
Giornata mondiale degli Oceani, sulle spiagge italiane 400 rifiuti ogni 100 metri
In occasione della Giornata mondiale degli Oceani Ispra fa il punto sullo stato di salute dei mari italiani. I rifiuti più abbondanti (60%) sono oggetti come borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. Rilevante il tema della pesca sostenibile
È un mare in sofferenza quello monitorato e analizzato dall’ISPRA nell’ambito della Strategia Marina: specie aliene di nuova introduzione, stock ittici sovrasfruttati, rifiuti in grande quantità. L’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale fa il punto sullo stato di salute dei mari italiani, in occasione della Giornata mondiale degli Oceani che ricorre oggi.
Giornata degli Oceani, il 60% dei rifiuti sono oggetti utilizzati per 5 minuti
Con una media di 400 rifiuti ogni 100 metri le nostre spiagge sono diventate delle piccole discariche, è l’allarme lanciato da Ispra.
I rifiuti più abbondanti (60%) sono oggetti che abbiamo utilizzato per massimo cinque minuti: borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. In alcune aree, anche i rifiuti spiaggiati che derivano dalle attività di pesca e acquacoltura sono molto abbondanti.
Fra questi le “reste”, reti tubolari in plastica utilizzate per l’allevamento dei mitili (cozze), costituiscono un problema molto sentito soprattutto lungo le coste dell’Adriatico, il mare italiano dove la mitilicoltura è più diffusa. In alcune regioni, infatti, sono state trovate più di 100 reste ogni 100 m di spiaggia, in pratica una resta ogni metro.
“Questo particolare tipo di rifiuto dell’acquacoltura – spiega Ispra – è costituito di polipropilene (PP), un materiale estremamente resistente e duraturo e le “calze”, o frammenti di esse, si disperdono in mare e si accumulano non solo sulle spiagge, ma anche sul fondo, con potenziali impatti negativi sugli ecosistemi e gli organismi marini”.
La situazione non migliora nei fondali italiani, dove – secondo i dati Ispra – si deposita più del 70% dei rifiuti marini, dei quali il 77% è plastica. In alcune aree dell’Adriatico per esempio si trovano più di 300 oggetti per Km2 e la plastica rappresenta più dell’80%.
Pesca sostenibile
Quello della pesca sostenibile è un tema particolarmente rilevante quando si parla di inquinamento marino. Infatti secondo i dati Ispra, il 75 % degli stock ittici nel mediterraneo è sovrasfruttato.
E su questo tema è intervenuta anche l’organizzazione no profit Marine Stewardship Council MSC, spiegando che “Una pesca sostenibile che favorisce la resilienza degli ecosistemi è più importante che mai: non solo per la necessità di preservare le popolazioni ittiche e gli ecosistemi marini, ma anche per garantire che le comunità che dipendono da essa sopravvivano e prosperino”.

Infatti, secondo dati Fao (SOFIA report 2020) riportati da MSC, l’Oceano fornisce il 20% dell’assunzione media pro capite di proteine animali per più di 3,3 miliardi di persone a livello globale, e lavoro a 260 milioni di persone lungo la filiera dei prodotti ittici, incluse le circa 60 milioni di persone che lavorano direttamente o indirettamente nel settore della pesca e dell’acquacultura.
Inoltre, secondo la Banca Mondiale, la sussistenza del 90% delle persone impiegate nella pesca dipende dalla pesca di piccola scala; di questi, il 97% è rappresentato da comunità in Paesi in via di sviluppo che presentano alti livelli di povertà.
Giornata degli Oceani, qual è l’impatto dei rifiuti sull’ecosistema marino?
Secondo la recente campagna di Legambiente Clean up the Med 2021, il 90% dei rifiuti raccolti nel Mar Mediterraneo è costituito dalla plastica.
E Ispra sottolinea che uno dei principali impatti dei rifiuti marini sugli organismi è rappresentato proprio dall’ingestione della plastica. Nel Mediterraneo, infatti, è stata ingerita da più del 63% di tartarughe marine.
Altri studi effettuati da ISPRA nel Mar Tirreno, rivelano che più del 50% di alcuni pesci analizzati e il 70% di alcuni squali che vivono in profondità avevano ingerito plastiche. Inoltre, in profondità, gli attrezzi da pesca, persi accidentalmente o abbandonati, hanno un impatto sugli ambienti profondi perché intrappolano gli organismi.
Più del 40% degli organismi impattati dai rifiuti marini sono gli Cnidari (es. gorgonie e i coralli).
“In profondità – spiega Ispra – esistono foreste di animali – spugne, gorgonie, coralli neri – cioè organismi che vivono fissi al substrato con forme massive e arborescenti e sono in grado di creare strutture tridimensionali. Questi sono tra gli organismi più impattati dai rifiuti, che facilmente possono impigliarsi tra le ramificazioni, romperle, creare ferite o sradicare gli organismi stessi e portare ad una progressiva degradazione dell’ambiente e impoverimento della biodiversità”.
Per questo motivo, secondo Ispra “Occorre incoraggiare la marcatura delle attrezzature da pesca, in modo da poter risalire al proprietario in caso di perdita o abbandono in mare e gestire le attrezzature dismesse, favorendone, dove possibile, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero”.
