E’ di nuovo allarme diossina per uova, latte e polli? Purtroppo ad oggi non c’è ancora una risposta, ma “solo” un’allerta: a marzo è stata scaricata nel porto di Ravenna una partita di 26 mila tonnellate di mais contaminato da diossine, arrivata dall’Ucraina e distribuita in allevamenti sparsi in tutte le regioni (tranne Sicilia, Basilicata e Sardegna). Si tratta di mais destinato a mangime per animali. A sollevare la notizia è stato giorni fa ilfattoalimentare.it che rispercorre la vicenda. 
corn harvestIl lotto contaminato, con valori rilevati che oscillano da 2,92 a 3,19 picogrammi di equivalente tossico, è sfuggito ai controlli dei punti di ispezione frontaliera del Ministero della Salute. E’ stato invece scoperto durante un controllo realizzato a maggio dall’Asl di Ravenna sul mangime già confezionato: l’esito, che arriva un mese dopo, rileva la contaminazione e a quel punto viene inviata la notifica a Bruxelles e scatta il sistema di allerta Rasff. L’allerta interessa 12 Regioni: Piemonte, Lombardia, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio, Umbria, Calabria e Sicilia
A quel punto la notizia rimbalza in rete e il 20 giugno “finalmente” il Ministero della salute diffonde un comunicato un po’ generico, dove spiega che sono state attivate le procedure per rintracciare e bloccare il lotto. Nella nota si dice che verranno intercettati gli allevamenti e gli alimenti provenienti da animali alimentati con il mais. Il monitoraggio prevede un intervento negli allevamenti che hanno somministrato agli animali come razione quotidiana una quantità di mais ucraino superiore o uguale al 32% del pasto: polli, maiali e bovini alimentati con queste razioni di mais possono essere macellati,  ma le carcasse devono essere sottoposte a vincolo sanitario. In altre parole la carne deve essere stoccata in celle frigorifero oppure congelata in attesa di analisi per verificare la quantità di diossina presente.
Il piano del Ministero prevede un primo esame di 12 campioni di materia prima contaminata per fare le prime valutazioni. La seconda fase prevede l’esame di 150 campioni di latte, uova e carne reperiti sul mercato per valutare la presenza di diossina sul prodotto al dettaglio. Nel frattempo è scattato il blocco di latte e uova provenienti da allevamenti di animali alimentati con questo mangime.
Le autorità sanitarie, quindi, stanno verificando l’entità della contaminazione e sono in corso analisi su 12 campioni di mais, per valutare la diffusione della diossina. “È però inutile negare che il 70-80% del lotto di mais contaminato scaricato nel porto di Ravenna il 6 marzo 2014 è stato dato agli animali – scrive ilfattoalimentare.it – Una  parte della diossina è quindi  filtrata sicuramente nel cibo che poi è stato venduto nei  supermercati e consumato dai cittadini. Stiamo parlando di latte e uova, insieme a carne di pollo, di maiale e di bovini nutriti con questo mangime”.
Ilfattoalimentare.it ripercorre tutti gli scandali passati che hanno riguardato la contaminazione di diossina e spiega i rischi legati al consumo di questa sostanza cancerogena. Precisa che “il problema maggiore riguarda i polli, perché gli animali vengono macellati dopo 45-50 giorni, e nel corso della crescita può essere stato  somministrato mangime con quantità di mais contaminato superiore al livello massimo del  32% fissato dal Ministero”.
“Il problema si pone anche per le uova delle galline, e in minor misura per i maiali che vengono macellati dopo 6 mesi. Per le vacche la questione sembra più sfumata, in quanto un animale da latte può assumere al massimo 5 kg di farina di mais al giorno abbinata a 35 kg di insilato e altri ingredienti. È quindi più facile che l’eventuale diossina ingerita sia diluita e che il latte alla fine abbia una quantità inferiore rispetto a quanto previsto  dai limiti di legge. Queste però sono considerazioni che potranno essere confermate solo dopo l’analisi dei 150 campioni di cibo”.
“In tutta questa storia – conclude il direttore de ilfattoalimentare.it Roberto La Pira – c’è l’assordante silenzio del Ministro della salute Beatrice Lorenzin che, come è avvenuto per l’epidemia di epatite A causata dai frutti di bosco surgelati tutt’ora in corso, non informa i consumatori. Non è una novità, il Ministero della salute quando scoppia un’allerta alimentare preferisce non informare i consumatori, e quando lo fa riesce a creare confusione. Dire se si tratta di incapacità o di scarsa trasparenza è difficile. In ogni caso la vicenda della diossina è seria e richiede persone in grado di gestire la situazione, l’esatto opposto di quanto è stato fatto negli ultimi 10 giorni”.

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