Il federalismo in sanità non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e li divide in base al luogo di residenza: quasi un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa; la prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e Regioni come Lazio e Veneto che fanno passi indietro. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell’aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove. E’ quanto emerge dall’Osservatorio sul federalismo sanitario, presentato oggi da Cittadinanzattiva.
Anche l’accesso ai farmaci innovativi cambia da Regione a Regione, soprattutto per il tumore e l’epatite C.
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“E ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in piano di rientro hanno unofferta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. LIrpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dellequilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro”.
La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media OCSE (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (€781,2 in Valle d’Aosta a fronte di € 267,9 in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento (€ 2.315,27) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d’Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (€ 1.776,85). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati: l’addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (€470 per contribuente) seguita dalla Campania (€440). Nelle stesse regioni, laliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%). In generale le Regioni in Piani di rientro, e la Campania in particolare, sono quelle che, a fronte di una minore spesa pubblica, spesa privata e di una elevata tassazione, danno meno garanzie ai cittadini nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
“Alcune Regioni, ancora troppo poche, hanno saputo interpretare il federalismo sanitario come strumento per rispondere alle esigenze dei cittadini; la sfida per il futuro del federalismo sanitario e del Servizio Sanitario Nazionale è portare le Regioni più critiche ai livelli delle più virtuose e proiettarle tutte verso il miglioramento dei servizi per i cittadini” prosegue Aceti.
Liste di attesa e ticket, motivo di rinuncia alle cure per milioni di italiani: un cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami. Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d’attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%. L’attesa poi non è uguale per tutti: ad esempio, per una visita ortopedica i tempi minimi si registrano nel Nord-Est (poco più di un mese), quelli massimo al Centro (quasi due mesi); per una prima visita cardiologica con ECG si va dal minimo di 42,8 giorni nel Nord-Ovest al massimo di 88 giorni al Centro; per lecografia completa alladdome si attende da un minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud.
L’importo del ticket varia di regione in regione sia sulla farmaceutica che sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2014 abbiamo registrato un +4,5% dei ticket sui farmaci e -2,2% sulla specialistica. Ogni anno i cittadini a testa pagano in media oltre 50 euro come quota di compartecipazione in tutte le Regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Piemonte, Marche e PA Trento, con punte vicino ai 60 euro in Veneto e Valle DAosta, e in media 42 euro al Sud.
Posti letto e giorni di degenza in ospedale fai da te: in un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle DAosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania – Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9.
Sui punti nascita, gli standard ministeriali rispettati a macchia di leopardo: su 531 punti nascita attivi nel 2014, 98 effettuano un numero di parti inferiore ai 500/anno. Sulle 16 Regioni prese in esame dal documento “Verifica ed Adempimento LEA”, 6 risultano inadempienti (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo); 5 adempienti con impegno (Piemonte, Emilia Romagna, Molise, Basilicata). Tra le Regioni che hanno trasmesso il report relativo alla presenza dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, la Basilicata ne ha attivi 3, l’Emilia Romagna 7, il Lazio 6, La Puglia e la Lombardia 9.
Sulla prevenzione il Sud fatica, Lazio e Veneto fanno passi indietro: su 16 Regioni monitorate dal Ministero della Salute nel 2013 sul fronte prevenzione, la metà risulta in linea con le indicazioni date dal Ministero rispetto ai LEA: si tratta di Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto. Ma di queste, tre fanno passi indietro rispetto al 2012 (Basilicata -7,5%; Liguria -7,5%; Veneto -10%). E fra le otto inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia), quattro fanno ulteriori passi indietro (Puglia -15%, Sicilia -7,5%, Calabria e Campania -5%).
Accesso ai farmaci innovativi, il caso degli oncologici e dell’HCV: i tempi per l’inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano in media dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna, e sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2527 della Emilia Romagna. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell’epatite C. innanzitutto il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini.
Procreazione medicalmente assistita: differenze regionali fra numeri di centri, offerta privata e pubblica, sostegno economico alle coppie: i 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico.
Trattamento del dolore in ospedale: al Sud “ammesso” soffrire di più: dalla indagine di Cittadinanzattiva “In-dolore” che nel 2014 ha coinvolto 214 reparti e 46 ospedali di 15 regioni sul trattamento e attenzione al dolore negli ospedali, emerge una scaletta discendente di performance man mano che si procede verso Sud.

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