Informazione: Laura Boldrini lancia appello contro le bufale online
Un appello contro la diffusione delle notizie false. Online c’è già il sito, si chiama bastabufale.it. E l’appello è stato lanciato dalla presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini con l’intento di combattere le false notizie e la diffusione dell’odio sul web, perché “essere informati correttamente è un diritto, essere disinformati è un pericolo”. All’appello hanno già dato la loro adesione testimonial come Fiorello, Gianni Morandi, Francesco Totti, e ancora il regista Ferzan Ozpetek, l’antropologo Marc Augé, il direttore di Limes Lucio Caracciolo e l’attore Carlo Verdone.
“Ho deciso di lanciare questo appello perché ritengo che il web sia un importante strumento di conoscenza e democrazia. Ma spesso anche luogo di operazioni spregiudicate, facilitate dalla tendenza delle persone a prediligere informazioni che confermino le proprie idee – si legge nel documento firmato dalla presidente della Camera – In rete sono nati fenomeni nuovi, come le fabbriche di bufale a scopo commerciale o di propaganda politica e certo giornalismo “acchiappaclick”, più interessato a incrementare il numero dei lettori anziché a curare l’attendibilità delle fonti”.
Quelle che vengono messe sotto accusa sono le false informazioni e i rischi che si portano dietro. Continua Boldrini: “Le bufale creano confusione, seminano paure e odio e inquinano irrimediabilmente il dibattito. Le bufale non sono innocue goliardate. Le bufale possono provocare danni reali alle persone, come si è visto anche nel caso dei vaccini pediatrici, delle terapie mediche improvvisate o delle truffe online”. Da qui dunque l’appello a una responsabilità e una mobilitazione collettiva contro la disinformazione e per difendere la libertà del web: “Non si tratta né di bavagli né di censure – continua l’appello – Si tratta di reagire e affrontare un problema che ci riguarda tutti. Firmare questo appello significa fare la propria parte e dare il proprio contributo. Alcuni ambiti, poi, sono più esposti di altri e hanno una maggiore responsabilità: la scuola in primis, ma anche l’informazione, le imprese, i social network. A chi vi opera chiediamo uno sforzo aggiuntivo”.
Quale lo sforzo richiesto? Scuola e università dovrebbero aiutare a sviluppare “l’uso consapevole di internet” e permettere di distinguere l’affidabilità delle fonti. Al mondo dell’informazione e ai giornalisti viene chiesto di aumentare lo sforzo del fact-checking, le attività di debunking che permettono di smascherare le bufale e di verificare le fonti. Le imprese non dovrebbe finanziare con inserzioni pubblicitarie i siti che diffondono bufale. I social network “dovrebbero assumersi le loro responsabilità di media company e indirizzare le loro politiche verso una maggiore trasparenza. Per contrastare fake news e discorsi d’odio è essenziale incrementare la collaborazione con le istituzioni e le testate giornalistiche”.
Tutto bene, dunque? In realtà affrontare questo tema pone diversi problemi perché spesso giudicare fra vero e falso non è immediato: ci sono sempre le sfumature. A mettere bene a fuoco la questione è Guido Scorza, avvocato, docente di diritto delle nuove tecnologie e Presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, che spiega al TestMagazine online: “Chiunque ha avuto a che fare con l’informazione sa che a fianco al caso bianco e al caso nero esiste anche il caso grigio, realisticamente qualcosa che è né vera né falsa ma è “realtà aumentata”, gonfiata, riempita di particolari che non sono veri. Per capirci se due giudici si trovano a dover giudicar se una notizia è vera o falsa, nelle ipotesi di diffamazione, capita che arrivino a conclusioni diverse. Immaginare che un processo così complesso venga ridotto a bit, a un’automatizzazione, preoccupa”. Bisogna poi interrogarsi sulla libertà di informazione che si vuole online, continua Scorza sul TestMagazine: “Io preferirei una specie di evoluzione darwiniana in cui dopo un po’ gli utenti di internet imparano a distinguere la fake news da quella vera, come fino all’altro ieri hanno fatto con i media. Non vorrei che ci abituassimo all’idea che se una notizia non è sui giornali allora è falsa. È altamente probabile che questo porti a una deriva”.