Niente segreti commerciali o industriali per coprire le informazioni sulle emissioni nell’ambiente causate da un pesticida. Se si chiede l’accesso ai documenti in materia ambientale, queste informazioni non possono essere negate opponendo la tutela del segreto commerciale o industriale. Perché quando si parla di emissioni nell’ambiente si parla di tutte quelle che riguardano gli effetti di un pesticida nell’aria, nell’acqua, nel suolo o sulle piante. Lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia dell’Unione europea chiamata a pronunciarsi in due casi che riguardano l’uso di pesticidi, fra i quali il contestatissimo glifosato.

Per la Corte di Giustizia, infatti, “la nozione di «emissioni nell’ambiente» include, in particolare, il rilascio nell’ambiente di prodotti o sostanze, come i prodotti fitosanitari o i biocidi o le sostanze attive contenute in tali prodotti, purché tale rilascio sia effettivo o prevedibile in condizioni normali o realistiche di utilizzo del prodotto o della sostanza”.

pesticidiDue le controversie sulle quali la Corte si è espressa, entrambe legate al diritto di accesso ai documenti in materia ambientale. Il primo caso coinvolge le associazioni ambientaliste e la Commissione europea sul glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo. Le due associazioni Stichting Greenpeace Nederland e Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) avevano presentato alla Commissione una richiesta di accesso ai documenti riguardanti la prima autorizzazione all’immissione in commercio del glifosato. La Commissione ha autorizzato l’acceso ai documenti tranne che per una parte del progetto della relazione di valutazione redatta dalla Germania, dicendo che questa conteneva informazioni sui diritti di proprietà intellettuale. Così le due associazioni si sono rivolte al Tribunale dell’Unione europea, che nel 2013 ha accolto il loro ricorso perché ha ritenuto che alcune parti del documento controverso contenessero informazioni sulle emissioni nell’ambiente del glifosato. Il caso è finito davanti alla Corte di Giustizia, insieme ad un secondo caso sollevato da un’associazione olandese per la protezione delle api che ha chiesto all’autorità olandese competente di divulgare 84 documenti sulle autorizzazioni all’immissione in commercio di alcuni prodotti fitosanitari e biocidi, autorizzazioni detenute in gran parte dalla Bayer. L’Autorità olandese ha dato l’autorizzazione per 35 documenti, perchè essi contenevano informazioni sulle emissioni nell’ambiente, e ciò benché la divulgazione potesse violare la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

Oggi arrivano le due sentenze della Corte che fanno chiarezza su cosa debba intendersi per «emissioni nell’ambiente» e per «informazioni sulle [o che riguardano] emissioni nell’ambiente». In queste due sentenze, la Corte dichiara, innanzitutto, che “la nozione di «emissioni nell’ambiente» include, in particolare, il rilascio nell’ambiente di prodotti o sostanze, come i prodotti fitosanitari o i biocidi o le sostanze attive contenute in tali prodotti, purché tale rilascio sia effettivo o prevedibile in condizioni normali o realistiche di utilizzo del prodotto o della sostanza”. Non ci si può limitare a considerare gli scarichi o i rilasci degli impianti industriali, ma si devono dunque comprendere anche “le emissioni risultanti dalla polverizzazione di un prodotto, come un prodotto fitosanitario o un biocida, nell’aria o dalla sua applicazione sulle piante o sul suolo”. Inoltre non sono comprese solo le informazioni che riguardano le emissioni effettive, liberate in concreto dal prodotto nell’ambiente, ma anche “le informazioni sulle emissioni prevedibili di tale prodotto nell’ambiente”. Sono invece escluse dalla nozione di informazioni relative a emissioni nell’ambiente “quelle che si riferiscono a emissioni meramente ipotetiche, come, ad esempio, dati ricavati da studi aventi l’obiettivo di analizzare gli effetti dell’uso di una dose di prodotto ampiamente superiore alla dose massima per la quale è rilasciata l’autorizzazione di immissione in commercio e che sarà usata in pratica”.

Così le «informazioni che riguardano/sulle emissioni nell’ambiente» deve essere interpretata nel senso che essa copre non solo le informazioni sulle emissioni in quanto tali, precisa la Corte, ma anche “le informazioni che consentono al pubblico di controllare se sia corretta la valutazione delle emissioni effettive o prevedibili, sulla cui base l’autorità competente ha autorizzato il prodotto o la sostanza in questione, nonché i dati relativi agli effetti, a termine più o meno lungo, di tali emissioni sull’ambiente. In particolare, tale nozione comprende le informazioni relative ai residui presenti nell’ambiente dopo l’applicazione del prodotto in questione e gli studi relativi alla misura della dispersione della sostanza durante tale applicazione, a prescindere dal fatto che tali dati derivino da studi realizzati in tutto o in parte sul campo, da studi di laboratorio o da studi di traslocazione”. Unica precisazione: le informazioni devono riguardare le emissioni e non presentare un legame qualunque, diretto o indiretto, con le emissioni nell’ambiente.


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