Fine vita: un vuoto (normativo) da colmare al più presto
Che strana storia è la vita. Fantastica, sotto molti aspetti, ma per certi altri davvero strana. Si viene al mondo quando il caso decide di far unire due gameti in un’alchimia perfetta e da quel momento inizia un viaggio sconosciuto in cui ognuno cresce e impara. Impara a respirare, mangiare, camminare, parlare.Si impara anche a pensare, scegliere, decidere ed è incredibilmente gratificante sentirsi liberi di farlo perché “la vita è mia e faccio ciò che voglio”. Ah no, non posso essere libero di pensare, scegliere e decidere su tutto: sulla mia vita, sulla fine che vorrei fare se le cose dovessero andare per il peggio, se il destino che mi ha messo al mondo decide di rivoltarsi contro di me e mi toglie la capacità di mangiare, camminare, guardare il mondo con i miei occhi e in più aggiunge sofferenze enormi per il mio corpo e lo strazio di chi mi ama, non posso decidere di andarmene con la dignità che merito. A meno che…a meno che non abbia abbastanza denaro per andare a morire in un altro paese dove posso essere libero di morire.
L’Italia è così. O meglio, è ancora così. In ritardo sui più importanti aspetti che riguardano la vita e il benessere dei suoi cittadini. Cieca.
In questi giorni si è riacceso il dibattito relativo al fine vita, mettendo in tutta evidenza le gravi carenze normative e culturali che ancora persistono nel nostro Paese.
La storia di Dj Fabo ha fatto tornare a riflettere su questo tema controverso e delicato, che proprio per la sua complessità deve essere affrontato con urgenza dal Parlamento, non in modo sporadico e discontinuo, sollecitato da drammatici episodi come quello che ha visto protagonista Fabiano Antoniani.
Nella sua sventura è stato fortunato: aveva dalla sua le possibilità economiche per fare quello che ha fatto, una rete che lo sosteneva e la speranza di fare da pungolo ad una politica addormentata.
Ora però Marco Cappato, dell’associazione Coscioni, che ha accompagnato Fabo in Svizzera, grazie al vuoto normativo che regna sovrano sull’argomento, rischia dai 5 ai 12 anni di carcere per istigazione al suicidio. Bella storia, davvero la vita. Quanti ancora dovranno lasciare la loro casa, i loro cari e andare in una clinica di chissà quale paese in Europa per trovare pace? E soprattutto, quanti ancora dovranno restare condannati a finire i loro giorni nel dolore e nella sofferenza senza poter fare nulla per dire “basta”?
Qualche passo avanti è stato fatto in relazione al testamento biologico, la normativa che regola, tra le altre cose, le “Disposizioni anticipate di trattamento” dovrebbe sbarcare presto in Aula. La legge in discussione dà ai cittadini la possibilità di lasciare scritte le proprie intenzioni in merito al trattamento a cui vogliono essere sottoposti in caso non fossero più in grado di intendere e di volere.
I medici chiariscono come il disegno di legge in discussione in Italia punti alla sospensione delle cure. Una pratica che non ha nulla a che fare con l’eutanasia, che prevede invece un’azione per provocare intenzionalmente, nel suo interesse, la morte dell’individuo.
Al di là delle definizioni e delle modalità, quello che bisogna salvaguardare è il principio: garantire ai cittadini la libertà di scegliere della propria vita.
Federconsumatori si è espressa sulla questione sottolineando che “Le disposizioni anticipate di trattamento, ancora contrastate da molte forze politiche, rappresentano a nostro avviso un passo avanti in direzione del rispetto di questa libertà di scelta. Si tratta di una battaglia di civiltà e di dignità. Non è tollerabile che le lacune normative costringano un cittadino a dover abbandonare il proprio Paese per esprimere la volontà di non proseguire la propria lotta contro malattie e condizioni devastanti. Così come non è accettabile che tale possibilità sia una prerogativa di chi è in grado di sostenerne l’onere economico. Il buon senso ed il rispetto devono guidare il Parlamento in questo difficile percorso, che dovrà scaturire presto nella definizione di una normativa che metta al primo posto la volontà e le scelte del paziente”.