Consumi: caffè e pizza, orgoglio e delizia degli italiani
Il 41% della popolazione italiana adulta consuma una tazza di caffè al bar almeno una volta a settimana. Mentre se si parla di pizza, la più amata lungo tutto lo Stivale è la margherita nelle due declinazioni con fiordilatte o mozzarella di bufala. A scattare la fotografia dei consumi alimentari è la 37esima edizione di Tirreno C.T. (fiera di Carrara dedicata alle novità nel settore delle forniture per alberghi, ristoranti, bar, pasticcerie, gelaterie e strutture ricettive), appena conclusa.
In Italia i più “accaniti” bevitori di caffè abitano al sud, con il 34% dei consumi e il 25% degli acquisti al bar, seguiti dalla popolazione del nord ovest, 27% dei consumi e 33% al bar, mentre nord est e centro si attestano attorno al 20% di consumo di caffè. L’Italia è al quinto posto fra i maggiori Paesi importatori ed è al decimo posto in Europa per consumi pro-capite vista la modalità di consumo: concentrata a colazione e dopo pranzo, a differenza degli altri Paesi, dove il caffè rappresenta la bevanda di accompagnamento dei pasti e dei vari break giornalieri. Complessivamente, i consumi mondiali pro-capite annuali si aggirano sui 4,4 kg. A guidare la classifica è la Finlandia, con 11,4 kg. Segue la Germania, con 7,60 kg a testa, l’Ue con una media di 5,20 kg, gli Stati Uniti con 4,20 kg e il Portogallo con 2,37 kg.
Ma quanto si spende per il caffè? Una tazzina al bar varia da 0,80 centesimi, se si acquista a Catanzaro oppure a Messina, a 1,3 euro se si compra a Brescia. Il valore medio in Italia è di 0,98 centesimi. In Toscana, ad Arezzo, Grosseto e Pistoia si paga 1 euro, a Firenze e Livorno 1,10. Se si passa al cappuccino, invece, Brescia con 1,90 euro è la più cara, mentre Bergamo con 1,10 euro risulta la più conveniente. In mezzo, restando in Toscana, ci sono Arezzo, Firenze, Pistoia e Grosseto con il cappuccino a 1,30 euro, mentre se ci si sposta a Livorno il prezzo lievita a 1,40 euro. Secondo quanto dichiarato dagli operatori della filiera caffè, presenti a Tirreno C.T., «negli ultimi due anni il Vietnam ha puntato sulla produzione di caffè, al posto del tradizionale riso, per diventare il maggior produttore al mondo della specie Robusta. Il Brasile è il più importante produttore di Arabica. Anche per le nostre miscele utilizziamo caffè prevenienti da Brasile, Vietnam e Sri Lanka, ma anche da altri Paesi con percentuali che possono variare in base alla qualità delle annate». Per quanto riguarda l’Italia, il mercato risente della geografia dei vari consumatori. «Quello italiano è un mercato frammentato, con miscele che variano in base a esigenze territoriali. Lungo le zone costiere, per riuscire a mitigare gli effetti climatici dovuti al mare, le miscele hanno una base di 50% Arabica e 50% Robusta mentre nell’interno, nelle grandi città come Milano, Bologna, Roma la tendenza è a offrire caffè più profumati con una maggiore percentuale di Arabica». Infine il biologico. Secondo gli operatori esiste «una linea 100% bio che si acquista da piantagioni certificate. È un segmento che prende sempre più piede, anche se i costi sono maggiori. È sicuramente un prodotto diverso, di qualità eccellente. Il bio vale il 5% del fatturato».
Passiamo ai numeri della pizza. Secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli sono circa 42mila i ristoranti-pizzeria, mentre i locali per l’asporto, taglio e domicilio sono circa 21mila per un totale di oltre 100mila impiegati fissi nel settore ai quali se ne aggiungono altri 50mila nel fine settimana. Di questi, 65mila sono italiani, 20mila egiziani, oltre 10mila marocchini. Ogni locale produce e vende giornalmente in media 80 pizze su sei giorni lavorativi, il settimo giorno è considerato di chiusura per il riposo settimanale. Di queste circa 480 pizze settimanali, la metà, più o meno, vengono mangiate fra il sabato e domenica. Il totale delle pizze preparate e vendute in questi locali sono poco più di 5 milioni al giorno che, moltiplicate per 27 giorni lavorativi, raggiunge quota 135 milioni di pizze al mese. Numeri da capogiro che portano la produzione annuale a toccare un miliardo e 620 milioni di pizze all’anno tra quelle consumate in ristoranti e pizzerie e quelle portate a casa.
Le pizze preferite dagli italiani? Senz’altro la margherita, nelle varie opzioni: semplice o con mozzarella di bufala. Seguono quelle classiche: prosciutto, funghi, capricciosa, carciofini, salame, tonno, in tutte le loro varianti e versioni. A seguire le pizze senza pomodoro, cosiddette “bianche”, poi quelle speciali, quelle della casa e quelle locali, che usano principalmente i prodotti tipici del territorio. Negli ultimi tempi sempre più richieste quelle gluten free. Riguardo ai prezzi, la forbice risulta decisamente ampia lungo tutta l’Italia. Pizza e bibita possono costare da 8,41 euro a Trieste (città più economica) fino a 19 euro a Roma (tra le più care). In Toscana i prezzi sono mediamente allineati e si passa da Firenze, Grosseto e Livorno dove si spendono 12 euro, fino alla più “abbordabile” Pistoia dove si scende a 10 euro.
di Marianna Castelluccio