TopNews. Copyright, Ue: la riforma della discordia
La libertà di informazione e condivisione online è in pericolo? Internet rischia di cambiare natura e di diventare uno strumento di controllo? Sono le domande che agitano quanti si stanno occupando della riforma europea del copyright che dovrebbe approdare al Parlamento europeo in Plenaria la prossima settimana.Negli ultimi tempi l’argomento è uscito dal cono d’ombra e si è fatto largo nel dibattito pubblico, anche perché ha dato adito a una serie di schieramenti contrapposti. Da un lato le big company del web, dall’altro i grandi editori. I cittadini che usano la Rete, postano e segnalano informazioni sui social, caricano video e rilanciano meme, rischiano di rimanere intrappolati nel mezzo.
Il Parlamento europeo dovrebbe votare il 5 luglio e mettere in discussione quanto uscito dalla Commissione giuridica, che la scorsa settimana ha votato la proposta di riforma del copyright. La proposta di direttiva risale al 2016. E due sono gli articoli sotto accusa. L’articolo 11 della riforma prevede in sintesi che le piattaforme del web e gli aggregatori, Facebook, Google News e gli altri, debbano pagare gli editori per pubblicare contenuti giornalistici protetti da copyright, compresa la pubblicazione del titolo dell’articolo, del link e della breve sintesi che lo presenta (in gergo, lo snippet) che vengono considerati materiali coperti da diritto d’autore. E per questo si è parlato di link tax. L’articolo 13 chiede ai “prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricato dagli utenti” di installare dei filtri che impediscano, attraverso sistemi automatici, di caricare online materiale protetto dal diritto d’autore. I big del web dovrebbero dunque bloccare attraverso filtri automatizzati e algoritmi i contenuti che potrebbero essere coperti da diritto d’autore e privi di licenza. E dunque anche video, parodie, meme e quant’altro contenga riferimenti a materiale soggetto a copyright.
Le critiche alla riforma denunciano rischi per la libertà di espressione, censura preventiva e un cambiamento epocale dell’intera natura e cultura di Internet. Decine di esperti di Internet, fra i quali lo stesso ideatore del WWW Tim Berners-Lee, (fonte: Valigia Blu https://www.valigiablu.it/europa-copyright-facebook-censura/) denunciano che “richiedendo alle piattaforme digitali di condurre un filtraggio automatico di tutti i contenuti che l’utente carica, l’articolo 13 compie un passo senza precedenti verso la trasformazione di Internet da una piattaforma aperta per condividere e innovare a uno strumento per la sorveglianza e il controllo automatico degli utenti”. L’articolo 13 “minaccia internet”, scrivono gli esperti in una lettera inviata al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: “… non possiamo sostenere l’articolo 13, che imporrebbe alle piattaforme Internet l’incorporazione di un’infrastruttura automatizzata per il monitoraggio e la censura in profondità nelle loro reti. Per il futuro di Internet, Vi esortiamo a votare per la cancellazione di questa proposta”.
Sull’altro versante stanno i grandi editori, la Siae, Confindustria Cultura. Ha scritto la Siae: “La proposta di direttiva tutela i consumatori evitando che possano incorrere in rischi connessi a violazioni del diritto d’autore, spostando questo onere sulle piattaforme che per prime beneficiano del lavoro degli utenti”. Per Confindustria Cultura “opporsi alla direttiva Ue sul copyright significa stare dalla parte delle multinazionali del web, gli OTT che grazie anche alla loro pressante lobby, hanno costruito un impero e monopoli sull’utilizzo improprio di contenuti altrui”. C’è da dire che in Italia il dibattito ha acquistato visibilità quando contro la riforma proposta si è espresso il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, intervenuto qualche giorno fa all’Internet Day organizzato dall’Agi.
La direttiva viene considerata “necessaria e irrinunciabile” dalla Federazione Nazionale della Stampa (FNSI). “Premesso che in alcun modo sarebbero penalizzati gli utenti della rete – sostiene il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso – si tratta di ristabilire un principio di equità e di riequilibrare il mercato dell’informazione. Chiedere di pagare delle royalties a chi quotidianamente saccheggia attraverso piattaforme digitali e motori di ricerca una grande quantità di informazione professionale prodotta dalle aziende editoriali, ricavando ingenti profitti dalla raccolta pubblicitaria e dalla circolazione dei dati, significa introdurre meccanismi di riequilibrio del mercato e di redistribuzione delle risorse”.
Chi contesta la riforma sottolinea invece i rischi per il pluralismo dell’informazione e la minaccia alla libertà di espressione. Guido Scorza, docente di diritto delle nuove tecnologie e responsabile affari regolamentari Team Digital a Palazzo Chigi, ha scritto su Agenda Digitale un’analisi molto critica. Sostiene Scorza: “La proposta di direttiva e, in particolare, la sua disposizione sulla responsabilità dei gestori delle piattaforme minaccia di produrre un effetto analogo: stiamo affidando a Google il compito di decidere in relazione a quale contenuto rischiare una causa per violazione della proprietà intellettuale e in relazione a quale contenuto procedere immediatamente alla rimozione senza rischiare. Il risultato, purtroppo, è scontato: in relazione ai contenuti degli utenti con le spalle larghe Google potrà anche sfidare le ire e gli avvocati dei titolari dei diritti mentre in relazione ai contenuti degli utenti meno strutturati non sarà disponibile a correre nessun rischio. Ma la libertà di informazione anche attraverso il web – o, forse, soprattutto attraverso il web – dovrebbe essere eguale per tutti”.
Nel frattempo su change.org è partita una petizione per “salvare internet” che ha raccolto oltre 580 mila firme e contesta entrambi gli articoli della riforma. Anche qui si leggono parole molto critiche: “Se si pensa alla prospettiva di un algoritmo che preanalizzi tutti i contenuti che vengono caricati su internet, si compie un ulteriore passo verso la distopia orwelliana del “1984”. Siamo sull’orlo di una riforma drastica che potrebbe cambiare la cultura di internet per sempre”.
E questo tema, il cambiamento della natura di Internet, è risuonato anche nelle parole espresse dal Garante Privacy Antonello Soro che, sempre all’Internet Day dell’Agi, ha detto: “Con l’obiettivo di salvaguardare un valore vero, quello del copyright, il testo della riforma Ue rischia di affidare ai gestori delle piattaforme social il rubinetto dell’informazione, cambiando così la natura di Internet”.
I cittadini e gli utenti della Rete rischiano di ritrovarsi semplicemente in mezzo alla battaglia.
@sabrybergamini
Notizia pubblicata il 29/06/2018 ore 16.24