Equo compenso, Altroconsumo: da gennaio tecnologia più cara
Da gennaio smartphone, tablet, computer, smart tv e dispositivi elettronici rischiano di costare di più a causa dell’aumento dell’equo compenso, la “tassa”in favore della Siae che riguarda i dispositivi elettronici dotati di memoria: un emendamento alla Legge di Stabilità prevede infatti un innalzamento delle quote da 80 milioni di prelievo annuo a oltre 200 milioni. Questo si tradurrebbe, calcola Altroconsumo, in un balzello di 3 e 4 euro sul prezzo di smartphone, tablet e computer. E’ un innalzamento di oltre il 300% della tassa sui dispositivi tecnologici.
Spiega l’associazione: “Il decreto del ministro Bray che aggiorna il precedente decreto Bondi e che sarà approvato entro fine anno con applicazione già da gennaio 2014 prevede infatti significativi aumenti su dispositivi elettronici, che sia un computer, una smart tv, uno smartphone o un tablet . Alcuni esempi: un tablet costerà 3,10 euro in più, mentre smartphone e computer avranno aumenti superiori ai 4 euro”. Altroconsumo ha deciso di lanciare una petizione per bloccare l’istituzione di questa tassa, considerata iniqua: “Chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti: è profondamente ingiusto che paghi una tassa anche su questi stessi supporti, trovandosi così a pagare due volte”.
La logica della tassa è quella di risarcire la Siae (e gli autori e gli editori che rappresenta) per i mancati introiti derivanti dalle copie private di canzoni, film e quanto coperto da diritto d’autore. Copie private in genere conservate nelle memorie di massa (hard disk, chiavette, cd vergini) e nei dispositivi in grado di immagazzinare dati. È dunque questo l’equo compenso, soldi che la Siae dovrebbe ridistribuire a autori e editori e che vanno soprattutto agli artisti più noti e importanti. In realtà, si tratta di una misura che in alcuni paesi europei semplicemente non esiste. Per Altroconsumo, l’aumento del balzello spinge l’Italia in controtendenza rispetto all’Europa, dove si sta ridiscutendo alla radice l’equo compenso; in questo modo il Paese penalizza la propria economia digitale in un momento in cui dovrebbe cercare di guardare al futuro.
Aggiunge l’associazione: “Il decreto non fa altro che innalzare le quote già imposte dal precedente decreto Bondi, portando i precedenti 80 milioni di prelievo annuo a oltre 200 milioni. Nello specifico, il balzello su un tablet passa dagli attuali 1,90 a 5,20 euro, quello su un computer da 1,90 a 6 euro e addirittura quello sugli smartphone passa dagli attuali 90 centesimi a ben 5,20 euro. Secondo la legge, poi, il Ministero avrebbe dovuto procedere all’aggiornamento del precedente decreto, sulla base dei lavori di un tavolo tecnico da istituire con tutti i rappresentanti delle categorie interessate. Il tavolo in questione non è mai stato istituito: ignorati i consumatori, solo quattro amici al bar hanno deciso per tutti”.
Di diverso avviso Confindustria Cultura. “E’ urgente l’adeguamento dei compensi per le riproduzioni personali a scopo privato di opere digitali – afferma il presidente Marco Polillo – L’evoluzione tecnologica, rispetto al 2009, quando furono fissate le tariffe da applicare ai vari supporti di memoria, ha portato allo sviluppo di prodotti sempre più utilizzati per il consumo di contenuti: oggi smartphone e tablet sono oggetti ben diversi da un telefonino che riproduceva una suoneria di qualche anno fa. Non è quindi assolutamente consentito affermare che le nostre industrie siano contro l’innovazione – ha concluso Polillo, a nome di tutta l’industria culturale italiana -. Adeguare i compensi, in linea con quelli degli altri paesi europei, non significa tassare l’innovazione come scrivono alcuni organi di informazione, ma consentire ai consumatori di sfruttare al meglio un’eccezione prevista dalla legge per realizzare copie personali su vari apparati mobili, un’opportunità a fronte di un piccolo contributo che serve a remunerare il lavoro di chi crea cultura”.