Quasi un terzo della popolazione residente in Italia è a rischio di povertà o di esclusione sociale. E la situazione va peggiorando. Non solo stanno aumentando le persone in grave deprivazione materiale e quanti vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, ma la forbice fra i più ricchi e i più poveri si è ampliata. A dirlo è l’Istat che parla di “una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d’acquisto delle famiglie (riferito al 2015), associata a un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà o esclusione sociale”.

La fotografia è contenuta nel report “Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie” e restituisce l’immagine di un paese nel quale c’è una crescita di reddito ma solo per i più facoltosi, mentre il 30% della popolazione arranca.  L’Istat evidenzia che il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d’acquisto rispetto al 2014). E rileva che “la crescita del reddito è più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata”.

All’aumento della disuguaglianza si accompagna l’aumento di chi si trova in situazioni di povertà o estremamente precarie. Nel 2016, evidenzia l’Istat, “si stima che il 30,0% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale, registrando un peggioramento rispetto all’anno precedente quando tale quota era pari al 28,7%. Aumentano sia l’incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%)”.

Il Mezzogiorno resta l’area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015). Il rischio è minore, sebbene in aumento, nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%). Nel Centro un quarto della popolazione (25,1%) permane in tale condizione. Le famiglie più esposte al rischio di povertà o esclusione sociale sono quelle numerose, con cinque o più componenti (43,7% come nel 2015), ma è per quelle con uno o due componenti che questo indicatore peggiora (per le prime sale al 34,9% dal 31,6%, per le seconde al 25,2% dal 22,4%). Dal report si evidenzia poi che la disuguaglianza dei redditi fra le persone in Italia è maggiore rispetto alla media europea. Distribuzioni di reddito più diseguali di quella italiana ci sono in altri paesi dell’area mediterranea, come Portogallo, Grecia e Spagna, mentre distribuzioni di reddito più eque ci sono in Slovacchia e in Slovenia, come pure in Repubblica ceca, Finlandia e Belgio. I paesi dove i redditi sono in assoluto distribuiti in modo più diseguale sono Romania, Lituania e Bulgaria.

Il quadro restituito dall’Istat allarma i consumatori. “Tali dati – dice Federconsumatori – rivelano che la forbice tra i più benestanti e i più poveri si è allargata, con un allarmante, ulteriore, incremento delle diseguaglianze economiche”. “Da tale scenario emerge chiaramente quanto sia necessario ed urgente, per il Paese, avviare una redistribuzione dei redditi in grado di colmare i forti divari esistenti”, dichiara Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori. Per l’associazione le misure di contrasto alla povertà “devono essere accompagnate da politiche di welfare efficaci, oltre che da azioni mirate ad incrementare l’inclusione nel mondo del lavoro. La disoccupazione, infatti, rappresenta uno dei fattori decisivi nella determinazione della condizione di povertà, anche se, purtroppo, non è l’unico”.

L’Unione Nazionale Consumatori sottolinea quanto la situazione sia negativa. Dice il presidente dell’associazione Massimiliano Dona: “Sono dati da Terzo Mondo, non degni di un Paese civile. Non si tratta solo di una priorità sociale e morale, ma anche economica. Fino a che il 30% degli italiani è rischio povertà o esclusione sociale è evidente che i consumi delle famiglie non potranno mai veramente decollare e si resterà intorno all’1 virgola. I dati di oggi ci dicono che non basta varare il Rei, cercando di tamponare l’emergenza. Bisogna evitare che le file dei poveri assoluti continuino ad ingrossarsi, risolvendo i problemi di chi, pur stando ora sopra la soglia di povertà assoluta o relativa, rischia di finire sotto perché non riesce a pagare le bollette o ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro”.


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