affitto, per condominio e per i lavori di ristrutturazione, le seconde dalle spese per carburanti, assicurazioni veicoli, biglietti e abbonamenti ferroviari o per altri collegamenti extra-urbani”.
Guardando al dato complessivo e medio – con tutti i limiti che questo comporta, dal momento che circa 1.100 euro separano la spesa media mensile delle famiglie di operai (2.430 euro) da quella delle famiglie di imprenditori e liberi professionisti (3.523 euro) – nel 2011 la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.488 euro, con un aumento dell’1,4% rispetto all’anno precedente ma stabile in termini reali. La spesa media per generi alimentari e bevande cresce, in termini nominali, del 2,2% rispetto al 2010, attestandosi a 477 euro mensili; in particolare, aumentano la spesa per carne, quella per latte, formaggi e uova e quella per zucchero, caffè e altro. Questa è costante al Centro e al Nord e più elevata nel Mezzogiorno, dove appunto rappresenta il 25,6% della spesa totale. La spesa non alimentare complessiva è stabile, e pari a 2.011 euro mensili: diminuiscono le spese per abbigliamento e calzature (-5,9%) e aumentano quelle per l’abitazione (+3,3%).
Si ripresentano inoltre le storiche differenze territoriali. Nel 2011, la Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (3.033 euro), seguita dal Veneto (2.903 euro). Fanalino di coda la Sicilia con una spesa media mensile (1.637 euro) di circa 1.400 euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata.
La percentuale di famiglie, pari al 35,8%, che ha diminuito la quantità o la qualità dei prodotti alimentari comprati è il dato sul quale si concentrano le associazioni dei consumatori, che parlano senza mezzi termini di allarme e di un profondo disagio sociale. Federconsumatori e Adusbef sottolineano che “una spesa stabile in presenza di una forte crescita dei prezzi, vuol dire una contrazione dei consumi, contrazione che, a nostro parere, risulta notevolmente più ampia di quella stimata dall’Istat” e ricordano che il dato evidenziato dall’Istat è drammatico perché “i consumi alimentari sono per definizione gli ultimi ad essere intaccati dalla crisi”. L’Osservatorio nazionale Federconsumatori ha del resto calcolato che anche le famiglie sono costrette a una “spending review” fatta di tagli alla spesa che investiranno i settori dell’alimentazione, dell’abbigliamento, della casa, dei trasporti, degli alberghi e della ristorazione, nonché quello dei beni e servizi ricreativi, per un valore di oltre 950 euro annui a famiglia.
“Un terzo delle famiglie italiane non ce la fa più ad arrivare alle fine del mese ed è, quindi, costretta a ridurre persino l’acquisto di cibo – denuncia il Codacons – Si tratta di famiglie che hanno già intaccato i loro risparmi, hanno il conto sempre sulla soglia del rosso e devono attendere lo stipendio a fine mese per poter pagare le bollette o il conto del macellaio”. L’associazione torna a chiedere che il Governo “si adoperi per ridurre le spese obbligate delle famiglie, congelando le tariffe di luce, gas, acqua, rifiuti …. ai livelli del dicembre 2011, almeno per compensare il congelamento di pensioni e stipendi pubblici”.
“I dati dell’Istat confermano che l’Italia sta vivendo in pieno la crisi economica – commenta il segretario nazionale del Codici, Ivano Giacomelli – e che i sacrifici richiesti agli italiani stanno influendo fortemente sull’economia del paese”. La crisi cambia le abitudini alimentari delle famiglie tanto che, sottolinea l’associazione che l’anno scorso ha realizzato su questo un approfondimento, se in passato era più frequente che gli italiani consumassero la pausa pranzo fuori, oggi è sempre più frequente il take away direttamente da casa: niente pizza e panini e niente piatti unici fuori casa, il 43% degli intervistati da Codici ha dichiarato di prediligere il pranzo al sacco per spendere di meno e mangiare sano. Se si lavora e si pranza fuori casa, si rischia di spendere da 160 a 240 euro al mese.