Ecosistema urbano, Legambiente: male Torino, Roma, Napoli e Palermo
Smog, trasporti, acqua, gestione dell’ambiente. Come si comportano le città italiane? Ormai il divario non è più fra Sud e Nord, fra città ricche e povere, fra grandi e piccole. La vera differenza nella realizzazione di un buon ecosistema urbano passa fra centri laboriosi e città che finiscono per assecondare la crisi ambientale e fermarsi alle promesse di future trasformazioni. Male vanno le grandi città: Torino, Roma, Napoli, Palermo e Catania. Ecosistema urbano di Legambiente pone invece ai primi posti Mantova, Parma, Bolzano, Trento e Cosenza.
L’Italia del buon ecosistema urbano, prosegue l’associazione ambientalista – che oggi a Milano ha presentato il rapporto realizzato col contributo scientifico di Ambiente Italia, la collaborazione editoriale de Il Sole 24 ore e un contributo di Ispra sui corpi idrici – è inoltre “l’Italia dell’AreaC e della mobilità condivisa di Milano, della gestione dei rifiuti di Oristano, Parma, Trento, Mantova, Treviso e Pordenone, della tramvia di Firenze (e magari in prospettiva quella dell’ambiziosa rete su binari di Palermo), che contiene lo spreco di acqua come Macerata e Monza, che investe sul solare come Padova, che teleriscalda 6mila studenti delle superiori come ha fatto Udine esattamente un anno fa. O ancora è quella parte di Paese che amplia gli spazi a disposizione dei pedoni come ha fatto Firenze, che allarga come Bergamo la Ztl fino a farla diventare la più estesa d’Italia o diventa bike friendly come Ferrara, Reggio Emilia, Bolzano con la sua ciclopolitana e Pesaro con la bicipolitana”.
Legambiente chiede di non lasciare la questione urbana alla buona volontà e alla capacità dei sindaci ma di agire a livello nazionale. Sostiene il presidente dell’associazione Stefano Ciafani: “Serve un governo delle città a livello nazionale. Non bisogna rispolverare il ministero delle Aree urbane di 30 anni fa, quanto piuttosto una politica governativa trasversale sulla riconversione ecologica delle città che guidi in modo sinergico le azioni dei vari dicasteri a vario titolo coinvolti, dall’Ambiente alle Infrastrutture, dalla Salute ai Trasporti, fino ad arrivare allo Sviluppo economico. Su alcuni fronti le politiche ambientali nelle nostre città migliorano anche in modo inaspettato, come nel caso dei rifiuti e dell’economia circolare, su altri, ancora troppi, c’è molto da lavorare. Spesso è stata l’Europa a costringerci a darci da fare e a spingerci verso buone politiche ambientali”.
E così, spiega Alberto Fiorillo, uno dei curatori del rapporto, la differenza ormai non è più nel divario fra città del nord e del sud, fra centri grandi e piccoli, ricchi e poveri: “Da una parte città formica, laboriose, che non s’accontentano, dall’altra città cicala, che cantano future trasformazioni e in realtà assecondano la crisi ambientale urbana anziché cercare di correggerla. Insomma il cliché, valido in passato, del centro urbano medio-piccolo del nord come luogo predestinato alla qualità ambientale non è più universalmente valido. Lo dimostrano i balzi avanti della metropoli Milano e della meridionale Cosenza. Non più liquidabili come singole eccezioni, dal momento che Ecosistema Urbano registra prestazioni positive anche a Oristano, Macerata, Pesaro”.
Le città ultime in classifica sono Catania, Agrigento, Massa, Frosinone e Palermo. L’andamento delle grandi città è altalenante e alcune sprofondano. Nella prima edizione del report, nel ’94 Milano occupava la penultima posizione, peggio faceva solo Napoli, all’ultimo posto – spiega Legambiente – Lo scorso anno Milano era 31esima, oggi è 23esima. Napoli è rimasta negli anni stabilmente nella parte bassa della graduatoria (quest’anno è 89ma), Roma è ripiombata in basso a partire dal 2010 dopo un’ascesa che l’aveva portata nel gruppo delle prime trenta (oggi è addirittura 87ma), Torino era quarta nel ‘98 e nona l’anno successivo e poi, da oltre dieci anni, sempre abbondantemente sotto la sufficienza (quest’anno è 78ma).
L’associazione sta studiando la capacità dei Comuni di smaltire i rifiuti nel proprio territorio. E darà vita a uno “spazza tour” che sarà approfondito l’anno prossimo. Per ora qualche anticipazione, che ancora una volta boccia la Capitale perché molti rifiuti viaggiano verso luoghi lontani dai quelli in cui sono prodotti.
Dice Legambiente: “la Capitale fa fare ai propri rifiuti un vero e proprio giro turistico in Italia e all’estero: ad esempio i resti di un’insalata consumata vicino al Colosseo possono arrivare a centinaia di km di distanza e complessivamente decine di migliaia di Tir e convogli ferroviari nel 2017 disperdono scarti romani verso la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Puglia, il Veneto o addirittura oltre confine. Elaborando i dati Ama stimiamo che su 100 sacchetti di spazzatura gettati dai romani ben 44 vengano portati a spasso verso altre province e regioni. Anche Milano – prosegue l’associazione – è protagonista di un eccessivo e negativo ricorso all’export, percentualmente analogo a quello capitolino. Unica differenza ma rilevante: il raggio dello spazzatour meneghino è decisamente più contenuto”.
