I discorsi d’odio viaggiano sui social network. Dove si passa rapidamente dalla cronaca nera a discorsi ideologici nei quali proliferano linguaggi intolleranti e insulti razzisti e sessisti. Il tema dell’immigrazione sulle grandi testate è presente, il flusso di notizie sui media italiani è continuo e si sta “normalizzando”. Un servizio su due contiene la voce di esponenti politici mentre quella di migranti e rifugiati viene riportata pochissime volte, solo nel 3% dei servizi, spesso in contesti negativi. È però sui social network che il linguaggio usato deflagra in hate speech. Così “Notizie oltre i muri” – IV Rapporto Carta di Roma, curato dall’Osservatorio di Pavia in collaborazione con l’Osservatorio europeo per la sicurezza.

informazione“Nel quadro restituito dall’analisi su articoli e servizi si conferma la necessità di un sistema di informazione che segua percorsi autonomi, che vada a fondo nelle notizie, che fornisca ai cittadini un quadro completo dei problemi in modo che possano formarsi un giudizio. Non ‘produciamo’ hate speech e, nella generalità dei casi, evitiamo di diventarne veicolo. Tuttavia dovremmo riflettere sul fatto che l’hate speech, quello che dilaga nei social network, trova alimento nella cattiva informazione. Ed è questa la ragione per cui non possiamo sentirci innocenti”, ha detto Giovanni Maria Bellu, presidente dell’Associazione Carta di Roma.

L’analisi effettuata dice che nel  2016 la presenza delle notiziein prima pagina sui quotidiani è stata ancora alta: con 1.622 notizie dedicate al tema dell’immigrazione è stato registrato un ulteriore aumento degli articoli in prima pagina sui quotidiani esaminati, mentre nei telegiornali la visibilità del fenomeno migratorio si è attestata su 2.954 notizie in 10 mesi con un calo del 26% rispetto al 2015. In qualche modo il fenomeno migratorio è stato “metabolizzato nei media” e in un caso su due è associato alla politica. Appare infatti evidente che i politici sono al centro del dibattito sull’immigrazione e veri protagonisti del racconto mediatico. Basti pensare che esponenti politici istituzionali italiani sono intervenuti in voce nei telegiornali di prima serata nel 33% dei servizi sull’immigrazione, mentre gli interventi degli esponenti politici e istituzionali dell’Unione europea e degli stati europei sono pari al 23%: sommando le due tipologie si calcola che in 1 servizio su 2 il dibattito sull’immigrazione sia animato da politici. Sull’altro versante, però, questo significa che i protagonisti parlano pochissimo: la voce di migranti e rifugiati viene riportata solo nel 3% dei servizi e spesso in cornici narrative e contesti tematici negativi. Un dato ancora più negativo rispetto al 2015, quando erano presenti nel 6% dei servizi.

Complessivamente nelle news è in calo l’allarmismo, ma non nella cronaca nera e in quella che rimanda al rischio di attentati di matrice jihadista: è soprattutto questa seconda dimensione quella che evoca maggiore insicurezza, sia per la presunta presenza sul territorio di migranti potenzialmente appartenenti a reti estremiste sia per il rischio di infiltrazioni terroristiche tra i rifugiati in arrivo sulle coste.

migranti in mareNei quotidiani – evidenzia ancora il rapporto Carta di Roma –  più della metà dei titoli nel corso dell’anno ha riguardato muri e frontiere (57%) mentre la restante parte di titoli/notizie (il 43%) è la cronaca degli sbarchi e delle tragedie del mare, raccontate nella loro crudezza e sofferenza insieme. Poco e nulla viene raccontato di ciò che accade prima che migranti e rifugiati mettano piede in Italia e, in generale, in Europa: i paesi di transito e origine dei flussi sono spesso dimenticati. Scende nella copertura il tema dell’accoglienza e fra le questioni assenti ci sono l’integrazione e i corridoi umanitari.

Ci sono poi alcuni casi eclatanti, che diventano oggetto di scontro verbale e ideologico soprattutto sui social network. Il più evidente è il fatto di cronaca nera che si è verificato il 6 luglio 2016 quando Emmanuel Chidi Nnamdi, nigeriano di 36 anni, muore in ospedale dopo essere stato picchiato violentemente da Amedeo Mancini, quarantenne ultrà della squadra locale di calcio. “Le istituzioni si stringono compatte attorno alla vedova di Emmanuel condannando nettamente la matrice razzista; allo stesso tempo, però, il fatto di cronaca nera diventa tema politico e iniziano le prime schermaglie, fra opinioni divergenti su razzismo, politiche di immigrazione, discorsi di odio”, spiegano dal Rapporto. Dal fatto di cronaca si passa allo scontro ideologico e proliferano linguaggi profondamente intolleranti: l’omicidio diventa tema politico e da qui si mescolano cronaca nera, disagio sociale, visioni politiche diverse. Sui social media ne viene fuori uno scontro fortissimo, ci si accusa di razzismo e di buonismo, il linguaggio diventa hate speech.

Sostiene Ilvo Diamanti, professore di Analisi dell’Opinione pubblica all’Università di Urbino e direttore scientifico di Demos:  “Va sottolineato, ancora, come, a differenza del passato, il rapporto fra immigrati e insicurezza si sia, in parte, rovesciato nella narrazione mediale. In quanto, spesso, i media si sono occupati e si occupano degli immigrati non come autori, ma come vittime di violenze e discriminazioni. Conviene invece “vegliare” e “sorvegliare”, con cura, perché il ri-sentimento e lo spirito aggressivo non si riproducano altrove. Più feroci. In primo luogo – sottolinea questo rapporto – sui social media e sulla rete. Soprattutto su Twitter. Dove il linguaggio si estremizza. Il dialogo sfocia in conflitto verbale aperto. A colpi di insulti razzisti e sessisti violenti. Mentre le opinioni degenerano in un conflitto virtuale fra posizioni e parti diverse e opposte. Così le vittime diventano carnefici, le violenze vengono giustificate come atti di legittima difesa. Preventiva. Singoli atti e singoli responsabili diventano simboli estesi e generalizzati a interi gruppi. Intere categorie. Profughi, africani, nigeriani e, infine, gli immigrati tutti. Stigmatizzati senza distinzione”.


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